Estate a Baden-Baden

Dostoevskij, il gioco d’azzardo, l’amore coniugale e l’amore per la letteratura in un capolavoro riscoperto che prende le mosse dalla città tedesca famosa per le sue terme e il suo casinò
Casino di Baden-baden

La città di Baden- Baden – siamo nel Baden-Württemberg occidentale, nella valle del fiume Oos – si estende in parte sui margini occidentali della Foresta Nera settentrionale, in parte nel bassopiano renano superiore. Celebre stazione termale per le sue fonti d’acqua calda, sfruttate fin dall’epoca romana, alla fine del XVIII secolo venne scoperta come luogo di cura mondano soprattutto del ceto signorile e aristocratico, che affluendovi da tutta Europa ne fece la “capitale estiva” del Vecchio continente. Da allora la città si sviluppò prodigiosamente, riempiendosi di edifici e alberghi lussuosi, cui si aggiunsero impianti sportivi e – non poteva mancare! – un casinò, costruito alla fine del primo decennio del 1800 con tutto lo sfarzo immaginabile in un complesso che voleva riecheggiare lo stile dei castelli di Francia e attirare, come la lampada le falene, i patiti dell’azzardo.

Oggi ai giochi classici e alla roulette si sono aggiunti, con le slot machine e simili, gli ultimi ritrovati di cui Las Vegas è maestra per spillare soldi agli sprovveduti. Aperto fino a tarda notte tutti i giorni, tranne pochi all’anno in occasione di importanti festività religiose e civili, «come impegno per la pace» – così recita impudentemente una pubblicità –, il casinò di Baden-Baden ha un ruolo importante ne Il giocatore, romanzo in cui Dostoevskij analizza il gioco d’azzardo in tutte le sue forme con i diversi tipi di clienti, dai ricchi nobili europei, ai poveracci che si giocano tutti i loro averi, ai ladri tipici di questi luoghi. 

La vicenda di Dostoevskij, fra l’altro lui stesso giocatore perseguitato dalla sfortuna, viene descritta in un testo che la scrittrice americana Susan Sontag non ha esitato ad annoverare tra i capolavori “segreti” della narrativa del Novecento: Estate a Baden-Baden di Leonid Cypkin, edito in  Italia da Rizzoli. L’autore, ebreo russo di Minsk, non era però uno scrittore di professione.  Medico e ricercatore noto unicamente per il cospicuo numero di pubblicazioni scientifiche, preso da una divorante passione per la letteratura, s’era tuttavia cimentato anche nella prosa e nella poesia, senza però poter vedere pubblicato nel proprio Paese – a causa della censura e delle intimidazioni subite – questo romanzo ambizioso, la cui stesura aveva richiesto anni di preparazione. Esso raggiunse clandestinamente gli Stati Uniti dove comparve in una rivista dell’emigrazione russa appena sette giorni dopo la morte dell’autore, nel marzo del 1982.

Ecco in breve la trama. Nell’ottobre 1866, Fëdor Michajlovič Dostoevskij, reduce dal successo di Delitto e castigo e costretto a scrivere un romanzo in un mese per liberarsi dal contratto capestro con l’editore Stellovskij, assunse una giovanissima stenografa. Annas Grigor’evna Snitkina, di cui si innamorò. Con lei, una volta divenuta sua moglie, intraprese l’anno seguente un lungo viaggio all’estero per sfuggire ai creditori. Ma nell’estate 1867 a Baden-Baden – proprio come il protagonista de Il giocatoreperse tutto al celebre casinò, rischiando di perdere anche l’amore di Anna.

Leonid Cypkin narra la storia di quella estate fatale e – attraverso flashback e anticipazioni – dell’intera vita di Dostoevskij, intrecciandovi il racconto del proprio viaggio a Stalingrado, alla fine degli anni Settanta, per ritrovare la vecchia amica Gilja (testimone del Grande Terrore staliniano e dell’assedio della città) e visitare i luoghi toccati dal romanziere.

Originale e di straordinaria suggestione è il modo in cui Cypkin passa di continuo dalla narrazione autobiografica a quella della vita itinerante di Dostoevskij ed Anna: il suo, verso Leningrado, è in realtà un viaggio dell’anima dei due infelici coniugi, un cercar di accedere alla loro interiorità con un prodigioso sforzo di empatia che ricorda quello compiuto dalla Yourcenar nei confronti dell’imperatore Adriano.

Difficilmente classificabile come romanzo (di libera invenzione? documentario?), Estate a Baden-Baden è principalmente un monologo interiore che fonde passato e presente, pensieri dell’autore, quelli di Dostoevskij e della moglie, eventi biografici e storici in una complessa rete di immagini, di idee, di visioni che illuminano gli abissi della condizione umana.

È la tragedia di un genio alle prese con l’umiliante quotidianità dovuta alle ristrettezze economiche e ai propri limiti umani (compresa l’epilessia); ed anche quella dell’ebreo russo Cypkin davanti ad un mistero: quello dell’inspiegabile avversione nutrita verso gli ebrei da parte dell’autore di Umiliati e offesi.

Stupende le pagine dedicate alla visita alla casa-museo di Leningrado in cui Dostoevskij morì e alla ricostruzione delle sue ultime ore: racconto «degno di Tolstoj – puntualizza Susan Sontag nella sua bellissima prefazione all’opera –. È attraverso il prisma dello straziante dolore di Anna che Cypkin ricrea le lunghe ore sul letto di morte di Dostoevskij, in questo libro sull’amore, l’amore coniugale e l’amore per la letteratura – due amori che non sono affatto collegati o paragonati, ma che vengono apprezzati per quel che sono, pervadendo il romanzo del loro fuoco».

Un libro sull’amore, dunque, scritto per amore: dalla cui lettura – conclude la Sontag – «si emerge purificati, scossi, fortificati, capaci di un respiro un po’ più profondo, e grati alla letteratura per ciò che può accogliere ed esemplificare. Leonid  Cypkin non ha scritto un libro lungo. Ma ha fatto un grande viaggio».

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