Può aiutarmi a capire la differenza tra agricoltura biologica e biodinamica di cui si dibatte in Parlamento in questi giorni? Un lettore
Il dibattito sull’agricoltura biodinamica
Non è semplice, anzi è decisamente complicato dipanare una disputa sollevata dal disegno di legge 988, approvato, il 20 maggio, dal Senato. Si tratta delle Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodi biologici, una normativa a lungo richiesta per dare impulso al settore biologico.
«L’Unione europea – spiega il sen. Mino Taricco, illustrando il progetto legislativo – conta di investire, a partire dall’anno prossimo, oltre 40 milioni di euro nella promozione del metodo dell’agricoltura biologica, poiché ravvede in questa tipologia di agricoltura uno strumento per la lotta ai cambiamenti climatici, per la tutela e la salvaguardia della biodiversità e per un’agricoltura più sostenibile».
Senonché tra le righe del disegno di legge si fa cenno anche all’agricoltura biodinamica. La senatrice Elena Cattaneo chiede di eliminare dal provvedimento l’equiparazione tra l’agricoltura biologica e quella biodinamica; il mondo scientifico che si occupa di agricoltura invia una lettera ai senatori, avvia una petizione su Change.org e, il 15 giugno, spedisce una missiva al ministro delle Politiche agricole e ai deputati affinché modifichino gli articoli 1, 5 e 8 in cui si parla, appunto, di biodinamico. Perché?
Non è questione di lana caprina: tra l’agricoltura biologica e quella biodinamica ci sono analogie e differenze. Analogie nei fini. Entrambe rifiutano prodotti chimici di sintesi (fertilizzanti, diserbanti, insetticidi…), curano l’alimentazione del bestiame con mangimi non trattati chimicamente, non fanno uso di antibiotici, ormoni o stimolanti della crescita, adottano la rotazione delle colture con l’obiettivo dichiarato del rispetto dell’ambiente e della biodiversità, della salute delle piante e di una miglior qualità degli alimenti. La biodinamica rivendica, in particolare, un profondo legame con la natura, il completo rispetto dei suoi ritmi e la gestione del terreno seguendo i cicli naturali. Aspetti che gli scienziati non contestano, in quanto appartengono al patrimonio culturale e scientifico del passato che va salvaguardato e valorizzato.
Dubbi invece sollevano quegli aspetti della biodinamica che richiamano i principi esoterici e astrali. Questo tipo di agricoltura, infatti, fu fondata, agli inizi del Novecento, da Rudolf Joseph Lorenz Steiner, esoterista e teosofo austriaco, padre dell’antroposofia.
La scienza obietta che nei ‘preparati biodinamici’ come il ‘corno letame’ o il ‘corno silice’ c’è poca scienza e si domanda: «Il Paese di Galileo Galilei può sostenere economicamente pratiche magiche?».
L’Associazione per l’agricoltura biodinamica si difende. «Al fine di identificare l’agricoltura biodinamica – scrive il suo presidente, Carlo Triarico, sul suo blog – oltre ad affermare che è un metodo interno all’agricoltura biologica, bisogna indicare le sue peculiarità e caratteristiche distintive. È importante comprendere nella definizione, non solo l’uso dei preparati (del resto previsti dagli stessi regolamenti UE della bioagricoltura), ma anche e soprattutto i disciplinari affermatisi da lunga tradizione di applicazione che caratterizzano la gestione aziendale agro-ecologica a ciclo chiuso».
È pur vero che il biodinamico non è estraneo alla normativa europea e italiana, manca, però, uno specifico riconoscimento e questo, inevitabilmente, crea una sorta di ambiguità persino nella certificazione.
Nella disputa c’è, tuttavia, qualcosa di più profondo che non appare immediatamente. Il richiamo al naturale, secondo gli scienziati, non necessariamente significa più sano. L’adozione, poi, del principio di precauzione, benché non basato su dati scientifici, rallenta l’introduzione di novità in campo agricolo. Questo è vissuto con frustrazione dalle scienze agrarie, quasi che la società, o parti più agguerrite di essa, vogliano bloccarne lo sviluppo. Non è però un mistero che il cittadino tema danni irreparabili all’ambiente e alla salute. D’altronde la rivoluzione verde, nonostante stia aiutando la popolazione mondiale ad affrontare i problemi della fame, è responsabile di alti costi per l’ambiente.
Sono aspetti che pesano sulle decisioni del legislatore, il quale è prima di tutto un cittadino. L’alternativa c’è ed è un confronto sereno, senza pregiudizi e dogmatismi di sorta. Le scienze, e dunque anche quelle agrarie, devono imparare a colloquiare con la società, evitando di montare in cattedra. È fondamentale per evitare contrapposizioni che finiscono per risolversi in un braccio di ferro.