Facciamo dei nostri canti l’inizio di un cambiamento

O si esce insieme dalla crisi, con una politica di coesione contro lo sciacallaggio alle porte, o potremo uscirne divisi per sempre
AP Photo/Alessandra Tarantino

È ormai risaputo che una sciagura porta con sé due correlati importanti ed antitetici: aizza gli sciacalli e rinsalda i legami di coesione delle popolazioni colpite. Chi pensa che lo sciacallaggio sia un atteggiamento italico sbaglia, e pure tanto.

Ci sono stati esempi a New Orleans e New York dopo i due uragani  Katrina e Sandy, quando i contractor paramilitari che erano stati prima impegnati nel fronte iracheno strapparono al governo statunitense appalti milionari di logistica che poco avevano a che fare con l’aiuto alle popolazioni. In Italia sono note le telefonate di alcuni costruttori mentre gli aquilani giacevano ancora sotto le macerie, così come sono noti i nomi di imprese che avevano fatto dell’accoglienza emergenziale ai migranti una forma di lucro incessante e straordinario, grazie ad appalti molto minimal e molto vantaggiosi nell’esecuzione.

Eppure proprio a New York nel 2012, all’Aquila nel 2009 e in tutto il periodo della grande accoglienza italiana dell’emergenza Nord Africa dal 2009 fino ai tempi recenti i gesti di solidarietà sono stati certamente più numerosi. In una fotografia: mentre la società Gepsa, una SpA francese impegnata nei servizi carcerari d’oltralpe, legata alla società energetica GDF Suez, vinceva appalti milionari dal Nord al Centro Italia per la gestione dei CARA (centri di accoglienza richiedenti asilo), Lampedusa e Riace diventavano esempi mondiali di accoglienza generosa ed intelligente, fari di civiltà, i giovani di tutto il mondo, gli artisti, i registi hanno raggiunto quelle isole per testimoniare la propria vicinanza a quel modello di stato sociale e di umanitaria in cui si ritrovavano.

Dovendo fare un bilancio delle persone coinvolte possiamo a ragione sostenere che gli uomini e le donne solidali sono molto più numerose del gruppetto di affaristi al buio, intenti ad escogitare  nuove forme di lucro. Dovendo fare un bilancio economico tra ciò che hanno raccolto le persone mosse dalla solidarietà e ciò che gli speculatori hanno guadagnato e reinvestito nelle loro finanze turbocapitaliste il dato non è affatto entusiasmante.

Per utilizzare un’altra immagine plastica: mentre il numero di slotmob e di movimenti genericamente conosciuti come “noslot” si sono decuplicati, i miliardi di euro prodotti dall’industria dell’azzardo sono sempre più in aumento. La dipendenza patologica dall’azzardo ha certamente registrato attenzione e solidarietà in questi ultimi anni, ma quell’impennata di persone coinvolte non corrisponde a minori incassi. Anzi l’ultimo dato 2019 è il più terribile di tutti con oltre 110 miliardi di giocate complessive, in una economia italiana in crisi e poveri che aumentano.

Ora con la nuova emergenza del Covid-19 siamo tutti in casa e tutti solidali tra di noi.  Il claim #restiamoacasa ha evidentemente funzionato, hanno risposto tutti, da calciatori a cantanti, da comici ad artisti impegnati. La solidarietà tra gli italiani è tangibile, con il moltiplicarsi di flashmob ed apprezzamenti al nostro sistema sanitario, unità politica, musiche dai balconi, compassione per i defunti e gli ammalati. Il corpo ferito dell’Italia sta certamente reagendo bene.

Ma cosa accade attorno a noi? Accade che la prima a parlare di solidarietà ai suoi partner europei è la stessa Italia, con il suo Capo dello Stato, mentre dal resto di Europa arrivano messaggi confusi e per nulla rassicuranti. La portavoce del governo francese ha attaccato l’Italia come se fosse colpevole in parte della pandemia, la presidente della BCE ha spazzato via ogni speranza di fermare lo iato tra i nostri buoni del tesoro e quelli tedeschi, aumentato da due mesi di improduttività, e provocando con il suo discorso un disastro sulle nostre borse, con una perdita di oltre di 68 miliardi a Milano.

Nel frattempo, mentre le nostre fabbriche lavorano a rilento, i nostri aeroporti nevralgici restano chiusi, il Brennero torna ad essere un confine, nessun organismo europeo ci dà rassicurazione sulla riorganizzazione della bilancia commerciale: con il blocco e l’isolamento dell’Italia chi ci ha sostituito nelle nostre usuali esportazioni, i nostri amici e competitor si renderanno solidali con noi nel far ripartire i nostri scambi commerciali una volta terminata l’emergenza? Il gap finanziario che stiamo pagando per aver provato a fermare con il nostro sistema sanitario una pandemia sarà un affare europeo o italiano?

In questa sciagura epocale gli sciacalli non saranno i mediocri venditori di amuchina, che hanno immediatamente triplicato i prezzi, o quei produttori di mascherine che non hanno agito secondo i principi di responsabilità sociale dell’impresa: in questa sciagura lo shock economico che potrebbe conseguire al rapporto tra solidarietà e sciacallaggio potrebbe davvero essere una mossa fatale per l’Europa.

Il Regno Unito, forte della sua Brexit, ha pubblicamente scelto di posizionarsi sulla rupe di Tarpea: come novella Sparta sacrificherà anziani e ammalati al loro destino, ma non fermerà il business, il business proseguirà “as usual” (come se nulla fosse). Ogni ammalato sarà una zavorra finché il virus non si sarà sconfitto da solo.

L’Europa sarà una novella Atene? Per poterlo essere sembra imprescindibile parlare di una politca sociale europea e non di singoli provvedimenti finanziari, ad oggi l’Italia ha potuto rispondere con una previsione di 25 miliardi di euro per fermare gli effetti recessivi del virus a fronte della Germania che risponderà per i tedeschi con 550 miliardi: di questo passo la pandemia potrà avere davvero la forza di dissolvere il sogno europeo.

O si esce insieme dalla crisi, con una politica di coesione contro lo sciacallaggio alle porte, o potremo uscirne divisi per sempre. Sarà la politica economica europea a decidere se i sentimenti di solidarietà che oggi viviamo dai nostri balconi non saranno stati il canto del cigno ma un canto rivoluzionario.

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