L'esperto risponde / Ambiente

Elena Pace

Elena Pace, docente di Chimica nelle scuole medie superiori dal 1984 al 2019, da tempo si dedica all’insegnamento e alla promozione della sostenibilità ambientale. La sua passione per la chimica e il suo impegno per l’educazione le hanno valso numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio nazionale FederChimica Giovani per le eccellenze nella Didattica Chimica (Nettuno 1995). Nel 2012, con il progetto “Dare per salvaguardare l’ambiente”, ha coinvolto i suoi studenti in un’opera di sensibilizzazione e divulgazione scientifica, ricevendo il “Premio Green Scuola” dal Ministero della Pubblica Istruzione e dal Consorzio interuniversitario di Chimica per l’ambiente.

È membro di EcoOne e ha conseguito il Joint diploma in “Ecologia Integrale” e partecipato al Corso di alta formazione in Ecologia Integrale e Mediterraneo. Nella tesi del suo Master in “Educazione ambientale e sviluppo sostenibile, un nuovo modello per la scuola”, ha presentato un percorso didattico per l’uso dell’app EcoGive, che si ispira al suo progetto “Dare per salvaguardare l’ambiente”. Oltre al suo impegno ambientale, si è distinta anche per il suo impegno civile. Nel 2006 ha ricevuto il Premio Centro Studi Cesare Terranova per l’impegno civile nell’arginare la violenza tra i giovani, a testimonianza del suo profondo interesse per la crescita sociale e il benessere delle nuove generazioni.

 

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Perché Greta dà fastidio?

Perché gli adulti sono così infastiditi da Greta? Forse perché si sentono colpevoli o forse perché hanno i soldi come unico obiettivo importante nella vita, oppure perché pensano che non c’è niente che possiamo fare per modificare realmente il cambiamento climatico? Una giovane arrabbiata

Esaminiamo le tue ipotesi una ad una. Per quanto riguarda la prima, secondo me, non è tanto il sentirsi colpevoli quanto il desiderio di mantenere i nostri stili di vita, di produzione e di consumo che le parole e i comportamenti di Greta mettono in discussione. E di questo ho parlato nell’articolo precedente.

Il discorso dei soldi invece vale di più per le imprese, soprattutto quelle che operano in più Nazioni che per estendere il mercato e aumentare i loro guadagni non si fanno nessuno scrupolo.

Per quanto riguarda il terzo punto ricordo solo che oggi nessuno parla più del buco dell’ozono perché, con il protocollo di Montreal del 1987, fu presa la decisione coraggiosa di togliere dal mercato il freon (usato come refrigerante nei frigoriferi e come propellente nelle bombolette spray) determinando così il ripristino dell’ozono nell’atmosfera.

È recentissimo l’ultimo appello ai politici di papa Francesco nel suo messaggio alla COP 25 di Madrid dove ribadisce che «dobbiamo domandarci seriamente se c’è la volontà politica di destinare con onestà, responsabilità e coraggio più risorse umane, finanziarie e tecnologiche per mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico, nonché per aiutare le popolazioni più povere e vulnerabili che ne sono maggiormente colpite.

Numerosi studi ci dicono che è ancora possibile limitare il riscaldamento globale. Per farlo, abbiamo bisogno di una volontà politica chiara, lungimirante e forte. […] Tutto questo ci invita a riflettere coscienziosamente sul significato dei nostri modelli di consumo e di produzione e sui processi di educazione e sensibilizzazione per renderli coerenti con la dignità umana. […]

I giovani, oggi, mostrano una maggiore sensibilità verso i complessi problemi che nascono da questa “emergenza”. Non dobbiamo porre sulle prossime generazioni il fardello di farsi carico dei problemi causati da quelle precedenti. Invece, dobbiamo dare loro l’opportunità di ricordare la nostra generazione come quella che ha rinnovato e agito — con consapevolezza onesta, responsabile e coraggiosa — sulla necessità fondamentale di collaborare al fine di preservare e coltivare la nostra casa comune».

Fra questi giovani c’è Greta, il cui discorso alla COP 25 non fa una piega. È solido dal punto di vista scientifico e saggio dal punto di vista umano.

Forse chi la critica non ha mai sentito quello che dice!

