Export mondiale di armi, boom di Italia (+84%) e Francia (+47%)
L’attacco russo all’Ucraina nel 2022 e il prolungamento del conflitto hanno inciso non solo sulle relazioni internazionali, ma anche sull’economia mondiale, in particolare su quella delle industrie belliche e del commercio dei loro prodotti, cioè armi e munizioni.
Un recentissimo rapporto del prestigioso istituto svedese Sipri (Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma) aggiorna sul mercato delle armi, che sta ovviamente risentendo della guerra in atto in Europa. Per quanto possa sembrare strano, tra il 2014-2018 e il 2019-23 il commercio mondiale di maggiori sistemi d’arma (navi, velivoli, mezzi corazzati ecc.) è diminuito leggermente del 3,3%, connesso anche alla riduzione delle importazioni da parte dell’Africa (in particolare Algeria e Marocco) e dell’America latina.
In questo quadro, le esportazioni di armi degli Stati Uniti sono invece cresciute del 17% tra il 2014-2018 e il 2019-23, mentre quelle di Mosca si sono dimezzate, dato che la produzione nazionale russa è concentrata soprattutto a rifornire le proprie forze armate impegnate nella guerra.
Infatti la Russia per la prima volta nella storia recente è retrocessa al terzo posto (tradizionalmente era sempre al secondo posto), occupato ora dalla Francia. Il conflitto, d’altro canto, ha fatto sì che gli stati europei quasi raddoppiassero le loro importazioni di armi (+94%) tra il 2014-18 e il 2019-23.
In quest’ultimo quinquennio si è incrementato il flusso verso l’Asia, l’Oceania e il Medio Oriente, dove si collocano infatti nove dei dieci maggiori importatori di armi.
È interessante notare che circa il 55% dell’import europeo di armi nel 2019-2023 proviene dagli USA, rispetto al 35% nel 2014-2018, evidenziando non solo il rafforzamento del legame politico, militare e industriale con il Paese d’oltre oceano, ma anche l’accresciuta dipendenza da Washington.
Molti dei Paesi europei dell’Est, dopo aver rifornito l’Ucraina con i propri armamenti d’epoca sovietica, stanno ammodernando i loro arsenali con prodotti made in USA. Contemporaneamente, l’Europa si presenta nel suo complesso come responsabile di un terzo dell’export mondiale.
Gli Stati Uniti sono al primo posto tra gli esportatori al livello globale con una quota del 42% nel quinquennio 2019-23, mentre in quello del 2014-2018 era del 34%, rifornendo ben 107 stati con un record storico ineguagliato.
Secondo il SIPRI, gli USA e gli stati dell’Europa occidentale rappresentano insieme il 72% di tutte le esportazioni di armi nel 2019-2023, rispetto al 62% nel 2014-2018.
Il secondo esportatore, cioè la Francia, ha visto aumentare il suo volume di affari (+ 47%) tra il 2014-2018 e il 2019-23, indirizzando le proprie merci per il 42% verso gli stati dell’Asia (in particolare l’India con quasi il 30%) e dell’Oceania, mentre per il 34% verso il Medio Oriente.
La Russia invece continua a vedere una diminuzione del suo export (-53% tra il 2014-2018 e il 2019-23), come conferma anche il declino numerico dei suoi clienti: 31 stati nel 2019, solo 12 nel 2023. Comunque anche per Mosca principale area destinataria è Asia e Oceania, che ha ricevuto il 68% del totale delle esportazioni di armi russe nel 2019 –23 (destinate all’India per il 34% e alla Cina per il 21%).
Dopo i primi tre (Stati Uniti, Francia e Russia), solo per due si registra un aumento delle esportazioni: Italia (+86%) e Corea del Sud (+12%), mentre per gli altri cinque della top ten si ha una diminuzione: Cina (-5,3%), Germania (-14%), Regno Unito (-14%), Spagna (-3,3%) e Israele (-25%).
Ovviamente l’import di armi da parte degli Stati europei è cresciuto del 94% nel 2019-23 rispetto al 2014-2018, dato che l’Ucraina è divenuta il più grande importatore europeo di armi nel 2019-2023 e il quarto al mondo, rifornita da almeno 30 stati dopo l’invasione russa dal febbraio 2022.
A livello globale il 37% dell’export di armi nel 2019-23 si è diretto verso l’Asia e l’Oceania (a conferma delle crescenti tensioni in atto nell’area), anche se si registra una leggera flessione rispetto al 41% nel 2014-2018.
I maggiori esportatori nell’’area sono gli Stati Uniti (con il 34% del totale dell’export in quel quadrante), la Russia (19%) e la Cina (13%).
Qui hanno aumentato il loro import di armi l’India (+4,7% tra il 2014-2018 e il 2019-23) e il Pakistan (+43%), rifornito per l’82% dalla Cina. Altri aumenti significativi si registrano in Giappone (155%) e in Corea del Sud (6,5%), a conferma delle difficili relazioni con Pechino.
Il Medio Oriente, area storicamente sempre “calda”, continua a ricevere un terzo circa delle esportazioni mondiali, in particolare Arabia Saudita, Qatar ed Egitto.
L’Arabia Saudita è il secondo importatore di armi al mondo nel 2019-2023 (con l’8,4% dell’import globale), mentre il Qatar ha quasi quadruplicato il suo import (+396%) tra il 2014-2018 e il 2019-23, diventando il terzo importatore di armi al mondo nel 2019-23, mentre l’Egitto è il settimo.
I maggiori fornitori sono nell’ordine Stati Uniti (52%), Francia (12%), Italia (10%) e Germania (7,1%). In controtendenza sono i Paesi africani, che nel complesso registrano una diminuzione del loro import del 52% tra il 2014-2018 e il 2019-23, una cifra non da poco.
Non è casuale che, in seguito alle tensioni, alle guerre e agli stanziamenti finanziari dei governi (compresa l’UE), nell’ultimo biennio il valore azionario delle industrie belliche sia aumentato notevolmente (quello della Leonardo si è raddoppiato in dieci mesi!).
Certamente le vicende di Gaza e l’allargamento ulteriore del conflitto (Libano, Siria, Mar Rosso) stanno fungendo da ulteriore stimolo alla produzione di armi munizioni, nell’ambito di una politica internazionale che sembra conoscere solo la via muscolare delle armi e aver completamente dimenticato quella della diplomazia e del dialogo.