Europa, è tempo di dialogo
Mancano due mesi alle europee del 26 maggio: elezioni non molto sentite, almeno in Italia, dove siamo passati dal 66,5% di votanti del 2009 al 58,7% del 2014. Con la crescita dei sovranisti e le difficoltà della Brexit, le prossime votazioni avranno però un peso politico – nazionale ed internazionale – molto grande, perché i nuovi europarlamentari contribuiranno a tratteggiare il profilo futuro dell’Unione europea: più aperta e accogliente o più concentrata sulle necessità dei singoli Paesi.
Gli ultimi fatti di cronaca, ad esempio gli incontri separati dei vari leader europei con il presidente cinese Xi Jinping, hanno evidenziato l’allentamento dei vincoli interni. Affinché la tenuta dell’Unione sia assicurata e il sogno di un continente unito e solidale non naufraghi, va dunque riaggiustata la rotta, intervenendo subito, con efficacia. Per coinvolgere i cittadini e sollecitarli sull’importanza delle prossime elezioni sono fiorite varie iniziative, come #Stavoltavoto dell’Europarlamento e “L’Europa che vogliamo” delle associazioni che aderiscono a Retinopera.
Sui social network, nuovo luogo di incontro – a tratti violento –, c’è anche chi propone un dialogo più profondo: è il caso di Europe: time to dialogue (Europa: tempo di dialogo), campagna promossa dal Movimento dei Focolari, di cui parliamo con il politologo Alberto Lo Presti. Di fronte ai tentativi di manipolazione del consenso, chiarisce il direttore della rivista Nuova Umanità, discutere, fare chiarezza, è una necessità democratica.
Lo Presti, che cos’è Europe: time to dialogue?
È una campagna sui social network, su Facebook in particolare, per intervenire nel dibattito pubblico in occasione delle prossime elezioni del Parlamento europeo iniettando nella discussione elementi della cultura dell’unità e dell’Ut omnes (l’espressione “ut omnes unum sint” deriva dalla preghiera di Gesù “Che tutti siano una cosa sola”, ndr). Siccome ci sono delle tentazioni neo-sovraniste e il ritorno a posizioni fortemente nazionaliste, quelli che hanno la vocazione all’unità non possono rimanere indifferenti, né neutrali.
Perché una campagna su Facebook?
I social network sono delle “praterie” in cui furbi e furbastri si insinuano per cercare di manipolare e influenzare il consenso: ce lo dicono gli esperti attraverso tanti dati e tante ricerche. Tutto questo interpella la democrazia e le nuove modalità di partecipazione. È evidente che ci sono dei gruppi di interesse che ambiscono a un disordine mondiale per avere mano libera nel perseguire i propri interessi e per realizzare ciò seminano zizzania, scompaginando i disegni d’unità politica e d’integrazione tra i popoli. Intervenire sui social network significa assecondare le logiche della democrazia: chiunque potrà intervenire, dissentire, aderire. Riteniamo decisivo che non si lascino i social network nelle mani dei fomentatori dell’odio politico.
Parliamo di fake news, false verità e così via?
…E dei troll russi, aggiungerei. L’azione manipolatoria compiuta da questi soggetti anonimi e provocatori è oggettiva, è stata ampiamente e scientificamente studiata e riconosciuta. Non è una semplice opinione.
Come si concretizza la vostra campagna?
Siccome un’Europa più solidale, più unita, è oggi in discussione, vogliamo innanzitutto mostrare come essa sia stato il sogno e l’ispirazione di tanti grandi protagonisti della storia. Innanzitutto di coloro che hanno vissuto e operato per l’unità del mondo, e quindi riporteremo brevi pensieri di Chiara Lubich, Igino Giordani, Pasquale Foresi, Klaus Hemmerle, e altri come De Gasperi, Schuman, Adenauer… Cercheremo anche di attualizzare il loro messaggio con alcuni commenti che incontrano le sfide di questi giorni, verso le elezioni europee.
Qual è il vostro obiettivo?
