Europa in lotta contro il Covid-19
L’Europa sta affrontando la pandemia di Covid-19 in modo differente da Paese a Paese, anche perché molto variegate sono le situazioni locali. Al fine di ridurre i rischi e tenere il virus sotto controllo, però, secondo il piano della Commissione europea, è essenziale accelerare le vaccinazioni, iniziate il 27 dicembre 2020 in tutta l’Unione europea (UE).
Entro marzo 2021 si dovrebbe vaccinare, in ogni Stato membro, almeno l’80% delle persone di età superiore a 80 anni e l’80% degli operatori del settore sanitario e dell’assistenza sociale, mentre entro l’estate del 2021 gli Stati membri dovrebbero aver vaccinato il 70% della popolazione adulta.
Infatti, è una vera e propria strategia europea per i vaccini quella che l’UE ha messo in piedi. Lo sviluppo di un vaccino sicuro ed efficace è del resto il fulcro della lotta al Covid-19, un processo complesso che, in circostanze normali, necessita di circa 10 anni. Sin dalla fase di sviluppo le società investono in capacità di produzione in funzione della probabilità di ottenere un vaccino efficace che soddisfi i rigorosi standard di qualità, sicurezza ed efficacia necessari per ottenere l’autorizzazione e che sia redditizio in base alle prospettive della domanda.
L’UE ha acquisito un ampio portafoglio di vaccini sviluppati con tecnologie diverse, garantendosi fino a 2,3 miliardi di dosi dei potenziali vaccini. I finanziamenti provengono in gran parte dai 2,7 miliardi di € di cui è dotato lo strumento per il sostegno di emergenza. Per garantire un rapido accesso ai vaccini, attraverso il meccanismo Team Europa, è strutturata la fornitura di vaccini in condivisione tra Stati membri e paesi partner. In tal modo dovrebbe essere possibile condividere con i paesi partner l’accesso a una parte delle dosi garantite dalla strategia dell’UE per i vaccini, prestando particolare attenzione ai Balcani occidentali, al vicinato orientale e meridionale e all’Africa. Team Europa ha già mobilitato 853 milioni di € a sostegno di COVAX, il che rende l’UE uno dei maggiori donatori.
Come contropartita del diritto di acquistare un determinato numero di dosi di vaccino in un dato periodo, la Commissione europea ha finanziato, attraverso accordi preliminari di acquisto, una parte dei costi iniziali sostenuti dai produttori di vaccini. I finanziamenti erogati sono considerati un acconto sui vaccini che saranno effettivamente poi acquistati dagli Stati membri.
AstraZeneca, Sanofi-GSK, Janssen Pharmaceutica NV, BioNtech-Pfizer, CureVac, Moderna, Novavax: questi sono i produttori di vaccini in campo. L’Agenzia europea per i medicinali monitora tutto il processo, dalla qualità farmaceutica ai test non clinici in vitro e in vivo nonché quelli clinici sulle persone, dalla valutazione complessiva che porta alla produzione fino allo studio sull’impatto.
La Commissione europea ha recentemente proposto l’acquisto di 200 milioni di dosi aggiuntive del vaccino prodotto da BioNTech-Pfizer, con opzione di acquisto per altri 100 milioni di dosi. L’UE potrebbe così acquistare fino a 600 milioni di dosi di questo vaccino e le dosi aggiuntive saranno consegnate a partire dal secondo trimestre del 2021.
Eppure, i tamponi restano fondamentali per tenere sotto controllo il Covid-19. Per questo, la Commissione europea ha adottato norme sui test rapidi: ben 20 milioni ne saranno messi a disposizione degli Stati membri. Infine, un codice di buone pratiche sulla disinformazione siglato tra la Commissione europea e le grandi piattaforme digitali contribuisce a contrastare la diffusione di informazioni false e fuorvianti relative al coronavirus, aumentando la visibilità delle fonti di informazione autorevoli sui vaccini, retrocedendo e rimuovendo i contenuti falsi o pubblicità che scoraggiano la vaccinazione.
La Commissione europea, nel pieno rispetto dei meccanismi di protezione dei dati, sta collaborando con gli Stati membri anche nell’elaborazione di certificati di vaccinazione, che possono sostenere la continuità dell’assistenza. Entro la fine di gennaio 2021 dovrà essere concordato un orientamento comune per consentire agli Stati membri di utilizzare rapidamente i certificati nell’ambito dei sistemi sanitari di tutta l’UE e non solo.
