Essere popolo (Evangelii Gaudium 268-174)

Pensare a una comunità a misura dell'amore per la persona. Papa Francesco e la sua capacità di stare in mezzo agli uomini, stimolo per credenti e non credenti
non credenti

(Evangelii gaudium 268-274)

«Chi sei tu che mi tenti con i miei stessi desideri?», chiede l’arcivescovo di Canterbury prima di essere ucciso dai sicari del re nel dramma di Elliot Assassinio nella cattedrale. Questa domanda è l’espressione del rifiuto alla tentazione della “santità”del prelato ormai consapevole del prossimo martirio, avendo superato con distacco tutte le altre possibili vanità della vita.

Leggendo le parole di papa Francesco non ho potuto far a meno (pur in un contesto diverso, direi opposto) di ricordare che se mai ho pensato una comunità a misura dell’amore per l’uomo (i desideri personali appunto), Francesco ce ne offre un’ottima tentazione e una chiara prefigurazione, non perché deve essere così nell’obbligo noioso e triste dei precetti, ma perché è cosi nella gioia dell’esistenza con tutti gli altri (il popolo degli uomini che poi può anche essere il popolo di Dio).

Quest’uomo non si gloria dello splendore anche umano della Parola, né si compiace del fascino del messaggio, ma ne attinge i profondi e radicali significati nella gioia che il testo provoca nella vita dei lettori “felicemente desideranti” (da cui l’appropriato titolo della lettera).

Speriamo di poter dialogare a lungo con un uomo così profondo e gioioso, che non rinuncia alle sue mansioni; un uomo di certa fede nel suo maestro, ma proprio per questo ricco dell’esperienza, del “gusto” non di “stare sopra”, ma di “essere con” il popolo, a partire dai minimi.

Piero Taiti

medico, non credente

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