Europee, stravince Renzi

Se in Francia il successo del Front National (con il 25 percento) è considerato un terremoto, in Italia quello del PD (che supera il 40 percento) è uno tsunami. In calo M5S, in difficoltà FI, cresce la Lega, sul filo di lana entrano in Parlamento Ncd-Udc e lista Tsipras
Matteo Renzi

«Vinciamo noi»:  era stata la parola d’ordine di Grillo, gridata nelle piazze e nel web, annunciando    -per il giorno successivo alle elezioni- una manifestazione sotto il Quirinale per chiedere le dimissioni di Napolitano e di Renzi, lo scioglimento delle Camere ed il ricorso ad immediate elezioni anticipate. E prevedendo, subito dopo, l’avvio di processi mediatici («sputi virtuali») a politici, imprenditori, giornalisti.  Insomma, un progetto da “resa-dei-conti-day”.

Invece ha stravinto il PD, con un risultato che ha superato oltremisura le previsioni di tutti i sondaggi (oltre 11 milioni di voti, pari a quasi il 41 percento), e raggiungendo alcuni primati: é il partito più votato in Europa, e l'unico partito di governo (assieme a quello della Merkel, i cui consensi sono tuttavia in calo) che non sia stato penalizzato dall’elettorato, ricevendone, per contro, una notevole legittimazione.

Il M5S, giunge secondo (5,5 milioni di voti, pari a poco più del 21 percento), e, pur conquistando un risultato lusinghiero alla sua prima competizione europea, perde consensi (in voti e in percentuale) rispetto alle politiche del febbraio dello scorso anno. Così l’hastag #vinciamonoi è stato sostituito ironicamente da #vinciamopoi.

Terza piazza per Forza Italia, al suo minimo storico (sfiora il 17 percento). Il risultato era invero ampiamente prevedibile dopo le scissioni dal Pdl da parte degli alfaniani e di Fratelli d’Italia (che sommati insieme raggiungono 8 punti percentuali), e la campagna elettorale condotta da Berlusconi “in libertà condizionata” (sconto della pena residua, per quanto soft, ai servizi sociali).

L’altro partito che vince queste elezioni é la Lega Nord, giunto quarto, in sensibile crescita di consensi (6,3 percento). Superano di misura lo sbarramento del 4 percento l’Ncd-Udc e la lista Tsipas.

Due curiosità.La prima: solo sei partiti conquistano seggi. Il partito della Meloni, con il 3,6 percento, per un soffio non accede al parlamento europeo, mentre nella tornata elettorale del 2009 (in cui non vigeva lo sbarramento) ottennero seggi anche formazioni con risultati compresi tra lo 0,5 ed il 2,6 percento (ben 11 partiti, che si distribuirono 16 seggi).

La seconda: i Verdi, da noi, non arrivano all’1 percento, ma nella sola circoscrizione estera il dato è del 7 percento, a testimoniare che i nostri connazionali che vivono all’estero hanno una più elevata sensibilità ecologista, più vicina al dato medio degli altri paesi europei (che complessivamente mandano 55 deputati a rappresentarli a Bruxelles).

I partiti anti-europeisti  fanno registrare una crescita, anche in Paesi dove la crisi economica morde meno, affermandosi soprattutto in Francia, in Gran Bretagna, in Danimarca, in Ungheria.

Nonostante la loro consistenza numerica complessiva (129 seggi), tuttavia il loro fronte é  frazionato, perché, ad esempio, l’Ukip britannico di Nigel Farage, il Syrizagreco di Alexis Tsipras, il partito euroscettico danese, il M5S di Beppe Grillo, non faranno gruppo comune né fra loro ne con il Front National di Marine Le Pen (solo la Lega Nord in Italia e Alba Dorata in Grecia hanno dichiarato di volere questa alleanza).

Va tenuto in considerazione che anche i partiti più fortemente europeisti in campagna elettorale erano comunque eurocritici, non essendo contenti di questa Europa, e chiedevano un deciso cambio di passo e di prospettiva politica.

La partecipazione al voto. Dalle prime elezioni europee del 1979, in cui andarono al voto nel nostro Paese l’86 percento di elettori, la partecipazione è andata progressivamente calando nelle successive competizioni, per arrivare al 66,5 percento nel 2009, e scendere ancora nel 2013 fino al 58,6 percento. Il dato italiano, comunque, rimane ancora ben al di sopra della media europea (43 percento).

L’astensione vienecolpevolizzata e biasimata, ma una volta che i partiti hanno portato a casa il risultato, nessuno ne parla più: perché, ancorché votati da poco più della metà degli aventi diritto, gli eletti di fattorappresentano tutti, abbiano o no partecipato al voto. Accade così negli USA e in tutte le principali democrazie occidentali, anche se questo certifica il loro precario stato di salute.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons