Expo, il vecchio vizio

Nuovo scandalo a Milano: la corruzione ha fatto breccia tra i manager dell’Esposizione universale. In carcere vecchie conoscenze e nuovi rampanti. Sostenere chi lavora per la legalità
Conferenza stampa della Procura della Repubblica di Milano sulla nuova tangentopoli che ha colpito Expo

A leggere stamani i giornali si resta a bocca aperta: «Ma allora non è cambiato nulla dalla stagione di Tangentopoli!», ci si trova ad esclamare. «Come prima più di prima», titola Gian Antonio Stella sul Corriere. Possibile che gente già implicata più volte nel malaffare sia ancora sulla breccia della tangente, della corruzione, della gonfiatura delle fatture, della turbativa d’asta?

Certo, ci si affretta subito a dire che l’Expo non è in discussione, che è solo un’operazione per gettare al macero le mele marce, mentre la magistratura per bocca del procuratore di Milano Bruti Liberati mette le mani avanti sostenendo che si è data un’accelerazione alle indagini proprio per evitare peggiori corto circuiti temporali con la grande kermesse della città meneghina.

Ma forse il fenomeno era prevedibile: si stanno solo raccogliendo i frutti illegittimi (ma di filiazione certa) di una commistione tra politica e affari che è venuta alla luce sin dall’inizio dell'avventura dell’Expo. Il copione è noto: quanta gente sostituita in corso d’opera, quanti progetti falliti e dimenticati, quanti soldi spesi in studi preventivi e mai finalizzati, quante conferenze e quante sfere di influenza in conflitto, quanti ritardi e poi quante rincorse, in una convulsione in cui s’intrufolano come pesci nella loro palude i soliti esperti del malaffare, con implicazioni da sottobosco della politica e da vivaio delle varie nostre mafie!

Il fatto è che ancora una volta sembra mancare in Italia una “cultura dell’intraprendere” che sia basata sull’onestà e l’efficienza. Manca, inoltre, una cultura politica che capisca come la via per una soluzione del problema annoso della corruzione degli affari stia in un cambiamento di mentalità, in un sussulto morale, in un cambiamento delle menti e dei cuori. In una parola nella diffusione di una “cultura politica di legalità”. Non basta la magistratura con le sue condanne a cambiare degli inveterati modi di fare, non bastano nuove leggi: il caso della grande Tangentopoli insegna, i nomi sono gli stessi, ancor oggi. Terribile.

Ed è per questo che ci preme sottolineare, far conoscere e sostenere il sussulto morale che accompagna tante iniziative per la legalità dal Nord al Sud, che i tanto vituperati giovani (con i meno giovani, s’intende) stanno mettendo in piedi nel concreto, con denuncie e azioni mirate: pensiamo a Slot Mob, che cerca di evidenziare come il gioco d’azzardo, oltre che piaga sociale ed economica per milioni di famiglie, sia anche frutto di una maledizione educativa.

Domani il “popolo di Slot Mob” si riunisce a Roma, sosteniamoli! Perché sostenendo iniziative come queste potremmo sperare che tra dieci anni il morbo della corruzione e delle tangenti sia non dico scomparsa dalla faccia della Penisola ma che almeno venga controllata.

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