Europa, 50 anni e due visioni
Quo vadis, Europa? Dove vai, Unione europea, dopo il giro di boa dei primi cinquant’anni, celebrati a Roma e a Berlino? I tuoi giovani concittadini sono più rapidi di te e danno per scontate conquiste faticosamente maturate, come quella di passare un fine settimana a Vienna o Barcellona, ad Amburgo o Versailles, senza dover cambiare soldi o scheda del cellulare. L’Europa piace agli irlandesi, perché insospettisce gli inglesi; consola i portoghesi, perché scavalca gli spagnoli; soddisfa i polacchi, perché tranquillizza i tedeschi; convince sloveni e ungheresi, perché avvicina agli austriaci; entusiasma i baltici, perché rispettata dai russi, scrive sul Corriere della Sera l’eurosoddisfatto Beppe Severgnini. Guarda anche al Bel Paese e sostiene che l’Unione europea piace, in fondo, a noi italiani, perché ci protegge da noi stessi.Motivo? Senza la Ue, dove sarebbero la concorrenza e le finanze pubbliche?. In giro per il Vecchio Continente, non spira però aria di travolgente simpatia nei riguardi delle istituzioni europee. Questo non vuol dire che la Ue sia in pericolo – rileva Bill Emmott, direttore del settimanale The Economist sino allo scorso anno -, né che i traguardi raggiunti siano insignificanti. Solo che questi ultimi non bastano ad accendere e avvicinare gli animi. Nessuno, indubbiamente, vorrebbe augurarsi di tornare all’Europa frammentata e sospettosa di prima del 1957. L’unione iniziale di sei Paesi – giunta ora a 27 – ha assicurato mezzo secolo di pace e stabilità come mai accaduto nella più bellicosa area geografica del pianeta. Il vero motivo per cui la Ue non sembra riscuotere molte simpatie – osserva l’inglese Niall Ferguson, docente di storia internazionale ad Harvard, Usa – è il distacco, spesso scandaloso, tra le sue aspirazioni e la realtà alquanto più prosaica. Poche storie, ribattono i sostenitori del cammino d’integrazione. Le molte politiche comuni hanno permesso di migliorare la qualità della vita dei cittadini europei, favorendo lo sviluppo regionale e le libertà fondamentali. Il modello sociale europeo e l’introduzione dell’euro proteggono dalle crisi dei mercati finanziari globalizzati. La Ue è il principale partner nel commercio mondiale e nella collaborazione con i Paesi più poveri. Ma pesa la bocciatura del Trattato costituzionale da parte di Francia e Olanda, che ha raffreddato gli animi e congelato i progetti, mentre resta incomprensibile per i credenti il mancato riferimento alla radici giudaico-cristiane del continente. L’avvenire, per la cinquantenne signora, appare incerto, se mai ne avrà uno, precisano gli scettici. Eppure, proprio l’acceso dibattito sulle prospettive del cammino d’unificazione, scaturito in occasione del cinquantesimo, risulta la migliore prova di vitalità dell’Unione. Non ci si batterebbe affinché vengano riconosciuti determinati valori etici e fondamenti religiosi, capaci di orientarne lo sviluppo, se si considerasse quella costruzione decadente, priva di futuro, ha argomentato Mario Monti, rettore dell’università Bocconi di Milano e già commissario europeo. Alla riflessione sulla Ue ha contribuito anche la Chiesa cattolica del continente, con un appuntamento a Roma dal 23 al 25 marzo, arricchito dalla presenza di esponenti delle altre denominazioni cristiane, su Valori e prospettive per l’Europa di domani. Occorrono almeno 100 anni per costruire una cattedrale; quella per tutti gli europei è stata edificata in 50 anni, ha fatto presente mons. Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino, ricordando che i problemi cominciano proprio dopo la costruzione, mentre i restauri non finiscono mai. La metafora della cattedrale ha consentito di raccogliere la ricca pluralità di voci e sensibilità, perché, riguardo all’Unione europea sono emerse – facendo ricorso alle sempre rischiose semplificazioni – due accentuazioni, se non proprio due visione, all’interno della cristianità. Da una parte, un grande ottimismo nei confronti dell’integrazione, vista come un fatto provvidenziale, un progetto nato su ispirazione di valori radicati nel cristianesimo, grazie all’opera dei padri fondatori Adenauer, De Gasperi e Schuman. Quei valori fondanti sono, in qualche maniera, rimasti e si tratta di guardare al futuro, sviluppando il progetto. Dall’altra, si nutrono interrogativi per la situazione dell’Europa attuale, non più capace di salvaguardare i principi alla base della visione originaria. Forti restano le preoccupazioni sul senso del valore della vita, sulla famiglia, sull’emarginazione della dimensione religiosa a fatto privato. Dall’Europa dell’Est sono emersi timori anche per l’impari confronto economico con l’Occidente nella logica del libero mercato e per l’ondata di idee secolarizzate provenienti dall’Europa occidentale che sta travolgendo i valori popolari e le tradizioni. La sfida in corso – e non riguarda solo i cattolici dell’Est – è dovuta, si sa bene, al confronto con la cultura moderna e con il processo di secolarizzazione. Come rispondono le comunità ecclesiali? Dagli interventi del convegno, è emerso lo sforzo d’inculturarsi, di stare dentro la modernità e vivere il cristianesimo nel mutato contesto