Europa e Singapore più vicine
Singapore è il principale partner commerciale dell’Unione europea (UE) nel Sud-Est asiatico, per un valore di oltre 100 miliardi di €, con scambi bilaterali di merci per un valore complessivo di oltre 53 miliardi di € e scambi di servizi per 51 miliardi di €. Per la precisione, l’UE esporta merci per un valore di 33 miliardi di € ed importa da Singapore merci per 20 miliardi di €. Le imprese europee che si sono stabilite a Singapore sono oltre 10 mila e utilizzano questo presidio per fare affari in tutta la regione del Pacifico. Singapore è inoltre al primo posto nella classifica relativa agli investimenti europei in Asia, con una crescita molto rapida degli investimenti fra l’UE e Singapore negli ultimi anni: nel 2017 il totale degli investimenti bilaterali ha raggiunto i 344 miliardi di €.
Con l’entrata in vigore dell’accordo di libero scambio tra Singapore e l’UE, Singapore si impegna innanzitutto a sopprimere tutti i dazi rimanenti sui prodotti dell’UE e a fornire nuove opportunità ai prestatori di servizi dell’UE in settori quali le telecomunicazioni, i servizi ambientali, l’ingegneria, l’informatica e il trasporto marittimo. Singapore si impegna anche a proteggere 138 prodotti alimentari e bevande prodotte nell’UE, tutelati come indicazioni geografiche; ciò è particolarmente importante, perché Singapore è il terzo maggiore mercato di destinazione di tali specialità europee. Infine, Singapore si impegna ad abbattere gli ostacoli normativi agli scambi in settori chiave, ad esempio riconoscendo le prove di sicurezza dell’UE per le automobili e numerosi apparecchi elettronici o accettando le etichette che le imprese dell’UE utilizzano per i prodotti tessili.
L’accordo tra UE e Singapore contempla il rispetto di standard ambientali e la protezione del diritto d’autore (per 70 anni), marchi (per 20 anni) e brevetti (per 10 anni), stabilendo il riconoscimento dei test di sicurezza dell’UE e delle ispezioni per varie categorie di prodotti, tra le quali l’abbigliamento. Ancora, l’83% delle imprese europee che esportano i propri prodotti verso Singapore sono piccole e medie imprese, mentre sono 44 mila i lavoratori europei impiegati da imprese di Singapore nell’UE.
In occasione dell’entrata in vigore dell’accordo commerciale tra UE e Singapore, Cecilia Malmström, Commissario europeo per il Commercio, sottolinea che esso «darà agli scambi commerciali un impulso da cui trarranno vantaggio le imprese, gli agricoltori, i lavoratori e i consumatori di entrambe le parti, e offrirà inoltre accesso al Sud-Est asiatico, una regione in rapida crescita». In un momento in cui i principi fondamentali di un commercio mondiale aperto e basato su regole sono messi in discussione, abbiamo più che mai bisogno di accordi come questo. L’accordo UE-Singapore è il 16° accordo commerciale realizzato dal 2014». L’UE, ad oggi, dispone de «la più grande rete commerciale al mondo, che conta 42 accordi commerciali con 73 partner».
Per quanto riguarda i rapporti commerciali tra Italia e Singapore, Singapore è il 34° partner commerciale dell’Italia al di fuori dell’UE, con esportazioni per un valore di 2,1 miliardi di € e importazioni per un valore di 334 milioni di € (raggiungendo quindi un surplus commerciale di 1,8 miliardi di €). Le imprese italiane che esportano i propri prodotti verso Singapore sono 8.281; tra queste vi sono aziende dell’area di Verona esportano verso Singapore piastrelle di marmo e di quarzo, prodotti in pelle e impianti di aria condizionata; dal Lazio partono olio d’oliva, profumi e componentistica per impianti di ventilazione; da Napoli viaggiano verso la città stato del Sud-Est asiatico legumi, carciofi e sughi pronti.
In un momento storico nel quale si tende ad alzare barriere commerciali e a lanciare guerre di dazi, l’entrata in vigore dell’accordo di libero scambio tra Singapore e l’UE ha un valore politico, oltre che economico. Inoltre, secondo un’indagine di Eurobarometro, il 60% degli europei ritiene di trarre personalmente un beneficio dal commercio internazionale (un aumento di 16 punti percentuali rispetto al precedente sondaggio di 10 anni fa), mentre il 71% degli intervistati considera che gli interessi commerciali dei rispettivi paesi siano difesi più efficacemente dall’UE che non dai singoli Stati membri quando agiscono ognuno per proprio conto.
I risultati dell’indagine confermano quindi una buona corrispondenza tra le priorità indicate dai cittadini dell’UE e quelle contenute nella strategia dell’UE “Commercio per tutti” seguita negli ultimi cinque anni dalle istituzioni europee. Nel corso di tale periodo, sono entrati in vigore 16 nuovi accordi commerciali, tra cui alcuni molto importanti con il Canada e il Giappone. Dal commercio internazionale dipendono oggi 36 milioni di posti di lavoro nell’UE, 5 milioni in più rispetto al 2014. È inoltre aumentata l’attenzione nei confronti della trasparenza e dello sviluppo sostenibile, mentre l’ambiente e i diritti dei lavoratori hanno assunto sempre maggiore importanza nella politica commerciale dell’UE. Infine, le misure protezionistiche unilaterali hanno accresciuto la necessità per l’UE di intervenire per difendere gli europei da misure commerciali sleali e illegali da parte di terzi. Attualmente sono in vigore oltre 130 misure di difesa commerciale dell’UE, che contribuiscono a proteggere 343 000 posti di lavoro in Europa.
Cecilia Malmström, che sta terminando il suo mandato nella Commissione europea presieduta da Jean-Claude Juncker, ha dichiarato: «Quando ho assunto questo incarico cinque anni fa, numerose erano le critiche nei confronti del commercio internazionale e del modo in cui la Commissione conduceva i negoziati commerciali. Abbiamo pertanto deciso di riformare il nostro modo di gestire la politica commerciale. Grazie a una maggiore trasparenza, abbiamo voluto creare fiducia. Questo sondaggio Eurobarometro dimostra che i nostri sforzi hanno avuto successo. La percezione che i cittadini hanno oggi del commercio è più positiva di quella che avevano dieci anni fa. La maggioranza dei cittadini ritiene di trarre personalmente un beneficio dal commercio e che la Commissione conduca i negoziati in maniera trasparente. Tutto ciò è molto incoraggiante in tempi di crescente protezionismo e di conflitti commerciali in tutto il mondo!».