Fabiola Gianotti nel giardino incantato

Da gennaio 2016 il direttore generale del Cern di Ginevra, il più grande laboratorio mondiale per lo studio delle particelle fondamentali, sarà una donna, la scienziata italiana che nel 2012 ha annunciato la scoperta del bosone di Higgs
Fabiola Gianotti

52 anni, romana, laureata in fisica all’università di Milano, Fabiola Gianotti è attualmente responsabile del rivelatore ATLAS (forse il maggiore esperimento scientifico mai realizzato), che nel 2012 ha rilevato (insieme a CMS) il segnale di decadimento della particella fantasma a lungo cercata, il bosone di Higgs.

La scelta nella rosa dei tre candidati alla direzione generale (l’olandese Frank Linde, l’inglese Terry Wyatt e l’italiana Gianotti) è stata molto rapida. Per la prima volta una donna assume la guida del prestigioso istituto di ricerca europeo che, tra l’altro, dal 2013 ha come presidente un’altra donna, la fisica polacca Agnieszka Zalewska.

Segni dei tempi, o forse naturale espressione di quello che è il vero valore aggiunto del Cern: una comunità di migliaia di scienziati e ingegneri provenienti da tutti i continenti, culture, formazioni e competenze professionali, che lavorano insieme per obiettivi stimolanti, sulla base solo della competenza e della capacità di lavorare in gruppo. Una comunità capace di valorizzare le diversità, mettendole a frutto.

Non a caso, commentando a caldo la nomina, la Gianotti ha definito il Cern un luogo capace di unire gli scienziati di tutto il mondo. Non è facile, in effetti, far lavorare insieme personalità intellettualmente così caratterizzate e motivate, ma è indispensabile: oggi la scienza non si basa più tanto sull’intuito geniale dello studioso isolato, quanto sulla collaborazione planetaria necessaria per gestire sforzi tecnologici e teorici di una complessità straordinaria. Sono più di 3 mila gli scienziati coinvolti al Cern, presenti a Ginevra o collegati da tutto il mondo. Dunque Fabiola dovrà svolgere un non facile compito di coordinamento.

Ma la sfida non la preoccupa. Davanti a sé ha gli esempi illustri degli altri italiani che l’anno preceduta alla guida del Cern, prima di tutto Andrea Rubbia, che per i suoi risultati vinse nel 1984 il premio Nobel, e poi Luciano Maiani, che dal 2008 ha seguito la messa in opera dell’acceleratore sotterraneo LHC, alla base del funzionamento (e dei successi) del Cern.

Proprio questo acceleratore, attualmente in manutenzione, ritornerà in attività nel 2015, adeguatamente potenziato in modo da proseguire nella ricerca di nuove particelle. È la sfida scientifica che attende Fabiola Gianotti: studiare e interpretare l’enorme mole di dati forniti da LHC negli anni precedenti, spingere le prestazioni dell’acceleratore al massimo possibile, individuare nuove tracce di possibili particelle, coordinare il lavoro di ricerca teorico con quello sperimentale.

Soprattutto cercherà di rispondere a due grandi domande della fisica fondamentale di oggi: perché nel cosmo l’antimateria non c’è, e di cosa è composta la “materia oscura” che rappresenta un quarto della materia dell’universo.

D’altra parte Fabiola è nel suo elemento: fin da piccola era una bambina curiosa, che si perdeva facilmente nel mondo della fantasia. E sta ancora continuando a farlo, se è vero che per lei il mondo delle particelle elementari è “un giardino incantato”. Un giardino che intende far conoscere sempre più alle nuove generazioni: la formazione delle decine di migliaia di giovani che ogni anno visitano la sede del Cern a Ginevra è infatti una delle sue priorità.

Dunque Fabiola Gianotti è brava e fortunata. Brava perché rappresenta senza dubbio l’eccellenza della ricerca italiana oggi, fortunata perché in questo momento il Cern è al centro di una delle sfide più elettrizzanti nella storia dell’umanità.

Vorrei però concludere con un commento di Beppe Severgnini apparso sul Corriere della Sera: «Ogni volta che gli scienziati italiani vengono messi in condizione di lavorare bene, i risultati arrivano. Lavorare bene vuol dire: disporre di mezzi economici sufficienti e strutture adeguate, operare con procedure ragionevoli, poter scegliere i collaboratori, non dover lottare quotidianamente contro politicanti ubiqui e bradipi burocratici. Sono gli ambienti che producono i comportamenti. Facciamo in modo che l’Italia diventi un ambiente buono». Questo naturalmente vale non solo per gli scienziati, ma anche per gli italiani in genere.

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