Non le sembra che gli scienziati siano stati troppo in questo periodo? In certi giorni erano in tutti i talk show, e con posizioni anche diverse. Il risultato è stato che hanno generato una certa confusione e incertezza nel pubblico.
Anche gli scienziati scioperano…
Nel periodo di diffusione della pandemia da Covid-19 abbiamo assistito a una presenza numerosa e costante di scienziati nel panorama mediatico. In molte occasioni essi sono stati interpellati per fornire informazioni, pareri e anche consigli. Esperti ed esperte di scienza si sono avvicendati in vari momenti e occasioni tanto da diventare popolari con la loro presenza e in alcuni casi anche con pubblicazioni dedicate esclusivamente al Coronavirus.
Gli scienziati sono stati recentemente anche protagonisti di una mobilitazione in forma di sciopero in occasione del Black Lives Matters per la morte di George Floyd, protestando in modo inedito con l’appoggio di Nature e Science, le due riviste più diffuse e autorevoli del panorama scientifico internazionale.
L’impegno e la presenza mediatica così rilevante è un fenomeno eccezionale come la situazione sanitaria che abbiamo vissuto nel periodo tra febbraio e maggio 2020. Normalmente, infatti, non è così frequente sentire pareri degli esperti di scienza e tecnologia con questa intensità.
L’analisi del ruolo svolto dagli esperti scientifici nell’ambito della comunicazione con il pubblico permette di fare alcune considerazioni.
Scienziati, incertezza e decisori pubblici
Sappiamo molto poco sul Coronavirus, ce l’hanno ripetuto più volte gli scienziati sottolineando che ci vorrà tempo per capire come si svilupperà e come si potrà sconfiggerlo. Questo argomento pone al centro del loro messaggio l’incertezza, un elemento discorsivo problematico per poter fare delle valutazioni sui rischi e soprattutto su come formulare le politiche pubbliche utili a gestire il fenomeno.
Molti scienziati hanno ribadito il concetto: «sappiamo di non sapere», e alcuni di loro hanno limitato le apparizioni, altri invece hanno continuato a partecipare al dibattito pubblico muovendosi a volte oltre le loro competenze suggerendo strategie, strumenti e azioni. In questi casi il loro ruolo si è spinto al di là di quanto richiesto come esperti della materia anche se la situazione di eccezionalità e la pressione mediatica richiedeva risposte anche in tal senso.
In questi mesi si è verificata dunque una trasmissione diretta di informazioni tra scienziati e pubblico, evitando le tipiche procedure che solitamente utilizzano gli scienziati comunicando i loro risultati prima di tutto nelle loro comunità di studio o ai decisori pubblici. In questo modo il pubblico ha ricevuto una pluralità di pareri a volte molto diversi se non addirittura opposti. Ciò è stato richiesto dalle istituzioni e dal mondo dei media ampliando le possibilità di partecipare al dibattito pubblico.
Si deve anche tener presente che negli ultimi anni il mondo della ricerca scientifica ha investito risorse importanti nella comunicazione pubblica per aumentare la propria legittimità e far conoscere le attività di ricerca a un pubblico sempre più vasto. La fase di pandemia, dunque, è servita a rinforzare questo tipo di tendenza offrendo uno spazio più ampio di relazioni con la società.
Scienziati e decisioni politiche
Accanto alla sovraesposizione degli esperti scientifici si è notata anche una sovrapposizione di ruoli con i decisori pubblici. Questo è dovuto al fatto che la comunicazione del rischio è un processo dinamico di scambio di informazioni tra chi studia il fenomeno pandemico, chi valuta il rischio e chi lo deve comunicare. Se non si gestiscono accuratamente le relazione tra i soggetti diversi, si possono verificare dei veri e propri cortocircuiti comunicativi.
È compito della politica fare valutazioni sulle incertezze e sul rischio al fine di prendere decisioni efficaci per il contenimento della pandemia e la tutela della salute pubblica. È altresì compito dei politici proporre una comunicazione istituzionale coerente per gestire le situazioni di crisi. Tuttavia, abbiamo notato in più di un’occasione che le diverse opinioni e una certa confusione di ruoli ha prodotto una comunicazione confusa, con informazioni a volte contradditorie e ragioni opposte non sempre comprensibili.
