Nel pieno della situazione drammatica in corso con riferimento alla guerra in Ucraina, abbiamo letto che la vasta maggioranza dei partiti che sostiene il governo Draghi si divide sulla questione della riforma del catasto. Di cosa si tratta? E perché esiste un così forte contrasto politico? Una famiglia preoccupata
Riforma del catasto: tanto rumore per nulla?
In effetti l’approvazione da parte della VI Commissione Finanze della manovra di riforma del catasto contenuta nel disegno di legge di delega fiscale conferita al Governo necessita un momento di riflessione critica per individuare la sua effettiva incidenza sul piano economico-finanziario.
Un solo voto di differenza, espresso a favore (23 a 22), ha consentito nella riunione della VI Commissione Permanente (Finanze) della Camera dei deputati in sede referente, tenutasi il 3 marzo u.s, l’approvazione della manovra di riforma del catasto contenuta in un articolo del disegno di legge di delega fiscale al Governo (disegno n. C.3343). La notizia ha avuto una notevole eco, soprattutto per il segnale di non facile coesione e convergenza politica su di una questione che tocca evidentemente un nervo scoperto.
Soprattutto si è disegnato, da parte di chi dissente vuoi per il merito vuoi per la collocazione temporale di una siffatta opzione, uno scenario di aggravio fiscale a tutto campo, con particolare riferimento alla titolarità del patrimonio immobiliare, quello che interessa qualcosa come circa 39 milioni di persone fisiche e 1.500 persone giuridiche.
Ebbene, scorrendo la previsione di cui al disegno di legge relativa alla manovra di riforma del catasto, si legge, con sufficiente chiarezza, che tale manovra è destinata in primo luogo a modernizzare gli strumenti di individuazione e di controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati, in secondo luogo ad apportare la modifica al sistema di rilevazione catastale prevedendo strumenti da porre a disposizione dei Comuni e dell’Agenzia delle entrate per facilitare e accelerare l’individuazione degli immobili o dei terreni non correttamente censiti, e infine ad integrare le informazioni presenti nel catasto dei fabbricati, da rendere disponibili a decorrere dal 1° gennaio 2026.
Insomma si vuole fare emergere quel ‘sommerso’ immobiliare che si identifica con i cd. immobili ‘fantasma’ (ovverossia mai censiti) o censiti i in maniera difforme rispetto allo stato di fatto ovvero che non rispettano la destinazione d’uso o la categoria catastale attribuita, nonché gli immobili abusivi e infine correttamente censire come ‘edificabili’ terreni accatastati come agricoli.
Ma soprattutto, si legge che le informazioni destinate ad integrare la banca dati catastali attualmente vigente “non saranno utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali né, comunque, per finalità fiscali” , in quanto si continueranno a tal fine a prendere in considerazione i dati di cui alla banca dati catastali ora in vigore. Tant’è che non si prevede nemmeno, per effetto dell’applicazione della riforma, una varianza di gettito fiscale.
Se ne trova conferma anche nella relazione esplicativa che accompagna il disegno di legge.
Tradotto in soldoni, ciò ‘dovrebbe’ significare che quei tributi (come l’IMU, l’imposta di registro, ipotecaria, catastale in caso di trasferimenti immobiliari, ecc…) la cui base imponibile (e cioè il ‘quantum’ su cui si applica l’imposta dovuta) è computata con riferimento ai dati catastali, continueranno ad essere assolti avendo a riferimento i dati catastali attuali.
E, quindi, se anche in affianco alle rendite catastali attuali potranno figurare rendite attualizzate con riferimento ai valori effettivi di mercato, ciò non dovrebbe comportare un aggravio del carico fiscale. Altro sarebbe il discorso se, una volta adeguati i valori della redditività catastale a quelli di mercato, si disponesse, con apposito provvedimento di legge, che al contrario la tassazione si debba applicare ai valori ‘adeguati’: ma ciò, come precisato, dovrebbe essere oggetto di una precisa volontà legislativa che, a quanto consta dalla lettura del disegno di legge in questione, difetta, sicché qualsiasi provvedimento di legge che disponesse in tal senso non sarebbe sicuramente in linea con i limiti della delega conferita al governo.
E allora? Tanto rumore per nulla? Beh, proprio no, se si pensa che talora i dati catastali aggiornati vengono presi in considerazione per altre valutazioni (anche di capacità reddituale dei soggetti, da parte del Fisco): come ad esempio per il noto Isee, l’indicatore che consente di ottenere agevolazioni e sconti (dalle bollette alle rette per i servizi quali asili, mense, RSA ecc.), con la conseguenza di un aumento delle rette o di un’uscita dalla protezione sociale. Ed infatti restando indifferente la prevista manovra di riforma sul piano ‘fiscale’, ogni altro aspetto, non strettamente legato all’assolvimento di un tributo, ne verrebbe coinvolto.
Probabilmente, anche nel processo di approvazione definitiva del disegno di legge verso quelli che possono essere i reali intendimenti del legislatore (e cioè l’emersione di immobili sforniti di rendita e non censiti, o censiti con destinazioni del tutto diverse da quelle reali), si potrebbe mettere nero su bianco su tale precisa finalità ed escludere che tale sottolineatura comporti aggravio alcuno ulteriore per i contribuenti titolari di immobili correttamente censiti sia in termini di redditività (anche se soggetta ad adeguamento attuale) che di destinazione .