Parlando di grandi problemi mondiali come delle scelte della vita quotidiana ho sentito parlare del dilemma del prigioniero e della teoria dei giochi. In cosa consistono e come si applicano nei casi della nostra vita?
Uno studente
Economista, responsabile finanziario in azienda di servizi pubblici e docente di Strategie Aziendali all’Istituto Universitario Sophia
Parlando di grandi problemi mondiali come delle scelte della vita quotidiana ho sentito parlare del dilemma del prigioniero e della teoria dei giochi. In cosa consistono e come si applicano nei casi della nostra vita?
Uno studente
Partiamo da un esempio. Dovete partire per le vacanze e vorreste fare il viaggio con un traffico ragionevole. Osservate le previsioni basate sui comportamenti passati e cercate di evitare i giorni e orari col bollino nero. E se altri automobilisti facessero lo stesso ragionamento? Quanti lo faranno?
Molte volte nella vita ci troviamo nella situazione in cui siamo incerti sulla decisione da prendere, perché l’esito finale della nostra scelta non dipende solo da noi, ma anche dalle scelte di altre persone. Ci troviamo in un ambito di interazione strategica nel quale dobbiamo immaginare diverse strategie – ovvero le mosse – e diversi esiti, a seconda delle ipotesi sulla combinazione tra il nostro e l’altrui modo di ragionare e di agire.
La scienza che si occupa di questo tipo di problemi è la Teoria dei giochi, conosciuta a molti attraverso la visione del film “A beatiful mind” sulla vita e gli studi di uno dei grandi pionieri di questa disciplina, John Nash, premio Nobel per l’economa del 1994.
Potremmo definire la teoria dei giochi la scienza dell’interdipendenza, e infatti trova applicazione non solo nelle scienze sociali ma anche nello studio dei comportamenti, in particolare delle scelte, di persone, gruppi, ma anche animali e di algoritmi.
Si tratta sostanzialmente di costruire modelli matematici che consentano di prevedere comportamenti ed esiti fra decisori diversi. Per fare ciò è necessario fare delle ipotesi su quali siano le scelte che i decisori faranno nel tentativo di massimizzare l’utilità individuale attesa.
Uno dei “giochi” ovvero dei modelli più noti è il “dilemma del prigioniero”. La situazione considera due persone che vengono arrestate con l’accusa di aver commesso il reato di porto abusivo d’armi. Recluse in celle separate non possono parlarsi. Gli inquirenti offrono a entrambi separatamente due scelte: collaborare confessando oppure non collaborare tacendo. Vengono spiegati agli incarcerati gli esiti dalla combinazione delle rispettive scelte: se uno solo confessa accusando l’altro, evita la pena e l’altro è condannato a sette anni di carcere. Se entrambi accusano l’altro prendono sei anni. Se entrambi tacciono sono condannati ad un anno.
Quale sarà la soluzione più probabile di questo modello? Entra in gioco un fattore antropologico, ovvero: che tipo di razionalità esprimono i giocatori? La teoria dei giochi, seguendo l’impostazione dell’homo economicus, prende come assunto che i due soggetti faranno la scelta che massimizza la propria utilità individuale disinteressandosi dell’esito per altri soggetti coinvolti. E dato questo assunto, la soluzione più probabile del “dilemma del prigioniero” è che entrambi confessino e prendano sei anni di carcere. E’ abbastanza intuitivo notare come questa soluzione abbia un aspetto paradossale: sommando gli anni di carcere, la soluzione ottimale (tecnicamente “chiamata ottimo paretiano”) sarebbe quella di non confessare, che porterebbe ad un confronto fra dodici e due anni complessivi di carcere.
Ed è proprio questo aspetto paradossale a rendere interessante da più di mezzo secolo il “dilemma del prigioniero”, la sua capacità di esemplificare le dinamiche di competizione in rapporto a quelle di cooperazione nelle nostre scelte “interdipendenti”.
Pensiamo all’inquinamento, alla fedeltà fiscale, alla corsa agli armamenti ma anche a tante situazioni della nostra vita. Se ciascun soggetto cercasse solo la propria massimizzazione l’esito finale rischierebbe di essere peggiore per tutti.
In tutto questo, un ruolo cruciale è svolto dalla comunicazione. Gli esperimenti mostrano che la cooperazione aumenta (non confessare) del 40% quando si lascia la possibilità ai due giocatori di parlarsi, rispetto alla regola standard del “dilemma del prigioniero”.
La riduzione della corsa agli armamenti è stata realizzata con colloqui fra le superpotenze. Ed è quanto ci auguriamo possa accadere nei diversi tentativi per arrivare ad una pace, od almeno ad un cessate il fuoco fra Russia e Ucraina. Ed è lo scambio informativo che garantiscono alcune app e i siti delle autostrade prima di metterci in viaggio.
Si dice di solito che se una cosa è comune a tutti vuol dire che nessuno se ne prende cura e viene abbandonata alla volontà di chi se ne approfitta. Lo vediamo spesso nelle condizioni precarie delle spiagge libere messe al confronto con gli arenili concessi ai privati che ne fanno profitto ma ne limitano la fruizione a chi non può pagare l’accesso. È proprio così? Non esiste un esempio e una proposta che dice il contrario? Un gruppo di cittadini attivi