Essere legali nella terra dei fuochi

A Caserta 500 giovani dei Focolari aprono un cantiere di cinque giorni con Libera, Fare ambiente e varie associazioni locali su terreni confiscati alla camorra. «Vogliamo testimoniare una legalità organizzata non fatta di singoli eroi ma di un popolo che vuole cambiare»
Meeting Legalità dei giovani dei Focolari a Caserta

Valentina, di Napoli, studia il berbero e si occupa di teatro. Stefano invece ha scelto matematica a Roma: da settembre si trasferirà a Milano per imparare il mestiere del liutaio. Samoeul è tunisino, parla poco l’italiano, ma i suoi occhi attenti fotografano ogni particolare di questi 500 giovani che da tutta Italia sono arrivati a Caserta per il meeting Legalità.

Si scoprono compagni di viaggio alla scoperta di una realtà conosciuta più dai media, o talvolta ignorata, perché troppo distante dal loro quotidiano. Nel Dna di questa manifestazione «non c’è un lottare contro – precisa immediatamente Francesca di Milano – ma un essere con», essere con chi in queste terre deturpate dalla camorra ogni giorno prova a strappare al malaffare, ai reati contro l’ambiente e la salute, un pezzetto di normalità.

«Vogliamo un Paese normale, vogliamo essere un territorio normale e gente normale», ripetono a più riprese dal parterre del Palavignola, un palazzetto di basket nella moderna periferia casertana che ospiterà fino al 2 agosto questa varietà giovane, di vissuti e di culture che mescolano alla musica e all’entusiasmo degli under 25 il lavoro sui campi confiscati alla criminalità e gli incontri con testimoni di questo percorso di rinascita e di riscatto.

Il battesimo della manifestazione è stato a Teano, in un pescheto che il 12 luglio scorso alcuni criminali hanno violato tagliando parti degli impianti di irrigazione e scuotendo vari filari di alberi per impedire la raccolta dei frutti. I giovani, armati di guanti da giardino e di alcune ceste, raccolgono le pesche che hanno resistito e le caricano su un furgone. Sono concentrati e allegri: è una novità questo lavoro nei campi, per loro che solcano più le pagine dei libri o i file. Qui ogni frutto ha il gusto della resistenza e della solidarietà, perché i sei giovani di questa cooperativa "Terre di don Peppe Diana" stanno rischiando non solo un’attività produttiva, ma anche la loro vita, nel contrapporsi al clan locale che a più riprese gli ha consigliato di lasciar perdere.

Dopo il lavoro li attende un’audizione pubblica con la commissione regionale anticamorra che da circa tre anni ha scelto con dei meeting itineranti di incontrare la gente e i pubblici amministratori nelle piazze della Campania o sui beni confiscati per far conoscere il loro lavoro, ma soprattutto per ascoltare chi denuncia, chi è ancora diffidente, chi per la prima volta si ferma a capire cosa comporta essere assoggettati ad uno Stato parallelo e sanguinario che accanto alle armi usa i veleni per uccidere gente innocente.

Perché qui la tragedia della contaminazione dei terreni è ben più grave di quei cumuli di spazzatura in strada che qualche anno fa hanno indignato l’opinione pubblica e hanno fatto gridare all’emergenza. Don Maurizio Patriciello, parroco a Caiavano, ha celebrato troppi funerali e ha chiuso gli occhi di tanti nel suo paese, assassinati dai tumori provocati dalla contaminazione del suolo.

«Si bruciava continuamente nelle campagne attorno al paese, un fumo nero ci avvolgeva a tutte le ore e il puzzo era insopportabile – racconta –. Eravamo la terra dei fuochi, quella in cui si incenerivano i rifiuti tossici che le aziende campane si impegnavano a trattare, ma poiché nella nostra regione non esistono impianti di trattamento, la soluzione era bruciare o interrare». «Io non sono un prete anticamorra, voglio solo seguire Gesù – continua commosso –. Lui mi ripete una nuova beatitudine, coniata per la mia gente: “Avevo il cancro e tu non hai fatto niente”».

E invece don Maurizio non è rimasto con le mani in mano: ha raccolto migliaia di firme ed è stato invitato al Parlamento europeo. Dopo la sua testimonianza sono arrivati commissari dell’Ue che hanno aperto varie procedure contro l’Italia per la cattiva gestione dello smaltimento. Questo prete appassionato è uno dei testimoni che i giovani dei Focolari hanno invitato per il pomeriggio "Legalità e ambiente". Al suo fianco anche Enrico Fontana, curatore da vent’anni del rapporto Ecomafie, autore tra l’altro di questo neologismo che definisce i reati contro l’ambiente. «La denucnia è un atto d’amore verso queste terre – spiega –. Si reagisce alla criminalità con la conoscenza e con il coraggio, ma anche con uno stile di vita diverso che limita i consumi, che incoraggia le imprese pulite e che chiede alla politica di fare la propria parte. Bisogna essere testimoni sempre».

Infine Antonio Marfella, oncologo che con dati alla mano dichiara che l’aspettativa di vita per chi nasce in questa terra è inferiore di due anni rispetto al resto d’Italia. E punta il dito contro i rifiuti industriali e un sistema di tracciabilità dello smaltimento ancora troppo fragile e incerto che rende la camorra quasi un benefattore per chi non sa come disfarsi di scarti pericolosi.

Stamani si torna nei campi con maggiore consapevolezza: oggi tocca ripulire una scuola, un parco, le catacombe di san Gennaro. E nel pomeriggio si metterà il dito in un’altra piaga: l’immigrazione e lo sfruttamento. 

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