Non di rado alcuni politici hanno sostenuto misure in aperto contrasto con i pareri scientifici ufficiali, come nel caso delle linee proposte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, oppure hanno suggerito di utilizzare strumenti su cui non vi era un parere concorde nella comunità scientifica.
Scienziati e opinione pubblica
La pandemia da Covid-19 ha messo in moto una ricerca spasmodica di informazioni, dati e pareri scientifici per conoscere il virus e i suoi effetti assieme alle precauzioni per poter tutelare la propria salute. La sovraesposizione degli scienziati ha permesso dunque di soddisfare le necessità del pubblico ricevendo dalla viva voce degli addetti ai lavori le informazioni necessarie. Allo stesso tempo, però, le diverse posizioni e le interpretazioni proposte hanno disorientato il pubblico.
Nel caso dei tamponi, ad esempio, alcuni scienziati suggerivano di farne un uso esteso mentre altri, più vicini alle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ne proponevano un uso limitato a coloro che manifestassero sintomi evidenti del contagio. Queste e altre dinamiche informative poco lineari hanno composto un quadro che si è via via reso difficile da decifrare causando spaesamento e confusione.
Gli italiani hanno ben compreso la situazione. Le loro opinioni, studiate con l’indagine Observa (Gli Italiani e il Coronavirus, aprile 2020, Observa Science in Society) realizzata nel mese di aprile, mettono in luce che la diversità di pareri dati da parte degli esperti nei loro interventi abbia creato confusione (48%); a questo si aggiunge un ulteriore 8% che riconosce la competenza degli esperti scientifici italiani nel merito, ma ne valuta negativamente la capacità comunicativa.
Per un altro 11% della popolazione, onde evitare confusione sul piano comunicativo, sarebbe meglio che gli esperti dessero i loro pareri in via confidenziale solo alle istituzioni. Sette italiani su dieci, infine, ritiene che si troveranno soluzioni per sconfiggere il Covid-19, ma i tempi saranno lunghi.
Scienziati e media
Nell’era dei social media ci saremmo aspettati che il pubblico avrebbe fatto ricorso primariamente ai vari strumenti della rete per acquisire informazioni e affrontare gli imprevisti della pandemia. Ebbene, non è stato così. La maggior parte degli Italiani ha ricorso ai cosiddetti media tradizionali come la televisione e la carta stampata per poter comprendere meglio le cause e gli effetti della pandemia.
Ciò è dovuto al fatto che se si vuole approfondire un tema come il Covid-19 e se si vogliono conoscere le politiche di contenimento, i social non permettono un grande grado di approfondimento, almeno per l’uso che comunemente se ne fa. Piuttosto essi sono efficaci per notizie di prima necessità, azioni collettive a cui partecipare o campagne di raccolta fondi. Di qui la possibilità di ricevere informazioni mediante le conferenze stampa giornaliere e le trasmissioni di approfondimento in cui moltissimi scienziati hanno dato il loro contributo.
Scienziati e scienziate hanno avuto un’occasione importante pe poter migliorare il rapporto con la società in un periodo drammatico e imprevisto causato dalla diffusione del Covid-19.
Abbiamo visto che la ricerca di visibilità da parte degli scienziati e dei politici, anche se motivata da ragioni istituzionali e civiche giustificate, può aumentare le normali tensioni che si devono affrontare nel valutare i rischi di una situazione di emergenza. Queste tensioni devono essere gestite con un piano comunicativo adeguato concertato tra gli attori coinvolti.
Un noto motto della comunicazione del rischio recita: «informare ma non per infiammare». A questo motto potremmo aggiungere anche: «informare e non confondere» visto quanto accaduto nel corso della pandemia recente. Per gestire adeguatamente la comunicazione in momenti di emergenza sanitaria si richiede dunque una collaborazione efficace tra scienziati, politici e media per offrire al pubblico poche e corrette informazioni che aiutino a gestire la complessità di eventi eccezionali.