Essenzialità e condivisione: una via d’uscita dalla crisi?

A Milano si discute sul ruolo delle relazioni e della condivisione in tempi di default economico e finanziario. Segnali di novità per l'Italia proposti dai Focolari
Convegno a Milano su Economia e condivisione

Quali le possibili vie d’uscita dall’attuale crisi che ha investito l’economia non solo del vecchio continente, ma del mondo intero, lasciando fuori ben pochi Paesi? Come reagire e su cosa puntare per riemergere? Di questi argomenti si è riflettuto a Milano nel corso di un convegno, proposto dal Movimento dei focolari dal titolo “Essenzialità e condivisione: una via d’uscita dalla crisi?”. Un'occasione di riflessione e di progettualità non solo per Milano ma per l'intero paese, collegato a quel progetto di nuovo impegno per l'Italia che i Focolari hanno lanciato a metà febbraio.
 
Davanti a oltre duemila persone, tra cui molti imprenditori e professionisti, sono intervenuti in una tavola rotonda i professori Porta e Bruni dell’università Bicocca, Magatti dell’università Cattolica. A corredo, un insieme di testimonianze di giovani, di famiglie, di imprenditori, che hanno raccontato come questo momento di ristrettezza economica sia per loro un’opportunità nuova di crescita, di maggiore condivisione, di apertura verso gli altri. Un’occasione d’oro questa, secondo il professor Porta, secondo il quale «questa è una crisi soprattutto morale. Per cui  riscoprire l’etica del sacrificio è riscoprire l’etica del dare: do qualcosa di mio, mi privo perché un altro ne possa beneficiare e con lui condivido».

Il professor Magatti ha citato papa Benedetto XVI: «La crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando in ultima analisi si fonda sulla crisi etica; nell’Europa manca spesso la forza motivante, capace di indurre il singolo e i grandi sociali a rinunce e sacrifici». L’economia senza lo spirito non sta in piedi, c’è necessità di dare spazio alla trascendenza, alla domanda di senso del nostro esistere. Manca nel nostro agire – secondo il professor Magatti – la sobrietà, la capacità di utilizzare i mezzi per dei fini precisi. Riscoprire il senso della parola sacrificio, cioè fare sacro qualcosa: «L’Occidente sembra ormai incapace di fare sacro nulla».

Nei tempi di crisi, secondo il professor Bruni, sono essenziali i carismi: anticamente lo è stato il monachesimo, fino ai carismi sociali dell’Ottocento. Oggi è la stessa cosa. La crisi è sempre un’opportunità perché vengano in luce i nuovi carismi, quelli di oggi che aiutano a vedere al di là del guado. «Un carisma non è mai un’utopia, è un già che indica un non ancora». Perché lo specifico dei carismi sono i rapporti, mentre la gente non sa più rapportarsi tra pari. Anche l’economia di comunione è stata letta in quest'ottica: una proposta di rapporti che ha le sue radici nel carisma dell’unità di Chiara Lubich. Lei ha parlato della “cultura del dare”, che è la cultura dell’amore, di quell’amore evangelico profondo e impegnativo, che è parola sintesi di tutta la Scrittura. Molto efficace una sua frase: «Dobbiamo fare come le piante, le quali assorbono dal terreno soltanto l’acqua, i sali e le altre cose necessarie per vivere, ma non di più».
 
La cultura del dare è senz’altro una risposta alla crisi attuale, rimette in discussione ogni certezza, fin qui fallita, ravviva i rapporti, crea reciprocità e poi indica strade e suscita speranza. Un imprenditore si esprime così: «Mi sembra proprio che l’EdC, che è potuta nascere ventuno anni fa solo dalla vita di tutti, possa sempre più, davvero, con molta umiltà, trovare occasioni per ridonare qualche frutto dalla vita delle aziende, dall’elaborazione culturale, dall’inondazione di idee anche in esperienze a tutta la società. E possa, nella continua reciprocità, ricevere, giorno per giorno, la forza della vita vissuta alla luce della cultura del dare».
 
Non si esce dalla piaga dell’indigenza solo con il denaro, né solo con la redistribuzione delle ricchezze o la costruzione di beni pubblici. Certamente tutto ciò è necessario, ma non sufficiente. Il mondo vedrà fiorire la fraternità e la comunione nel momento in cui noi saremo capaci di costruire relazioni umane autentiche e profonde tra persone diverse ma uguali, ciascuno differente e tutti uguali; quando supereremo le categorie stesse di «popoli poveri» e «popoli ricchi» e sapremo scoprire, grazie a esperienze concrete, che nessuno al mondo è povero al punto da non essere un dono per gli altri; e in fondo anche la povertà degli altri contiene  delle ricchezze, dei valori che ci possono far sperimentare quanto l’altro sia indispensabile per la nostra felicità. È il messaggio conclusivo di di questa giornata vissuta a Milano, ma proiettata sull'Italia. 
 
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