Vivere, connessi, per un Mondo Unito

Un gruppo di amici di vecchia data si ritrova in chat, lo spirito vissuto quarant’anni fa - quando erano Gen, Giovani dei Focolari - non era sopito, ma arricchito dalle diverse scelte.

Quest’anno tra le tracce dell’esame di Stato per la prova di italiano vi era anche questa: «Vivere in un mondo iperconnesso comporta che ogni persona abbia, di fatto, una specie di identità aumentata: occorre imparare a gestirsi non solo nella vita reale, ma anche in quella virtuale, senza soluzione di continuità. In presenza di un’auto percezione non perfettamente delineata, o magari di un’autostima traballante, stare in rete può diventare un vero problema: le notizie negative, gli insulti e così via colpiranno ancora più nell’intimo, tanto più spaventosi quanto più percepiti (a ragione) come indelebili. Nonostante questo, la soluzione non è per forza stare fuori dai social network. […] Ognuno di noi ha la libertà di narrare di sé solo ciò che sceglie. Non occorre condividere tutto, e non occorre condividere troppo. […]

Come l’avrebbero svolta i 244 appartenenti alla chat Gen (Giovani dei Focolari) di Napoli e Bari? Tutti orgogliosamente oversessanta e che dal novembre 2019 hanno iniziato un’avventura che è bene ripercorrere con alcune note a margine.

Allora, iniziamo col dire che il Movimento Gen è la seconda generazione del Movimento dei Focolari, nacque nel 1967 ed aprì le sue porte, alla vigilia dei moti del ’68, a un numeroso manipolo di giovani a quella che si sarebbe caratterizzata come la Rivoluzione Arcobaleno, cui Chiara Lubich, fondatrice del Movimento, consegnò la bandiera che conteneva i capisaldi del carisma dei Focolari: Unità e Gesù Abbandonato.

Per chi desiderasse approfondire la sua storia e la sua evoluzione si rimanda al libro di Franz Coriasco «Generazione nuova. La storia del movimento Gen raccontata da un testimone» edito da Città Nuova editrice. La seconda nota a margine è che il Movimento dei Focolari tra gli anni ‘60 e ‘90 era strutturato per zone geografiche. In Italia ve ne erano circa sei, tra cui quella che comprendeva i territori tra Campania, Basilicata e Puglia con centri “direzionali” a Napoli e Bari. Ecco spiegato il nome della chat.

Bisogna al tempo stesso allargare l’orizzonte perché Napoli e Bari e le Regioni citate sono un riferimento di nascita, di residenza o studio, ma oggi, i 244 “Gen”, sono disseminati in ognidove. Tanti sono rimasti in quei territori, ma tanti sono sparsi in tutta l’Italia: dalla Sicilia al Trentino, e qualcuno negli Stati Uniti, Canada, India, Messico, Cile.

Tornando al tema e analizzando alcune espressioni della traccia, degli appartenenti alla chat alcuni sono connessi e tanti poco connessi; quindi, non credo ci sia pericolo né di iperconnessione né di identità aumenta, bensì di una identità precisa e delineata: quella di vivere e aspirare al Mondo Unito.

Così come stare in rete non diventa un problema perché, seppur di fronte a notizie negative, ed anche reciproche difficoltà o dolori, non vi sono mai insulti che colpiscono nell’intimo e vi è un’autostima nutrita dallo stare insieme e, soprattutto, in sintonia con la conclusione della traccia: ognuno ha la libertà di narrare di sé solo ciò che sceglie, e, aggiungo, che sia di gradimento all’altro almeno come tensione. Fin qui lo svolgimento del tema.

Poi continuiamo col dire che tra i primi “atti” della chat, nel periodo del famoso lockdown, un leit motiv erano le impressioni legate alle omelie che papa Francesco faceva alla messa da Santa Marta, e che meritoriamente la Rai trasmetteva quotidianamente, tanto che nacque l’idea di scrivere una lettera al Papa. Venne elaborato un testo condiviso e corretto da tante mani, allora eravamo “solo” 157 con l’elenco meticoloso di tutti gli appartenenti. Chi ebbe il compito di scriverli, ogni tanto ne dimenticava qualcuno, e allora dalla chat si alzavano “urla” per richiamare alla memoria chi era stato lasciato fuori.

Inviamo la lettera al pontefice il 26 novembre 2020 e con stupore e meraviglia il 28 novembre ricevemmo un biglietto autografo del papa che diceva: «Ringrazio tutti i 157 per la Carità con cui mi hanno scritto e che continuino a pregare per me e io prego per loro. Fraternamente Francesco». Come inizio di vita della chat non c’è male!

Ovviamente la vita è andata avanti e dai 157, ben presto, anche grazie al passaparola, siamo arrivati al numero massimo concedibile ad una chat: 245.