culturale, con il rischio però, secondo alcuni, di finire per aderire, poco o tanto, alla deriva della secolarizzazione. Da qui, un dissenso fortemente manifestato ad Est e lo sforzo di contenere la marea e salvaguardare identità e storia. Anche le Chiese ortodosse, non ultima quella di Mosca, si pongono a baluardo di un patrimonio di valori e princìpi a cui è ancorata tanta parte della popolazione. I russi si sentono europei, ma avvertono la distanza da questa Ue. Indicativo della reazione in corso è l’atteggiamento, nel mondo della Riforma, delle Chiese libere o Chiese indipendenti. Rappresentano il cosiddetto neoprotestantesimo, che distinguendosi dal protestantesimo classico, rivisita le scelte compiute e recupera un impegno a salvaguardia della vita e della famiglia secondo il piano di Dio. Buttiamo via il bambino, insieme all’acqua sporca?, correva voce tra alcuni partecipanti italiani. Sembrava proprio che si trattasse di prendere o lasciare, valutando assai difficile conciliare un progetto d’unificazione (ritenuto provvidenziale) e l’assenza di un di più di idee, di pensiero alto, di visione illuminata. Così, si finisce che le legittime ragioni dall’una e dall’altra parte irrigidiscano le posizioni, con una conseguente tensione dentro le singole Chiese, tra le Chiese e tra Est e Ovest europeo. Allo stesso tempo, il convegno, oltre a fungere da ricco spaccato della cristianità europea, si è rivelato un piccolo laboratorio di dialogo. Quasi uno spazio ed un metodo da riprodurre nelle singole Chiese e tra le Chiese, per poi aprirsi ad un sereno confronto sulla Ue con il pensiero laico a livello continentale, per offrire alla politica il respiro dei popoli. Va da sé, infatti, che la Ue sarà sempre più sottoposta a sollecitazioni mondiali sui temi economici e ambientali, sociali ed energetici. Continuerà ad essere interpellata dai vari Sud del mondo, ad incominciare, per la collocazione geografica e per il credito storico, dall’Africa. Problematiche enormi, da affrontare insieme – ascoltando le ragioni dell’altro -, cui deve corrispondere, come indicato da papa Ratzinger (a lato), una nuova Europa. Quo vadis, Europa? Da Berlino – sede delle celebrazioni del 50°, città a lungo divisa e oggi simbolo della ritrovata unità – il cancelliere tedesco Angela Merkel, presidente di turno della Ue, ha dettato i tempi: conferenza intergovernativa per le riforme istituzionali entro il 2007, firma del nuovo Trattato costituzionale da parte dei governi nel 2008, ratifica del Trattato da parte dei 27 paesi attraverso referendum o voto parlamentare entro maggio 2009, per poi procedere nel giugno successivo all’elezione del nuovo parlamento sulla base della nuova Costituzione. Non c’è tempo da perdere. Sarà perciò indispensabile il contributo di chi alla Ue crede, crepe comprese. ENEDETTO XVI ECCO LA NUOVA EUROPA L’Europa secondo papa Ratzinger. Come la vorrebbe? Intanto nuova, e cioè realistica ma non cinica, ricca d’ideali e libera da ingenue illusioni, ispirata alla perenne e vivificante verità del Vangelo. Come edificarla? Riconoscere e valorizzare gli elementi positivi presenti nell’odierna civiltà e denunciare con coraggio tutto ciò che è contrario alla dignità dell’uomo. Il cemento della casa europea viene da ogni apporto culturale, sociale e politico finalizzato al bene comune. Benedetto XVI è un europeo che guarda all’Europa con lungimiranza. E traspare dalle sue parole un amore particolare. Anche in quelle pronunciate il 24 marzo nella Sala Clementina durante l’incontro con i partecipanti al convegno organizzato dal Consiglio delle conferenze episcopali europee. La Ue aspira a diventare nel mondo un attore globale. Benissimo, sembra dire il papa, ma serve stabilire un sano equilibrio fra la dimensione economica e quella sociale, senza trascurare le attese dei poveri. E poi c’è il rischio demografico, perché l’Europa che non fa figli – e qui ricorre ad un’espressione netta – sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia. L’unificazione europea è un processo non da tutti condiviso. Benedetto XVI ne rileva la ragione: non si è tenuto adeguato conto delle attese dei cittadini e si è trascurata l’identità propria dei popoli del continente. Spiega che si tratta di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali che il cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo un ruolo fondativo dell’Europa. Per tutta risposta, cosa fa l’Europa odierna? Mentre ambisce di porsi come una comunità di valori, sempre più spesso contesta che ci siano valori universali ed assoluti . Ne deriva che questa singolare forma di apostasia (ripudio delle proprie convinzioni, ndr) da sé stessa la induce a dubitare della sua stessa identità. Da qui, un appello. L’Europa si guardi da quell’atteggiamento pragmatico, che giustifica il compromesso sui valori umani essenziali, come fosse l’inevitabile accettazione di un presunto male minore. In tale contesto, secondo il papa, va salvaguardato il diritto all’obiezione di coscienza, ogniqualvolta i diritti umani fondamentali fossero violati. Compito difficile per i cristiani, riconosce. Per questo, chiude esortandoli: Non stancatevi però e non scoraggiatevi!.