Estate in spiccioli

Antonio sta preparando la partenza per le ferie con la collaborazione iperattiva di Tommaso, il figlioletto più piccolo. Sa quale rischio sta correndo recandosi al supermercato, ma confida nel ruolo di capitano della nave che il bambino si è assunto oggi. Il carrello, dice, sarà la sua cabina di comando e un capitano non l’abbandona mai! Quando senza pericoli riesce ad arrivare ad una cassa, Antonio osserva rilassato ciò che gli frulla attorno. Il clima non è però dei migliori. Infatti il giovane cassiere è in evidente imbarazzo: la sua è l’ultima cassa, la diciottesima… e la coda, anche lì, è da giornata- esodo: code sulle autostrade e code anche ai supermercati cittadini, per chi si sta preparando per le ferie. Timidamente il giovanotto accenna: Scusate, ma devo aggiornare i conti… . Mentre qualcuno si spazientisce e sollecita la ripresa delle operazioni, il cassiere sbaglia qualcosa, ripete le operazioni, e dalla fila dei clienti arriva qualche commento offensivo… Antonio vorrebbe intervenire per ristabilire un clima di empatia, quando Tommaso, dalla sua posizione di comando sul carrello, a voce alta, si rivolge al cassiere: Beh, capita a tutti di sbagliare, non cade mica il mondo, vero papà? Come dici tu: non vale la pena di arrabbiarsi!. La coda ammutolisce. Poi qualcuno guarda il padre: eh sì, meno male ci sono padri che insegnano ancora ai figli qualcosa! Antonio pensa che dovrà stare molto attento a non arrabbiarsi inutilmente: Tommaso osserva e registra con troppa precisione i comportamenti dei suoi genitori, per i quali gli esami non finiscono proprio mai. Iveicoli si incolonnano qualche chilometro prima del casello di uscita dall’autostrada: il mare è lì a pochi chilometri, invitante con il suo luccichio. I caselli sono tanti: tredici allineati, in cui distribuirsi, individuando per tempo la propria scelta. Capita a qualcuno di sbagliare, proprio come quel pomeriggio. Un’auto resta bloccata e l’autista, una signora, imbarazzata si guarda attorno. Da qualche auto più dietro qualcuno l’aggredisce con urla e proteste. Ma non ci sono scappatoie. La donna scende e si scusa con i giovani dell’auto dietro di lei: ha imbroccato l’uscita con la viacard… che non possiede. Un ragazzo scende e la tranquillizza. Poi si avvicina alle auto che seguono e spiega la difficoltà, calma i più intransigenti, trova la voglia di una battuta di spirito. Alla fine si appella con una dolcezza inaspettata alla carità evangelica. Qualcuno cerca di capire, ma i conti non tornano: quel tipo atletico, con il barbone rosso e i lunghi capelli raccolti sulla nuca, sta testimoniando qualcosa, qualcosa che sfugge a chi ha sulle spalle giorni di stress cittadino febbrile e confuso. Ma dal finestrino posteriore si sporge un ragazzino di una decina d’anni e, colto al volo l’invito del simpatico gigante, ordina: Tutt’indietro, e senza borbottare: la zia ha sbagliato casello!. Scrosciata di risate fra un rombo e l’altro, e tutti collaborano. La mattina è limpida, dopo i temporali della notte; sembra che l’ambiente desideri rassicurare gli stanchi turisti che, nonostante sia trascorso un anno di fatiche lavorative e scolastiche, la montagna è stata sempre lì, paziente e fedele in attesa del loro bisogno di autenticità e di bellezza. Una parolaccia disturba il clima idilliaco della comitiva che sta attraversando un pascolo ad alta quota. Gigi, lo sai che non si dicono! sbotta sconsolata una mamma durante la passeggiata. Da qualche tempo Gigi butta lì, in modo del tutto nuovo e improprio, termini di cui neppure lui probabilmente conosce il significato. Da uomo a uomo, Gigi – gli fa osservare decisamente il papà -, mi sento così triste di avere un bambino in casa che ha la bocca così sporca! Guarda le cime lassù e la neve bianca che le ricopre. Tutto ci richiama al rispetto di questa natura: come puoi usare parolacce di fronte a questa meraviglia?. Gigi osserva stizzito, ma tace. Poi osserva in tono rispettoso, ma deciso: Però, papà… Anche