Nel lungo periodo in cui imperavano i collegamenti via Zoom, vi furono diverse occasioni di “vedersi” per alcuni webinar a tema: la pace, la politica, le dinamiche relazionali, ecc. Oppure, per ricordare coloro che hanno vissuto con noi e sono scomparsi.
Tutta questa vita, nonostante la fisiologica diminuzione dello scambio di messaggi, ridotto ma mai scomparso, ha portato nei giorni 25 e 26 giugno scorsi, 60 persone in presenza al Centro Mariapoli di Castelgandolfo e altrettanti in Zoom, che si sono ritrovati per continuare l’avventura. All’inizio sono state proiettate diverse foto degli anni ’70 di quelle persone che, oggi, in presenza avevano i segni tangibili del tempo trascorso (rughe, capelli bianchi e acciacchi) e che comunque papa Francesco elogia e di parla come di tempo benedetto!

Tanti dei partecipanti alla chat oggi vivono quell’impegno in maniera diversa e non necessariamente all’interno del Movimento dei Focolari, condizione non proprio fondamentale per essere “sorelle” e “fratelli”. Ovviamente immancabile il desiderio di rivedere il video in cui Chiara Lubich “fondava” il movimento Gen. Infatti, l’amicizia con la fondatrice e il suo Carisma, unitamente ai tanti motti, sono invece la vera ragione dello stare insieme.

Questo ha spinto molti a visitare, nella vicina Rocca di Papa, la tomba e la casa di Chiara. Probabilmente momento clou è stato il pomeriggio con lo scambio di alcune storie ed esperienze condite anche di critiche o fallimenti di questi 50 anni di storia personale e collettiva.

A sorpresa nel momento delle esperienze si è collegata anche la presidente del Movimento dei Focolari Margaret Karram che alla fine del programma ha salutato così i partecipanti: «Veramente vi ringrazio di cuore. Si vede che dietro a tutto questo c’è un grande amore, indipendentemente da chi fa parte o meno del Movimento. Mi sento della vostra stessa generazione Gen, perché abbiamo conosciuto questo spirito negli stessi anni e in tutti noi c’è il desiderio di donare il carisma ricevuto da Chiara alle nuove generazioni che sono state e che verranno: una grande responsabilità. Mi avete dato una grandissima gioia. Nei giorni scorsi sono tornata da Istanbul dove ho incontrato il Patriarca Bartolomeo per la prima volta. È stato un momento speciale e sono tornata con un rinnovato impegno per l’unità. Mi è tornato il desiderio che da almeno un anno sento in cuore: vivere senza frontiere. Ci sono tante realtà che hanno frontiere, ma anche ciascuno di noi ha tante frontiere che ci bloccano. E allora ho chiesto a Gesù di avere questa grazia. E mi sono ricordata le parole di una canzone del Gen Rosso (Genfest 1975) che dice: “Se il nostro cuore avesse frontiere sarebbe un canto senza note, sarebbe un fuoco senza fiamma, sarebbe un cielo senza stelle, sarebbe inverno senza estate o morte senza risurrezione. Ma il nostro cuore non ha frontiere…”.

Sentendo le vostre esperienze – ha aggiunto Karram – ho capito che voi non avete frontiere. Anche se qualcuno ha lasciato il Movimento, questi cuori non hanno frontiere e questa voglia di unità io l’ho sperimentata questo pomeriggio. Perciò veramente vi ringrazio tantissimo. Speriamo, la prossima volta, di vederci di persona. Ieri ho partecipato alla messa del papa per il X Incontro mondiale delle famiglie. Voglio leggervi uno stralcio del testo del mandato missionario che il papa ha letto: “Agite come se tutto dipendesse da voi, sapendo che tutto va affidato a Dio. Siate voi a ‘cucire’ il tessuto della società e di una Chiesa sinodale, che crea relazioni, moltiplicando l’amore e la vita. (…) Non abbiate paura di quel che il Signore vi chiede (e io ho sentito che voi non avete paura). (…) Apritevi a Cristo (…). Siate il seme di un mondo più fraterno”. È un augurio che io mi impegno a vivere con voi. Grazie».

Il lungo applauso seguito al suo intervento manifestava la gioia di una inattesa sorpresa e di un nuovo patto per il futuro. Nonostante fosse difficile lasciarsi, bisognava partire: c’era chi doveva arrivare a Genova, a Torino, Matera, Taranto, Milazzo. Ma nel cuore di ciascuno rimaneva il sapore di una Storia che ha intriso la vita di tanti, e tutti hanno il desiderio di renderlo attuale nei giorni di oggi, con i capelli bianchi, le rughe e gli acciacchi.

Nessuno, né prima né in questi giorni, ha mai voluto usare la parola nostalgia, anzi, tutt’altro. Probabilmente, se è concesso questo paragone sportivo: tornare indietro per prendere una rincorsa più ampia e “volare” ancora più in alto. Questa la sensazione avuta, ma anche la profonda gioia di capire che i rapporti e l’amore costruito sono un tesoro da “esibire” e trafficare per connettersi.

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