Sono molteplici. Primo, cercare di far partecipare al voto tutti o il maggior numero possibile degli aventi diritto. Secondo: evitare di cedere alle lusinghe dei neosovranisti. Terzo: rinforzare l’immagine dell’Europa con valori specificamente nostri, come unità, bene comune, solidarietà, cooperazione…
Come conciliate il dialogo che promuovete con il freno che volete mettere ai sovranismi?
In tempi di relativismo etico, dove ogni posizione deve essere giustificata e considerata legittima, l’errore peggiore che si potrebbe commettere è di pensare il dialogo come una vetrina in cui chiunque si affaccia e può dire ciò che gli pare. Il dialogo, invece, chiede organizzazione, preparazione, specificazione degli obiettivi e dei modi per realizzarlo. Il dialogo in politica, per esempio, lo si fa con le logiche della politica. Siccome le logiche della politica hanno a che fare con la scelta di valore (più Europa o meno Europa?), sottrarsi alla scelta significa uscire dal terreno della politica e dunque rifiutare il dialogo politico. Se si vuole rimanere sul piano culturale o spirituale, va bene; ma se si vuole fare il dialogo in politica si devono assecondare le logiche che essa implica. Mettere i freni ai neosovranismi è frutto di una visione del mondo nella quale crediamo e per la quale siamo pronti a donarci verso i fratelli, chiunque siano. Non è certo animato da odio verso nessuno.
Qualcuno vi definirebbe buonisti…
Non ci vergogniamo a dire che vogliamo il bene, il buono, il giusto, il solidale. Se tutto questo significa essere buonisti, cioè evitare che dei naufraghi muoiano in mare perché facciamo mancare il nostro soccorso, allora ci piace anche che ci venga attribuito questo epiteto.
Voi chiedete più Europa nella vita dei cittadini. Avete presenti anche i limiti che ha mostrato l’Unione europea e come si potrebbe tentare di correggerli?
Certo, quei limiti sono talmente ben presenti che crediamo che per superarli ci voglia un’Europa ancora più politica. Questi limiti hanno un nome e cognome preciso: sono gli egoismi degli Stati nazionali che ancora agiscono sulla scena pubblica frenando le legittime aspirazioni dell’Europa. Per superare questi limiti ci vuole più Europa, non meno Europa. I neo sovranismi sono il problema, non sono una soluzione al problema. Sono proprio gli egoismi che impediscono all’Europa di essere unita politicamente e spesso la relegano in un ruolo più burocratico.
A chi vi rivolgete con la vostra campagna?
A tutti quelli che riusciamo a incontrare sui social network attraverso la moltiplicazione dei nostri post. Il Movimento dei Focolari, che non è una setta ristretta, ha una grande forza e una capacità di incontrare persone. Come sempre, ci rivolgiamo a tutte le persone di buona volontà e speriamo anche di portare tanti indecisi a votare alle prossime elezioni europee sintonizzandosi con le ragioni del mondo unito. Come disse Chiara Lubich (fondatrice dei Focolari, ndr) a Inssbruck, nel 2001, l’Europa unita deve essere un passo per arrivare al mondo unito.
I Focolari volevano il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa. Oggi chiedono di accogliere anche i musulmani. C’è una contraddizione?
Assolutamente no, perché quello cristiano è un messaggio di salvezza per tutti gli uomini. Siccome la Chiesa cristiana nulla rigetta di ciò che è vero e santo delle altre religioni, come dice il Concilio Vaticano II – perché proviene dallo stesso spirito del cristianesimo, cioè da Gesù, via verità e vita per ciascun essere umano –, questo problema non sussiste. I cristiani hanno questa dimensione universale per cui sono disponibili ad accogliere tutti, perché in ciascuno vedono un figlio di Dio, un fratello. Non c’è nessuna contraddizione: è l’esatto contrario. Quel cristiano che si chiudesse nel suo recinto protetto sconfiggerebbe le ragioni stesse del cristianesimo, perché rifiuterebbe il messaggio di salvezza universale che ha introdotto nella storia.