a me non fa piacere quando tu in auto ti lasci scappare qualche parolaccia al solito semaforo rosso di piazza Garibaldi, o se qualcuno ti obbliga a frenare…. Per un attimo il padre si sente fremere, poi: Sì, anch’io posso sbagliare e non sono certo fiero di me stesso, quando mi capita. Però adesso siamo in due a pensarla allo stesso modo, quindi ci aiutiamo a controllare anche le nostre parole! E mi aspetto che tu lo faccia anche quando non siamo insieme, altrimenti che valore avrebbe questo nostro patto?. Il silenzio delle alte cime suggella quell’accordo, che trasferitosi in città conserverà quel profumo di pascoli e rododendri e la luminosità dell’aria che ora increspa il laghetto di alta quota. La coerenza dei genitori non va proprio mai in vacanza! pensa la mamma, aggiustandosi sulle spalle il più piccolino addormentato. Marco si sistema sul sedile posteriore ed allaccia la cintura di sicurezza. Mamma sa che la quiete durerà pochi minuti, ma sono in vacanza e le sembra più facile avere pazienza e tollerare l’eccessiva esuberanza del figlio. Sulla provinciale che porta alla spiaggia, il traffico è intenso e Marco comincia ad essere insofferente, nonostante si cerchi di coinvolgerlo in indovinelli e racconti. Ad un bivio, l’attenzione di mamma è attirata da una indicazione: ABBAZIA… 5 chilometri. Non conosce bene la zona, ma d’istinto segnala la manovra e sterza a destra. E il mare dov’è? chiede Marco, lanciando occhiate sospettose ai colli verdissimi che gli si parano davanti. Dall’altra parte, ma ci andiamo dopo, quando tutti ci saranno già arrivati e noi troveremo la strada liberissima! spiega la mamma. Dopo una curva, un monastero con una torre campanaria medioevale, imponente, si apre alla loro vista, severo e un po’ misterioso. Marco esclama entusiasta: Un castello!. Non è un castello, è un monastero, dove vivono dei monaci, che pregano e lavorano corregge la mamma. E non giocano proprio mai?. Sì, credo qualche volta, ma forse possiamo chiederlo a loro. Guarda in che guaio mi sono cacciata pensa la mamma. Ora sarà d’obbligo, per coerenza, dare spazio alla curiosità di Marco, ma in fondo la cosa non le dispiace affatto. Certo la giornata ha preso una piega completamente diversa! Marco arriva per primo in cima alla scalinata che porta nell’antica chiesa. Entra, ma il silenzio e la solennità dell’interno lo intimoriscono un po’ e gli fanno esclamare sottovoce: Grande! e basta. Un monaco sta percorrendo la navata centrale e Marco, prima che la mamma possa fermarlo, gli ha già chiesto: Mi racconti la storia del monastero? E tu quando giochi?. Il monaco sorride e spiega. Non sarebbe ancora orario di visita per i pellegrini, ma approfittando di una giornata tranquilla accompagna il bambino e la sua mamma in giro per l’abbazia. Così Marco seleziona alcune esperienze particolari: come si curano le api, come si restaura un libro antico, visitando il laboratorio, scorrazzando fra loggette, biblioteche e ampi chiostri verdi. Si annoia a morte durante la recita dei vespri… ma resiste. Ti sei divertito oggi al mare? chiede il papà durante la consueta telefonata serale. Sì, ho conosciuto i monaci, ho visto come si prende il miele dagli alveari. Papà, dobbiamo tornarci insieme all’abbazia, ti piacerà vedere quante piante profumate riescono a far crescere i monaci! Ci fanno pure le caramelle. E pregano cantando in un modo speciale. Devo farti anche conoscere il monaco Benedetto… Beh, in spiaggia ci andremo domani…. Mamma sorride, mentre al telefono spiega: Credimi, è stata la giornata più riposante da quando siamo al mare! Ti aspettiamo per tornarci assieme . Poi si volta e trattiene il respiro: Marco sta affondando un cucchiaio nel vaso di miele d’acacia appena portato a casa, con l’intenzione di trasferirlo su un esercito di fette di pane. Occasioni d’estate, basta fare silenzio e spazio per coglierle al volo e poi farsi accompagnare dal loro sapore, durante i mesi di lavoro.

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