Europa, il cambiamento necessario

Per l'ex presidente delle Acli è necessario riuscire ad invertire le attuali politiche economiche e sociali a favore della lotta alle diseguaglianze, nella ricerca di una nuova sostenibilità.
Parlamento europeo a Strasburgo

Tra le emergenze che il nuovo Parlamento e la nuova Commissione europei dovranno affrontare dopo il voto del prossimo 26 maggio, figurano quelle dell’aumento delle disuguaglianze e del progressivo impoverimento della classe media. Secondo l’Ocse nel decennio della crisi 2008-2018 i ceti lavoratori in Italia hanno perso circa il 10% del reddito. Con effetti negativi sulla domanda interna, che hanno accentuato una stagnazione economica ormai di lunga durata, che riguarda non solo il nostro Paese, ma l’Europa intera, e che sta mettendo a prova la tenuta della coesione sociale e delle stesse istituzioni  europee.

Per questo si avverte la necessità, come ha osservato l’economista Stefano Zamagni in una recente intervista ad Avvenire, di “una trasformazione complessiva del sistema, bisogna cambiarne le fondamenta e l’impianto”. E quale migliore occasione per un deciso cambio di paradigma economico che quella costituita dall’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile?

Quando il 25 settembre 2015 le Nazioni Unite approvarono l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030, fu espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. In questo consiste il carattere fortemente innovativo dell’Agenda 2030: è stata definitivamente superata l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale e si afferma invece una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo.

Il processo di cambiamento del modello di sviluppo viene monitorato attraverso un complesso sistema basato su 17 Obiettivi, 169 Target e oltre 240 indicatori.

Secondo l’Eurostat, l’Unione europea resta l’area del mondo più avanzata rispetto all’attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. I progressi maggiori relativi agli ultimi cinque anni si segnalano per gli obiettivi 3 (Salute e benessere), 7 (Energia pulita e accessibile), 11 (Città e comunità sostenibili), 12 (Consumo e produzione responsabili), 15 (Flora e fauna terrestre).

In sintesi la situazione è la seguente per gli obiettivi che più riguardano la sostenibilità sociale: per l’obiettivo 1 (Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo), l’indicatore composito diminuisce nell’Unione Europea fino al 2014 a causa dell’aumento della quota di popolazione a rischio di povertà ed esclusione sociale e di quella che vive in famiglie a bassa intensità lavorativa. Nel 2016 il leggero miglioramento registrato è guidato da una leggera diminuzione del numero di persone che accusa l’impossibilità di curarsi adeguatamente e di chi è a rischio di povertà ed esclusione sociale. Molto forti sono le differenze tra Paesi in questo campo: Malta e Repubblica Ceca migliorano leggermente la loro situazione, mentre la Grecia ha visto un netto peggioramento.

Circa l’obiettivo 2 (Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile), l’indicatore per l’Unione europea rileva una situazione di sostanziale staticità, risente di piccole fluttuazioni degli indicatori elementari, che tengono a compensarsi tra di loro. In particolare, aumenta sia l’area destinata ad agricoltura biologica, sia la quota di emissioni di ammoniaca derivanti dall’agricoltura.

L’obiettivo 3 (Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età), invece mostra una tendenza positiva in Europa, spiegata dall’aumento della speranza di vita e dall’ampia diminuzione della quota della popolazione che vive in zone a elevata rumorosità e del numero di morti per incidenti stradali.

Anche l’obiettivo 4 (Fornire un’istruzione di qualità, equa e inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti), appare in miglioramento a livello europeo grazie all’aumento della quota della popolazione con un’educazione terziaria e dalla contemporanea riduzione del tasso di uscita precoce dal sistema scolastico. La tendenza positiva caratterizza sostanzialmente tutti i Paesi dell’Unione europea, seppur con diversa intensità.

Bene pure gli obiettivi 7 (Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni), 12 (Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo) e 13 (Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze).

Secondo gli indicatori europei la situazione peggiora sensibilmente per l’obiettivo 10 (Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni), il cui andamento mostra una tendenza decrescente nel periodo osservato (2010-2016), a causa dell’aumento (soprattutto nel biennio 2013-2014) della quota di popolazione a rischio di povertà, della distanza tra il reddito di chi è in una tale condizione e quello corrispondente al 60% del reddito disponibile mediano equivalente.

Un segnale incoraggiante in Europa è costituito dal fatto che l’attuale presidenza di turno dell’Unione Europea, affidata dallo scorso 1 gennaio, per la prima volta alla Romania, ha come uno dei suoi pilastri quello di assicurare uno sviluppo equo e sostenibile e di promuovere una “partnership rafforzata” tra attori statali e non, a sostegno degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Un ruolo importante in questa fase verrà pertanto giocato dalla società civile che dovrà incalzare e sensibilizzare sia i candidati che successivamente i nuovi legislatori comunitari sugli obiettivi di sviluppo sostenibile. A tale proposito va segnalata l’attività della piattaforma multi-stakeholder sugli obiettivi Onu, promossa dalla Commissione europea e nata con l’obiettivo di supportare la Commissione e le altre istituzioni per l’implementazione dell’Agenda 2030 in Europa.

Ma appare abbastanza chiaro che all’Unione Europea e alla prossima Commissione europea servano un cambio di marcia e un cambio di paradigma, al fine da uscire dalla crisi attuale e anche per poter realizzare con più speditezza gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, a cominciare da quelli con una più elevata valenza sociale, per imprimere un nuovo passo al processo di integrazione europea, all’altezza delle attese delle nuove generazioni e di tutti coloro che operano per una società più solidale e più giusta.

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