“Essere tua Parola”
“Siamo nati col Vangelo in mano”, racconta Chiara ricordando i primi tempi dell’Ideale.
Lei e le sue prime compagne avevano sempre con sé il libretto del Vangelo. Lo portavano nei rifugi, lo leggevano con amore e con passione.
“Quelle parole – scrive Chiara – balzavano agli occhi della nostra anima con una luminosità insolita… [Il Vangelo] offriva realmente parole di vita, da potersi tradurre in vita”.
Chiara, donna del Vangelo! Così mi è apparsa, sempre più, nella frequentazione, ormai da quarant’anni, dei suoi scritti e più ancora della sua persona. Per questo ho pensato utile, negli ultimi giorni della sua vita terrena, proporre una breve antologia di testi suoi sulla Parola.
Tra gli innumerevoli scritti che Chiara ha dedicato alla Sacra Scrittura ho scelto, come primo testo, una sua confidenza, che ho intitolato “L’anelito”:
“È tensione della mia vita vivere sempre la Parola, essere la Parola, la Parola di Dio. L’amo tanto che desidererei arrivare al punto che, se mi chiedessero: ‘Ma tu, chi sei?’, vorrei rispondere: ‘Parola di Dio’”.
Non soltanto appassionarsi della Parola di Dio, leggerla con amore, custodirla in cuore in vigile meditazione, tradurla in pratica, ma lasciarsi vivere da essa, fino a venire trasformati nella Parola di Dio, fino a diventare un altro Cristo, verbo nel Verbo.
Un’esperienza nuova
“Tutto il nostro impegno – racconta Chiara, narrando gli inizi della sua esperienza evangelica – consisteva nel vivere la Parola. La Parola di Dio entrava profondamente in noi tanto da cambiare la nostra mentalità… E in noi provocava una rievangelizzazione”.
Lei e le sue prime compagne erano coscienti che questo contatto costante con la Parola di Dio costituiva come una rivoluzione rispetto alla mentalità comune anche cristiana.
“La parola di Dio tutt’al più si meditava – scrive ancora Chiara –, si penetrava con la mente, se ne traeva qualche considerazione e, se si era ferventi, qualche proposito”.
Ora invece la si applicava a tutte le circostanze della vita. E lei stessa vedeva, in questo radicale cambiamento di atteggiamento nei confronti della Parola, una particolare azione dello Spirito Santo.
Era una esperienza nuova rispetto a come si viveva abitualmente nell’ambito cattolico, specialmente tra i laici. E laiche erano Chiara e le sue compagne. Nuova al punto che alcuni, vedendole così familiari con la Parola di Dio, le dicevano protestanti.
Nell’esperienza di Chiara e delle sue prime compagne, le Scritture tornavano ad essere nuovamente accessibili a tutti:
“Noi, le nostre compagne, i bianchi, i neri, l’uomo di due secoli fa, quello del duemila, la mamma e il deputato, il contadino e il carcerato, il bimbo e il nonno: ogni uomo venuto al mondo avrebbe potuto vivere la parola di Dio, ogni parola di Dio”.
È la “democratizzazione” della spiritualità, la traduzione pratica di quella universale vocazione alla santità proclamata dal Vaticano II.
È la scoperta della “laicità” della parola di Dio, la scoperta cioè che la santità non è riservata ai vergini, ai monaci e ai vescovi, ma è aperta a tutti, piccoli e grandi, sposati o meno, e questo nel vivere semplicemente le occupazioni ordinarie della giornata con i suoi problemi, gioie e dolori.
In ogni Parola è tutto il Verbo e nel Verbo ogni Parola
Ma perché, possiamo chiederci, Chiara, in continuità con la più profonda tradizione cristiana, è stata concentrata sulla Parola fino a voler essere soltanto Parola?
Entriamo qui nel mistero profondo della Parola di Dio.
Chiara ha sottolineato con particolare forza la centralità della Parola, perché consapevole del realismo della presenza di Cristo in essa:
“Ogni Parola… – afferma – è Parola di Dio”.
E ancora:
“ogni Parola è tutto il Verbo”;
“in ogni Parola è tutta la Parola come nella Parola è ogni Parola”;
“in ogni sua Parola” vi è “l’Unità: è tutto Dio: Amore e Verità. Ogni Parola di vita è Gesù”.
La Parola è “l’Amore Vero e il Vero Amore”, è “l’Ideale”: è Gesù stesso.
Queste espressioni, nella loro chiarezza ed assolutezza, sono una limpida e profonda professione di fede.
Alla luce di questa comprensione teologica della Parola di Dio, si comprende il senso di un’esperienza tutta particolare vissuta da Chiara agli inizi dell’estate del ’49.
“Vivendo una Parola e poi un’altra e un’altra ancora – racconta –, avevamo costatato come, mettendo in pratica qualsiasi Parola di Dio, gli effetti alla fine erano identici”.
Lei stessa ne spiega il motivo:
“Il fatto è che ogni Parola, pur essendo espressa in termini umani e diversi, è Parola di Dio. Ma siccome Dio è Amore, ogni Parola è carità. Crediamo d’aver in quel tempo scoperto sotto ogni Parola la carità. E, quando una di queste Parole cadeva nella nostra anima, ci sembrava che si trasformasse in fuoco, in fiamme, si trasformasse in amore. Si poteva affermare che la nostra vita interiore era tutta amore”.
