Essere madri e non zitelle
Il messaggio di papa Francesco a noi religiose si articola in tre punti chiari e concreti: la centralità di Cristo, l’autorità come servizio, il sentirsi Chiesa. Anzi, di più: essere madri nella Chiesa e della Chiesa. In effetti, quella che è stata percepita dai media come una battuta simpatica, e cioè ‘siate madri’ (e non zitelle), è in realtà una visione di Chiesa.
Il grande teologo del Novecento, Von Balthasar, ci ha insegnato a leggere la storia e la vita della Chiesa come una dialettica tra due principi: il principio Mariano, o carismatico, che fa riferimento alla dimensione orizzontale, fraterna, carismatica, e il principio Petrino, o istituzionale, che si riferisce alla gerarchia, alla dimensione verticale, giuridica e oggettiva della Chiesa. Balthasar afferma che la Chiesa non può essere colta nella sua interezza se la si guarda solo a partire da uno dei due principi, che sono tra loro in un rapporto complementare. La Chiesa non è solo istituzione, ma la Chiesa non è neanche solo carismi.
Quando il papa ci chiede di essere icone di Maria e della Chiesa ci sta chiedendo, quindi, di far splendere il principio carismatico, la cui espressione più bella è quella di Maria alle nozze di Cana, che si accorge che "non hanno più vino", e si adopera perché il vino arrivi sulla mensa, in qualche modo quasi obbligando il figlio a fare il suo primo miracolo.
Il principio carismatico è relativo quindi alla dimensione femminile, con il primato della vita sulla legge: per esempio le levatrici egiziane non obbediscono al comando del faraone, perché la vita viene prima della legge. L’essere madri, e il generare e rigenerare la vita, non è solo poesia, è esserci laddove i diritti sono calpestati, dove ci sono sofferenze, dove bisogna portare avanti battaglie di civiltà, non dimenticando mai che è da Cristo, colui che si fa servo fino al dono totale di sé, che traiamo la nostra forza e l’esempio.
Il papa conclude il suo messaggio chiedendoci di essere anche icona della Santa Madre Chiesa gerarchica. Qui si apre un’interpretazione un po’ ardita, sempre riferita a Balthasar. Egli, pur affermando la complementarietà dei due principi, vede il principio mariano, per il binomio inseparabile Maria-Chiesa, come omnicomprensivo di tutti gli altri principi, compreso quello petrino (sebbene, come tutti gli altri, nascente dal primato di Cristo), e quindi in un certo senso fondante anche del principio petrino.
Un concetto espresso da Balthasar accostando il principio mariano al femminile (sebbene necessariamente letto con le categorie culturali del tempo in cui il teologo svizzero visse e scrisse): «L’elemento mariano governa nascostamente la Chiesa, come la donna nel focolare domestico» (1972, p. 129); e senza di esso: «La Chiesa diventa funzionalistica, senz’anima, una fabbrica febbrile incapace di sosta, dispersa in rumorosi progetti. E poiché in questo mondo dominato da uomini si succedono in continuazione nuove ideologie che si soppiantano a vicenda, tutto diventa polemico, critico, aspro, piatto e infine noioso, mentre la gente si allontana in massa da una Chiesa di questo genere» (Ib., p. 131).