Estate a Baden-Baden

Nella città tedesca famosa per le sue acque termali è ambientato un romanzo sull’uomo Dostoevskij: un appassionato monologo interiore che illumina gli abissi della condizione umana
Baden-Baden
Baden-Baden, questa città tedesca di oltre cinquantaquamila abitanti ai margini occidentali della Foresta Nera settentrionale, nella valle del fiume Oos, oggi è una nota stazione termale, meta di vacanze e centro di festival internazionali. Ma il suo periodo d’oro è stato nel 1800 e ai primi del ‘900, epoca in cui vi conveniva tutto il “bel mondo” di allora, attratto dalle sue cure idrominerali e dal suo casinò in stile neoclassico. E proprio la Baden-Baden del XIX secolo (che in quel tempo si chiamava soltanto Baden) offre spunto ad un itinerario di sapore letterario, grazie al romanzo di Leonid Cypkin Estate a Baden-Baden.

 

Una ventina di anni fa la scrittrice americana Susan Sontag, rovistando fra i libri usati di una bancarella in una via di Londra, si imbatteva in questo testo che non esitava ad annoverare tra i capolavori “segreti” della narrativa del Novecento.

Estate a Baden-Baden non era però opera di uno scrittore di professione. L’autore, infatti,
ebreo russo di Minsk, era un medico e ricercatore noto unicamente per il cospicuo numero di pubblicazioni scientifiche. Preso da una divorante passione per la letteratura, s’era tuttavia cimentato anche nella prosa e nella poesia, senza però poter vedere pubblicato nel proprio paese – a causa della censura e delle intimidazioni subite – il suo romanzo più ambizioso, la cui stesura aveva richiesto anni di preparazione.

Esso raggiunse clandestinamente gli Stati Uniti dove comparve in una rivista dell’emigrazione russa appena sette giorni dopo la morte dell’autore, nel marzo del 1982.

 

Ecco in breve la trama. Nell’ottobre 1866, Fëdor Dostoevskij, reduce dal successo di Delitto e castigo e costretto a scrivere un romanzo in un mese per liberarsi del contratto capestro con l’editore Stellovskij, assunse una giovanissima stenografa, Anna Grigor’evna Snitkina, di cui si innamorò. Con lei, divenuta nel frattempo sua moglie, intraprese l’anno seguente un lungo viaggio all’estero per sfuggire ai creditori. Ma nell’estate 1867 a Baden-Baden – proprio come il protagonista del Giocatore – perse tutto al celebre casinò, rischiando di perdere anche l’amore di Anna.

 

Leonid Cypkin narra la storia di quella estate fatale e – attraverso flashback e anticipazioni – dell’intera vita di Dostoevskij; intrecciandovi il racconto del proprio viaggio a Stalingrado, alla fine degli anni Settanta, per ritrovare la vecchia amica Gilja (testimone del Grande Terrore staliniano e dell’assedio della città) e visitare i luoghi toccati dal romanziere.

 

Originale e di straordinaria suggestione è il modo in cui Cypkin passa di continuo dalla narrazione autobiografica a quella della vita itinerante di Dostoevskij ed Anna: quello suo verso Leningrado è in realtà un viaggio nell’anima dei due infelici coniugi, un cercar di accedere alla loro interiorità con un prodigioso sforzo di empatia che ricorda quello compiuto dalla Yourcenar nei confronti dell’imperatore Adriano.

Difficilmente classificabile come romanzo (di libera invenzione? documentario?), Estate a Baden-Baden è principalmente un monologo interiore che fonde passato e presente, pensieri dell’autore, quelli di Dostoevskij e della moglie, eventi biografici e storici in una complessa rete di immagini, di idee, di visioni che illuminano gli abissi della condizione umana,

 

È la tragedia di un genio alle prese con l’umiliante quotidianità dovuta alle ristrettezze economiche e ai propri limiti umani; ed anche quella dell’ebreo russo Cypkin davanti ad un mistero: quello dell’inspiegabile avversione nutrita verso gli ebrei da parte dell’autore di Umiliati e offesi.

Stupende le pagine dedicate alla visita alla casa-museo di Leningrado in cui Dostoevskij morì e alla ricostruzione delle sue ultime ore: racconto «degno di Tolstoj – puntualizza Susan Sontag nella sua bellissima prefazione all’opera –. È attraverso il prisma dello straziante dolore di Anna che Cypkin ricrea le lunghe ore sul letto di morte di Dostoevskij, in questo libro sull’amore, l’amore coniugale e l’amore per la letteratura – due amori che non sono affatto collegati o paragonati, ma che vengono apprezzati per quel che sono, pervadendo il romanzo del loro fuoco».

 

Un libro sull’amore, dunque, scritto per amore: dalla cui lettura – conclude la Sontag – «si emerge purificati, scossi, fortificati, capaci di un respiro un po’ più profondo, e grati alla letteratura per ciò che può accogliere ed esemplificare. Leonid Cypkin non ha scritto un libro lungo. Ma ha fatto un grande viaggio». 

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