Eugenio Corti“incalzato” dalla provvidenza
Quando in un tranquillo pomeriggio del 2004 ebbi la fortuna di incontrare di persona Eugenio Corti – all’epoca un 83enne ancora vigoroso dallo sguardo acuto e limpido, il tratto signorile e insieme modesto – sapevo di trovarmi di fronte allo scrittore che diversi critici avevano accostato al Tolstoj di Guerra e pace per lo stile epico, il realismo venato di poesia e l’alto impegno morale e civile del suo romanzo più amato e ristampato: Il cavallo rosso. A colloquio con lui nel giardino della sua dimora a Besana in Brianza, potevo perfino immaginarmi a Jasnaja Poljana, la tenuta del grande romanziere russo, mentre la moglie Sof’ja Andreevna mi era rappresentata dalla gentile consorte di Corti, Vanda.
Fin qui le analogie. Perché Eugenio Corti, venuto a mancare dieci anni dopo il nostro incontro, nel 2014, è stato scrittore dichiaratamente cattolico, un testimone al servizio della Verità, in contrasto col dilagante neopaganesimo e con le ideologie di morte del nostro mondo occidentale, e pertanto osteggiato da una certa cultura “laica”. A differenza del tormentato cercatore di assoluto che fu Lev Tolstoj, entrato in insanabile contrasto con la Chiesa ortodossa per aver assunto del Vangelo solo il messaggio morale, rigettando in definitiva la divinità di Cristo e la trascendenza, molto più vicino è stato Corti – per convinzioni religiose e fede nell’azione provvidenziale di Dio nella storia dei singoli e dell’umanità – all’autore dei Promessi sposi: di qui anche la definizione attribuitagli di “Manzoni del XX secolo”.
Per rendere omaggio allo scrittore brianzolo, di cui ricorre in questo 2021 il centenario della nascita (il 21 gennaio), l’editrice milanese Ares, che ha pubblicato tutte le sue opere a partire dalla saga lombarda del Cavallo rosso, sta rieditandone l’intera produzione. L’ultimo volume apparso dell’Opera omnia raccoglie sotto il titolo Ciascuno è incalzato dalla sua provvidenza gli inediti “Diari di guerra e di pace 1940-1949”: una finestra sulle idee e sulle aspettative che maturavano in quegli anni nel giovane Corti.
Consapevole di avere ricevuto in dono il talento di scrittore e con l’urgenza di affermare, in un mondo che s’allontanava da Dio, la visione cristiana della realtà, creando opere anche artisticamente valide al servizio della Verità (con la V maiuscola), ribadiva questo come «lo scopo della mia vita» anche pochi giorni prima della chiamata alle armi, il 14 febbraio 1941. Dalla stessa esperienza bellica, se ne fosse uscito vivo, si aspettava una «intensificazione di vita», una maturazione umana e spirituale che avrebbero sostanziato l’opera futura.
Una parte centrale del volume è dedicata al periodo più tragico da lui vissuto: quello della campagna in Russia (giugno-novembre 1942), terminata con la disfatta degli italiani sul fronte del Don. Il suo commento riguardo a questi ricordi ricostruiti dai diari da lui stesso distrutti durante la terribile ritirata, nella “sacca” di Arbusow, per non farli cadere in mano nemica: «Il ricordo restituisce la parte migliore delle cose, perché il ricordo è la loro poesia». Proprio ciò che avrebbero colto i lettori dell’opera rivelatrice del suo talento di scrittore-testimone, ispirata da questa esperienza: I più non ritornano.
I Diari parlano di affetti familiari, di amicizie, di sofferti distacchi da persone a lui affezionate, di ricerca della compagna ideale (la «ragazza destinata dal Cielo, quella a cui voler bene e non di cui conservare solo il ricordo»), di servizio alla patria dopo la fine del fascismo e l’8 settembre, cooperando con gli Alleati nella lotta contro i nazisti sul fronte adriatico del nostro Sud.
Documentano, queste pagine, i commoventi incontri con i compagni superstiti reduci dal Don, gli scontri politici nell’Italia “pacificata” ai quali Corti partecipò per una breve stagione («Penso ormai a togliermi gradatamente dalla politica: non è il mio campo, e voglio aver libero il tempo per altre cose»). E ancora: l’inizio della carriera di scrittore con I più non ritornano, diario di guerra edito nel luglio 1947 per i tipi di Garzanti (prima edizione di tremila copie esaurita in poche settimane), la laurea in Giurisprudenza dopo la ripresa degli studi universitari interrotti dalla guerra; e finalmente, al posto della tanto idealizzata Margherita come possibile compagna di vita, il fidanzamento con Vanda di Marsciano (avrebbe benedetto il loro matrimonio ad Assisi, il 23 maggio 1951, don Carlo Gnocchi, il celebre “padre dei mutilatini” amico dello scrittore).
I Diari, va detto, non erano stati pensati da Corti per la stampa. Rendere accessibili ai lettori nella loro integralità queste pagine “private” di uno dei protagonisti della nostra storia recente è stato merito del nipote Mario Vismara, che ha trascritto al computer i diciassette quaderni originali, e della vedova che ne ha curato la pubblicazione.
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