Accogliere e vivere la Parola fa essere altrettante parole vive perché è accogliere Dio stesso che in essa si comunica; è vivere della sua vita: fa essere Amore, come Dio è Amore.
Vivere la Parola per essere la Parola
Quale dunque l’atteggiamento davanti a Dio che parla e si dona?
Per instaurare un autentico dialogo con Dio occorra vivere la Parola, essere la Parola.
Per Chiara si tratta non soltanto di studiare, di meditare, di pregare la Scrittura, ma più ancora di metterla in pratica, di tradurla in vita, in piena coerenza con l’insegnamento evangelico secondo cui il buon ascoltatore della Parola è colui che la mette in pratica (Mt 7, 24).
La Parola è come un cibo che alimenta la vita che Dio ha generato per suo mezzo.
“Ci si nutriva di essa tutti gli istanti della nostra vita – scrive ancora Chiara parlando dell’esperienza da lei vissuta agli inizi del Movimento -. Ecco: come il corpo respira per vivere, così l’anima per vivere viveva la parola”.
Se la Parola viene accolta fa, di quanti la vivono, un altro Cristo; opera una autentica trasformazione in Cristo.
“Egli [Cristo? comunica Sé (che è Parola) all’Anima mia”, spiega Chiara richiamando l’esperienza del rapporto con la Parola.
Grazie a questo rapporto, continua, “io sono una con Lui!”.
La conseguenza è che “nasce Cristo in me”.
“Quando una di queste Parole cadeva nella nostra anima, ci sembrava che si trasformasse in fuoco, in fiamme, si trasformasse in amore. Si poteva affermare che la nostra vita interiore era tutta amore”.
Cristo nasceva non soltanto nella singola anima, ma nella comunità.
La Parola generava l’unità, la Chiesa.
L’intensità di questo rapporto trova la sua massima espressione nel riferimento all’amore e all’unione sponsali.
Chiara comprende che c’è un modo sicuro per essere sposa del Verbo ed attrarlo a sé:
“… vivendo la Parola L’avrei amato come Sposa e Lui sarebbe stato me… Vivendo ogni attimo la Parola”.
Vivere la Parola è come dare un bacio allo Sposo – spiega ancora Chiara -, perché
“da Bocca a bocca passa la Parola; Egli comunica Sé (che è Parola) all’Anima mia. Ed io sono una con Lui! E nasce Cristo in me (cf. Ct 1,1)”.
Allora “ogni attimo che vivo la Parola è un bacio sulla Bocca di Gesù, quella Bocca che disse soltanto Parole di vita”.
Ne nasce un solo desiderio: “amarLo intensamente = esser la Parola”, “abbracciare la Parola… Tutta la mia vita deve essere soltanto un rapporto d’amore con lo Sposo mio”.
Diventare la parola pronunciata da Dio
Chiara indica anche l’esito finale a cui conduce il vivere la Parola e l’itinerario spirituale da essa generato: ci porta là dove già eravamo, ci fa essere ciò che Dio già ci ha fatti.
Si svela così agli occhi dell’anima la realtà più profonda della nostra persona: quella di essere una “parola” che Dio nel suo amore ha pronunciato da sempre.
“Io (l’Idea di me) – spiega Chiara – è ab aeterno nella Mente di Dio, nel Verbo… Sono Lassù quella Parola di Dio che Dio ab aeterno ha pronunciato”.
Poi approfondisce in senso cristologico:
“E vedo come ab aeterno era il mio essere nell’Essere e l’idea di me (Parola di Dio) nel Verbo, la mia vita nella Vita. E Dio mi pronunciò da Sé, come pronunciò ab aeterno il Figlio suo, perché vedendomi in Sé mi amò e mi chiede vita plasmandomi di Spirito Santo”.
La realtà più profonda di ognuno di noi, la nostra più intima natura è proprio quella di essere “parola” nella Parola, dall’eternità: siamo stati pensati nell’atto generativo del Verbo e in lui abbiamo la nostra consistenza. Siamo nel Verbo e portiamo in noi tutto il Verbo.
La conseguenza del pieno adeguamento al progetto di Dio su ognuno di noi va al di là di ogni immaginazione e produce ciò a cui tende ogni mistica cristiana: l’intimità con Dio, senza veli.
“Noi – spiega Chiara con estrema arditezza e perfetta ortodossia – siamo in Dio più intimi di Dio a Se stesso perché siamo ognuno Parola di Dio, una Parola di Dio e, come una Parola sta nella Parola, così noi siamo tanto in Dio da essere l’intimo di Dio.
Egli ci ha visti, ci vede e ci vedrà nel Verbo, nel cuore del Verbo, nell’intimo quindi della Trinità”.
Contemplando le ampiezze di questo orizzonte appare evidente il valore inestimabile e l’unicità di ogni persona, così come la sua essenziale e insostituibile irripetibilità.
“Ognuno di noi – scrive Chiara – è insostituibile nel nostro posto. Fummo chiamati da Dio ad essere Lui… ad essere quindi Parole di vita vive”.
Si comprende ora con maggiore profondità come chi vive la parola rimane in eterno, essendo fatto partecipe della realtà eterna della Parola: “I cieli e la terra passeranno, le mie parole non passeranno” (Mt 24, 35).
Solo la Parola non passa ed è vera per l’eternità.
“Rimane la Parola che è il Verbo di Dio che è Dio e rimane tutto il nulla perduto nella Parola”.
Così “noi in Cielo saremo solo Parola di Dio”.