Estremo Oriente, due Maddalene asiatiche
Conosco due donne che, come tante, hanno alle spalle storie dolorose, per tanti e innumerevoli motivi: due storie diverse, piene di dolore, parallele e lontane nello spazio. Entrambe comunque in Vietnam. Due donne che non si conoscono, ma si assomigliano.
Una abbandonata dal marito, additata dai buoni farisei, come “incapace” di tenersi un uomo, una “stupidella”. E l’altra, incapace di amare un uomo, qualsiasi uomo, e che ha scelto altre donne come compagnia della sua vita: anche lei additata come “strana”, “pericolosa”, una persona da cui tenersi alla larga. Si sono sentite dire spesso, dietro le spalle: «Ringrazio Dio di non essere come lei», o perché «con troppi uomini» e l’altra, al contrario, perché «con troppe donne».
Le ho conosciute in momenti diversi: entrambe avevano un volto semplice, segnato dal dolore dell’abbandono, ma pulito. Occhi limpidi che mi avevano colpito fin dall’inizio delle nostre amicizie. Perchè poi siamo diventati amici, con entrambe. Volevo conoscere e documentare la loro storia e la loro felicità.
A un certo punto della loro vita, al culmine della disperazione, entrambe hanno infatti convertito la loro vita, svoltando verso i poveri, loro che venivano da famiglie della media borghesia. Per strade diverse hanno iniziato a dedicarsi ai bambini, ai disabili, alle persone anziane e sole: ad aiutare con piccole somme di denaro, poi soprattutto con cibo, assistenza nei momenti difficili, una vicinanza compassionevole che, piano piano, ha preso la loro vita, trasformandola.
Una di queste due Maddalene, oggi entra in strade dove poca gente ha il coraggio di farlo. Sale scale per raggiungere mansarde malsane e sottotetti incredibilmente sporchi, umidi, pieni di scarafaggi, dove vivono bambini con mamme, abbandonati dai loro padri e mariti. Ed è felice, amata da tanta gente che lei ama con cuore sincero.
E l’altra Maddalena invece, percorre sentieri in mezzo ai campi di riso per arrivare a capanne decadenti e trovarvi anziani abbandonati, ormai costretti a casa per il divieto di uscire per via del Covid-19, che loro non hanno contratto, ma che li riduce alla fame.
Due donne, due Maddalene, che hanno lasciato le proprie storie di dolore per aprirsi al dolore degli altri.
Entrambi, in questo periodo dove tanti sono immobili e se ne stanno a guardare, macinano chilometri e servono la gente: tanta gente. Non pochi uomini e donne di religione se ne stanno comodi nei loro conventi e centri internazionali dalle “alte mura” a protezione non solo del virus, ma anche di chiunque pensasse di disturbare la dolce “quiete dei consacrati”.
E danno delle “pazze” alle due Maddalene, addirittura vietando un qualsiasi contatto con loro, con la paura dei farisei d’esser contattati dal chi serve i Lazzaro moderni. Due “sporche” insomma, agli occhi dei puliti, ma piene d’amore concreto e servizio: riso, olio, fagioli, zucchero e spaghetti.
Altri si sono uniti agli sforzi loro e riescono a far arrivare loro il denaro sufficiente per arrivare davvero a inviare sacchi di aiuti a un sacco di gente, perfettamente sane e soltanto povere. Le foto che ricevo in questi giorni, sono un “inno all’amore” di queste due donne, così come di tanti e tante che vivono da buon samaritano: veri miracoli che solo delle persone “sante” possono fare. Forse non “sacre” ma certo “sante”.
Dove sta Dio in questo mondo dove galoppa la paura del virus? Chiara Lubich compose 70 anni fa una preghiera in cui diceva, a proposito del Crocifisso: «Andrò per il mondo cercandolo in ogni attimo della mia vita».
Le due Maddalene sono metaforicamente le prime testimoni del Risorto, con migliaia e migliaia che cercano il volto del Dio abbandonato, impoverito, venduto, stuprato, ucciso, violentato e quant’altro possa esserci. Da queste parti asiatiche si parla spesso di “illuminazione”. Oggi per me essere illuminati vuol dire vivere come le due Maddalene vietnamite e come tutte le Maddalene di questo mondo.