Esplode la vita
Fedeli a un ordine antico, stanno conducendo la missione più importante. Ne va della loro storia, pardon, della loro specie. Senza questa fedeltà non potremmo ogni anno risentire l’armonia di un canto o carpire l’attimo di un volo. Pochi forse coglieranno che in questo periodo, quasi nel nascondimento ma per non essere predati, e con grande tenacia, tutte le specie di uccelli avviano la fase riproduttiva. È un popolo rigidamente amalgamato e suddiviso nei singoli habitat, risultato di test a esperienza millenaria, che passa il testimone per la sopravvivenza. Già per molte specie di uccelli, il portare a termine la riproduzione annualmente è condizione imprescindibile per il mantenimento della specie, considerato che buona parte della popolazione difficilmente sopravvive più di un anno. Ma guardiamoci attorno. Nel giardino, tra i cespugli già rinverditi dalle foglie dopo la fioritura, vi è un chiacchiericcio di piccoli uccelli colorati. È la coppia di cardellini che pur vicino a casa, ma non troppo, per via delle possibili attenzioni del gatto, sta allevando i piccoli in un non visibile, ma pur presente, luogo di cova. D’un salto tra le fronde del bosco i gheppi hanno stabilito la loro dimora. L’ambito è più visibile rispetto a quello dei cardellini. Il gheppio, anche se piccolo, è pur sempre un rapace, un principe dell’aria. L’andirivieni della coppia con cavallette e arvicole tra le zampe è segno dell’attività in atto che porterà alla crescita e all’involo dei giovani. La palude non è da meno quanto a pullulare di vita. Sul nido galleggiante costruito con foglie di cannuccia palustre e piante acquatiche il tuffetto sta a guardia sulle uova. Il pericolo può arrivare dall’alto, artefice il falco di palude, o dal basso ad opera della natrice dal collare o della nutria. Ancora tra le canne e con la maestria di un sarto navigato, il canareccione ha intessuto il proprio nido. Sempre in balia del vento seguendo il moto delle cannucce, la cova appare in costante precarietà, ma a scanso di turbini imprevisti terminerà con l’involo dei nati. Sulle falesie di quota vi è una dimora dalle caratteristiche ben più salde. L’aquila reale può utilizzare lo stesso nido anche per decenni, riassettandolo ad ogni stagione con apporto di nuovo materiale. Il risultato è una costruzione che raggiunge nel tempo vari metri d’altezza. Tra le siepi e negli ambienti a margine del bosco altre specie in opera. L’averla piccola è silenziosa e sempre sospettosa se vicino al luogo di cova. La tradiscono i colori, specie quelli del maschio da cui spicca la caratteristica mascherina nera. La specie ama sviare l’attenzione stando ritta e molto più visibile su pali e fili elettrici lontano, ma non troppo, dal cespuglio casalingo. Le cavità sono altri ambiti particolarmente ricercati. Offrono infatti più protezione del nido mimetizzato o difeso dalla presenza del genitore e più riparo dagli imprevisti meteorologici. Il gruccione e il martin pescatore hanno scelto le gallerie scavate nelle pareti di sabbia. Varie specie di rondini costruiscono invece la cavità in stalle, sotto i cornicioni, o sulle rocce, recuperando dal terreno sabbia e argilla. Picchi, rampichini, cince e codirossi utilizzano buchi e anfratti tra la corteccia o all’interno di tronchi secchi, il picchio muratore ripara le possibili fessure con terra mista ad humus. Altri, più opportunamente, hanno utilizzato costruzioni umane come ponti, campanili o antiche torri. Il rondone predilige ancor oggi manufatti medievali come le rondonare, torri messe a punto per ospitarne le colonie già all’epoca. Nelle camere nidificatorie i giovani rimangono fino al completo sviluppo del piumaggio, abile a sostenere con sicurezza il primo ed inappellabile battesimo del volo. Da questo breve sguardo si evince lo sforzo che alle nostre latitudini si concentra nel periodo primaverile ed estivo di questi piccoli testimoni. Anche se a noi perviene a volte solo l’armonia di un canto o di un colpo d’ali.