Europa unita e pace, discorso sul confine
Oggi siamo davvero artefici e testimoni di un importante evento storico: non posso fare a meno di rievocare i ricordi d’infanzia della prima volta che mia madre mi portò oltre confine per visitare i parenti a Trieste e gli amici di famiglia a Gorizia con il suo lasciapassare nel valico Rožna dolina – Casa rossa. Da bambino, quando attraversavo il confine sotto il ponte della ferrovia, percepivo un mondo diverso, un’atmosfera diversa, era la libertà. In seguito, ho provato sentimenti contrastanti e ansiosi ogni volta che ho attraversato il confine per tornare a casa, in quella che allora era la Jugoslavia, e l’ho provato ogni volta fino alla realizzazione dell’indipendenza della Slovenia nel 1991.
Il noto mito dell’Europa non è solo parte di una storia dell’antica cultura greca, ma è prima di tutto il concetto di una civiltà emersa dalle rovine del cesarismo romano e sviluppatasi grazie alla forza del messaggio evangelico e al succo vitale del cristianesimo sui resti greco-romani ed ebraici.
La caduta del Muro di Berlino ha simbolicamente rotto la cortina di ferro che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale divideva l’Europa in due poli rigorosamente separati. Si crearono nuove circostanze storiche che permisero all’Europa intera di realizzare i sogni di Schuman, Adenauer e De Gaspari, o meglio di diventare “carne” il 1° maggio 2004 con l’allargamento e l’ingresso dei “dieci” nella comunità dell’UE, tra cui la Slovenia.
Possiamo ricordare come, prima di questo evento epocale, Papa Giovanni Paolo II, insieme all’allora Commissario europeo Romano Prodi e alla carismatica fondatrice del Movimento dei Focolari Chiara Lubich, abbia sottolineato l’importanza della dimensione spirituale di questo momento, consapevole che l’Europa unita ha urgente bisogno di un'”Anima”, poiché un mercato comune più ampio e la solidarietà nella difesa non sono da soli un connubio sufficientemente forte per il suo sviluppo e la sua esistenza a tutto campo. Anche per questo motivo, il Trattato di Lisbona del 2013, che ha evitato nel suo preambolo qualsiasi riferimento alle radici cristiane della civiltà europea, si sta dimostrando giorno dopo giorno anemico, o meglio un corpo che, senza anima, rischia di diventare più o meno un “bel cadavere storico”.
La necessità di un denominatore comune più forte o di una base più solida è stata percepita all’inizio di questo millennio da alcuni movimenti cristiani laici (cattolici, evangelici, anglicani, riformati, ortodossi…) che si sono riuniti con questo obiettivo.
Firmando un’alleanza speciale nel 1999, hanno iniziato a tessere la cosiddetta rete di Amici Insieme per l’Europa. Con l’obiettivo di preservare l’Anima in Europa, oggi questa rete è composta da 300 diversi movimenti cristiani e comunità di fede in tutta Europa. Negli anni successivi la rete degli Amici per l’Europa ha organizzato incontri di massa internazionali di alto profilo, come quelli tenutisi a Stoccarda nel 2004 e nel 2007, a Bruxelles nel 2012 e a Monaco di Baviera nel 2016, e ogni anno gli animatori di questa rete si riuniscono in un forum di coordinamento regolare in uno degli Stati membri dell’UE.
L’ultimo incontro di questo tipo si è svolto a metà novembre nella città rumena di Temisvar – capitale europea della cultura di quest’anno – con 350 partecipanti, in rappresentanza di 51 movimenti e comunità religiose di 29 Paesi, tra cui alti dignitari cattolici, ortodossi, evangelici e di altre Chiese, oltre a figure di spicco del mondo politico in Romania e in altri Paesi.
I partecipanti al Forum hanno redatto una Dichiarazione in 3 punti in cui si chiede una testimonianza comune nella fede e una fiducia comune nel fatto che, in mezzo alla diversità delle nostre origini, solo lo Spirito Santo può rinnovare il miracolo pentecostale dell’ascolto, della parola e della comprensione reciproca. In questo modo – soprattutto in un momento di disinformazione catastrofica, di “fake news”, di “hate speech” e di “cultura dell’usa e getta” – si crea una comunicazione veritiera e pacifica, che è la base per una nuova narrazione della storia di Insieme per l’Europa; una comunità basata sulla comunione modellata sull’Amore del Dio Trino.
