Fallita la legge Rosarno contro il caporalato in agricoltura

Si annunciano nuove misure, ma colpire unicamente caporali e imprese, ignorando la grande distribuzione e i grossisti che impongono alle aziende agricole prezzi di vendita irrisori, non risolverà il problema
grossisti

Sono il motore fondamentale del mercato ortofrutticolo italiano che ogni anno muove più di dieci miliardi di euro, eppure loro, gli invisibili dell’agricoltura, guadagnano solo due euro all’ora quando non muoiono di fatica, come avvenuto di recente nelle campagne pugliesi.

 

La Legge “Rosarno”, nata per contrastare lo sfruttamento dei lavoratori migranti in agricoltura, si è rivelata fallimentare perchénon ha prodotto procedimenti tali da assicurare ai lavoratori migranti il pagamento degli arretrati da parte dei datori di lavoro, per assenza di canali sicuri attraverso i quali sporgere denuncia.

 

Inoltre non ha introdotto sanzioni amministrative aggiuntive nei confronti dei datori di lavoro che impiegano migranti irregolari, come l’esclusione dagli aiuti pubblici, il divieto di partecipare ad appalti pubblici, il rimborso di alcune o tutte le prestazioni ammesse ai contributi, le sovvenzioni e gli aiuti pubblici già concessi ma scarsamente documentati, la chiusura degli stabilimenti o il ritiro delle licenze necessarie allo svolgimento delle attività sfruttatrici di tale mano d’opera.

 

Dopo i casi dei braccianti morti questa estate, il governo ha preannunciato varie misure di contrasto al fenomeno del caporalato e del lavoro irregolare nel settore agricolo (la confisca dei beni, l’assistenza legale ai braccianti che denunciano il caporalato e l’istituzione di un sistema di certificazione etica del lavoro).

 

Ma colpire unicamente i caporali e le imprese ignorando la grande distribuzione e i grossisti che impongono alle aziende agricole prezzi di vendita irrisori, non risolverà il problema in un settore, quello agricolo, che gode comunque di ottima salute.

 

La gestione dei prezzi nella filiera agro-alimentare è totalmente sbagliata, poiché consegna tutto il profitto all'industria della trasformazione e alle catene di supermercati lasciando pochissimi margini ai produttori, alimentando così una catena dello sfruttamento che occorre spezzare.

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