Gli Stati membri dovrebbero anche aggiornare le strategie di test diagnostici per tenere conto delle nuove varianti del Covid-19 ed estendere l’utilizzo di test antigenici rapidi. Gli Stati membri dovrebbero aumentare il sequenziamento del genoma affinché comprenda almeno il 5%, e preferibilmente al 10%, dei risultati positivi dei test. Attualmente molti Stati membri stanno testando meno dell’1% dei campioni, una quantità che non è sufficiente per individuare la progressione delle varianti o per rilevarne di nuove.
Per ridurre ulteriormente il rischio di trasmissione connesso ai mezzi di trasporto, sui veicoli e nei terminal di trasporto dovrebbero essere applicate misure di igiene e di distanziamento, come definito negli orientamenti sui viaggi aerei nell’UE. Tutti i viaggi non essenziali dovrebbero essere fortemente scoraggiati fino a quanto la situazione epidemiologica non sarà considerevolmente migliorata. Dovrebbero essere mantenute restrizioni di viaggio proporzionate, compresi i test diagnostici sui viaggiatori, per chi proviene da zone caratterizzate da una maggiore incidenza di varianti che destano preoccupazione.
Secondo Stella Kyriakides, Commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare, «se lavoriamo insieme dando prova di unità, solidarietà e determinazione, ben presto cominceremo a scorgere l’inizio della fine della pandemia. Ora serve in particolare un’azione rapida e coordinata contro le nuove varianti del virus. Ci vorrà ancora tempo prima che tutti gli europei siano vaccinati e fino ad allora dovremo adottare congiuntamente azioni immediate, coordinate e proattive. Occorre accelerare le vaccinazioni in tutta l’UE e aumentare i test diagnostici e il sequenziamento: potremo così essere certi di lasciarci questa crisi alle spalle il prima possibile».
La Commissione europea sostiene anche i servizi trasfusionali per aumentare la raccolta di plasma da donatori guariti di Covid-19, grazie a 24 progetti che ha selezionato per sviluppare nuovi programmi o ampliare quelli esistenti. Le donazioni di plasma saranno utilizzate per la cura dei pazienti affetti dal coronavirus.
Le sovvenzioni sono il risultato di un invito, rivolto lo scorso luglio a tutti i servizi trasfusionali pubblici e senza scopo di lucro dell’UE e del Regno Unito, a richiedere finanziamenti per l’acquisto di attrezzature per la raccolta del plasma. Tale azione è finanziata mediante lo strumento per il sostegno di emergenza, per un totale di 36 milioni di €. I progetti saranno realizzati in 14 Stati membri e nel Regno Unito, hanno carattere nazionale o regionale e, nella maggior parte dei casi, comporteranno la distribuzione di fondi a oltre 150 centri locali di raccolta del sangue o del plasma.
Proprio il Regno Unito è il Paese sul continente europeo che ha finora vaccinato il numero più alto di persone: oltre 4,1 milioni. Vero è che esso ha iniziato le vaccinazioni prima di molti altri Stati, dato che l’Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari (MHRA), la sua autorità di regolamentazione dei farmaci, lo scorso 2 dicembre, è stata la prima in Europa ad approvare il vaccino Pfizer-BioNTech, prodotto in Belgio, potendo beneficiare di 1 milione di dosi che sono state consegnate entro la seconda settimana di dicembre.
Successivamente sono stati autorizzati i vaccini di Oxford-AstraZeneca e della statunitense Moderna. Il Regno Unito sta anche sviluppando una sperimentazione clinica per accelerare lo sviluppo di vaccini utilizzando uno studio controllato sull’infezione umana, in cui giovani volontari sani riceveranno il vaccino prima di essere infettati dal virus, un approccio utilizzato per combattere altre malattie, tra cui il tifo e l’influenza. Inoltre, il sistema di prenotazione è molto semplice ed i punti di vaccinazione sono ben distribuiti sul territorio.
Infine, contrariamente a quanto avviene nell’UE, il piano britannico prevede di somministrare la prima dose di vaccino al maggior numero di persone nei gruppi a rischio, piuttosto che fornire le due dosi richieste nel più breve tempo possibile, rinviando la seconda; un simile approccio è adottato dalla Danimarca, ma alcuni temono che tale prassi possa diminuire l’efficacia del vaccino.