Permettetemi di menzionare un secondo importante evento, il Forum interreligioso tenutosi a Capodistria a metà giugno con il titolo Religioni per la pace nei Balcani, al quale hanno partecipato 180 rappresentanti delle comunità religiose cattolica, evangelica, serbo-ortodossa, macedone ortodossa e islamica, insieme agli ambasciatori di sedici Paesi in un arco geografico che va dalla Turchia all’Austria.
Tra i partecipanti c’erano 23 (arci)vescovi cattolici (tra cui l’arcivescovo di Gorizia, mons. Radaeli, e il nuovo vescovo di Trieste, mons. Trevisi), due cardinali, S.E. Pulić di Sarajevo e S.E. Parolin del Vaticano, per l’Ortodossia il Metropolita ortodosso di Macedonia kyr Pimen, l’episcopo vicario del Patriarca Porfirio di Belgrado kyr Ilarion e l’episcopo vicario del Patriarca Bartolomeo di Istanbul kyr Athenagoras con un gruppo di sacerdoti ortodossi, due vescovi evangelici, 3 muftì e 6 imam, oltre a rappresentanti del mondo politico, culturale e accademico, tra cui la Presidente del Paese, Nataša Pirc Musar.
L’evento, come dichiarazione del “Forum di Capodistria”, ha avuto un grande e risonante impatto anche nell’opinione pubblica civile e ha dimostrato che possiamo stare insieme non solo come interlocutori occasionali, ma come responsabili e importanti costruttori di relazioni amichevoli reciproche, che sono una solida garanzia di pacifica coesistenza interreligiosa, inter-nazionale e interculturale, che è un prerequisito per una pace duratura.
Ora, mentre ci troviamo in Trg Evrope – Pazza Trans Alpina, guardando la casa della famiglia Bratuž in Via Foscolo 16, casa della connazionale e poetessa Ljubka Šorli, non posso fare a meno di ricordare i suoi sforzi e il suo contributo costante, come operatrice culturale di spicco per il rispetto e la cooperazione reciproca interetnica e interculturale, che con retto atteggiamento cristiano ha resistito alle tempeste del martirio tra le due guerre della banda Colotti e alle persecuzioni comuniste del dopoguerra. Il poeta, l’editore, il giornalista Celso Macor di Gorizia ha svolto un ruolo altrettanto importante di conoscenza reciproca e di avvicinamento, lo stesso anche prof. Marjan Brecelj – l’autore del dizionario sloveno-friulano di Nova Gorica, Il parroco di Kobarid Franc Rupnik, il culturalista Tomaž Pavšič di Idirija, il pubblicista Enos Costantini di Cividale e molti altri, tra i quali vorrei citare alcuni dei dignitari ecclesiastici che, nel clima critico di tensione del dopoguerra, hanno sfondato la cortina di ferro, soprattutto quella nella mentalmente, con le loro imprese, tra i quali vorrei segnalare; i vescovi di Trieste, mons. Lorenzo Bellomi e mons. Eugenio Ravigniani, gli arcivescovi di Gorizia, mons. Pietro Cocolino e Dino De Antonio, e l’arcivescovo di Udine, mons. Alfredo Battisti, che in occasione della Giornata dell’Emigrante del 1976, al teatro Ristori di Cividale, chiese pubblicamente sul palco agli sloveni residenti in provincia di Udine il perdono per le sofferenze inflitte loro in passato dalla Chiesa di Udine.
La storica Marcia della Pace di oggi tra le due Gorizie è un atto simbolico e importante, che ci chiama e ci rivolge il fatto che la pace ha bisogno di entrambi, di me e di te, di te che parli la tua lingua madre in italiano, par furlan o… e di me che la parlo in sloveno.
Quindi, per ridurre l’indicibile miseria causata dalle guerre in Ucraina, in Palestina/Israele, in Sudan, in Congo... e altrove nel mondo, c’è bisogno innanzitutto di noi due; di te e di me, in uno sforzo costante di conoscenza reciproca, di rispetto e di amichevole collaborazione.
Questi sono i miei più sinceri auguri e saluti a tutti i presenti per il nuovo anno 2024!