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Il patto per il risparmio energetico

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Leggo con piacere la sua rubrica e mi piacerebbe che lei facesse un elenco puntuale e concreto di quello che posso cominciare a fare ogni giorno, nel mio piccolo. Cesare (Roma)


Tempo fa in un’intervista rilasciata all‘AMU ho evidenziato come attraverso il progetto ambientale Dare per Salvaguardare l’ambiente di cui sono autrice (riportato nel sussidio per educatori Cambia…menti di C. Landucci, P. Mazzola - Città Nuova, 2013),  gli studenti scoprono che la salvaguardia dell’ambiente è legata alla capacità di dare. Punto cardine di questo progetto è un “patto di risparmio energetico” in cui semplici atti di risparmio energetico quotidiani, ai quali corrisponde un importo forfettario di 10 centesimi, si trasformano in borse di studio per chi vive un disagio sociale o ambientale. In quella occasione ho evidenziato come i giovani rispondano in maniera straordinaria a questa sfida perché, di fronte ad un bisogno concreto, la capacità di scelte anti-consumistiche viene enormemente incentivata. Inoltre una volta acquisita l’abitudine, questa non si dimentica più. Allora per cominciare ti consiglio di stamparti il seguente patto di risparmio energetico, che ho reso usufruibile per tutti quelli che vorranno realizzarlo a casa (da soli o insieme ai familiari), in ufficio e, direi, dovunque. PROGETTO DARE PER SALVAGUARDARE L’AMBIENTE Patto di risparmio energetico La/Il sottoscritto si impegna
  • A scegliere un Progetto di solidarietà a cui devolvere, conclusa la Tabella di marcia, il ricavato degli atti di risparmio energetico (stabiliti pari a 10 centesimi ciascuno)
  • Ad esaminare una bolletta della luce osservando il consumo di Kwh in un bimestre (possibilmente di un periodo simile al momento in cui si inizia la tabella di marcia).
  • A leggere il contatore della luce all’inizio della tabella di marcia e a fine impegno, valutando il nuovo valore di kwh consumati in due mesi e l'eventuale risparmio realizzato.
  • Ad apporre una sigla sulla tabella di marcia ogni volta che si effettua un comportamento rispettoso dell’ambiente.
  • A devolvere l’importo realizzato al progetto scelto, dopo aver condiviso le buone pratiche realizzate, con chi ha preso lo stesso impegno.
Firma   PROGETTO DARE PER SALVAGUARDARE L’AMBIENTE
Tabella di marcia del Patto di risparmio energetico Apponi una sigla sopra 10 cent ogni volta che: Spegni la luce accesa inutilmente                  - sigla    L Chiudi il rubinetto dell’acqua dopo l’uso    - sigla    A Spegni gli strumenti in stand-by                    - sigla   S Fai la raccolta differenziata                          - sigla    D Mantieni in buono stato le cose                     - sigla    M Evita gli sprechi alimentari                             - sigla    E Altro atto                                                           - sigla    AA  
10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 1 euro = 10 atti
10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 2 euro = 20 atti
10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 3 euro = 30 atti
10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 4 euro = 40 atti
10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 5 euro = 50 atti
10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 6 euro = 60 atti
10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 7 euro = 70 atti
10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 8 euro = 80 atti
10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 9 euro = 90 atti
10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 euro = 100 atti
 
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Un albero simbolo della vita

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Sono appena finite le feste. Vorrei chiederti: quale tipo di albero di Natale ha un minor impatto ambientale, quello vero o quello finto? Cecilia


Bella domanda! E ti rispondo subito senza troppi giri di parole: quello vero purché abbia le radici. In un articolo recente del giornale on line Il post viene spiegato bene il perché di questa scelta e tra il resto viene ribadito che «gli alberi finti, di plastica e metallo, causano emissioni di anidride carbonica – il principale gas serra – nell’atmosfera, sia quando vengono prodotti che quando vengono trasportati, cosa che spesso avviene per lunghe distanze, dato che molti alberi sono prodotti in Cina. Al contrario gli alberi veri, soprattutto se sono cresciuti poco lontano da casa, assorbono anidride carbonica, invece che emetterla». Inoltre viene messo in evidenza che, se hanno le radici possono essere ripiantati (anche nel vivaio stesso in cui si sono acquistati). Ovviamente nel caso in cui si possieda già un albero finto, la scelta più ecologica è utilizzarlo finché dura. Ma è davvero così significativa questa tradizione da non potervi rinunciare? E in che modo si ricollega alla nascita di Gesù? Giovanni Paolo II lo ha spiegato molto bene nel saluto rivolto, durante l’Angelus del 19 dicembre 2004, ai 32 ragazzi superstiti della scuola di Beslan: «Accanto al presepe troviamo il tradizionale albero di Natale. Un’usanza anch'essa antica, che esalta il valore della vita perché nella stagione invernale, l'abete sempre verde diviene segno della vita che non muore. Di solito sull'albero e ai suoi piedi vengono posti i doni natalizi. Il simbolo diventa così eloquente anche in senso tipicamente cristiano: richiama alla mente l'albero della vita (Cfr. Gn 2,9), figura di Cristo, supremo dono di Dio all’umanità (...) Il messaggio dell'albero di Natale è pertanto che la vita resta "sempre verde" se si fa dono: non tanto di cose materiali, ma di sé stessi: nell'amicizia e nell'affetto sincero, nell'aiuto fraterno e nel perdono, nel tempo condiviso e nell'ascolto reciproco». È troppo bella questa tradizione per rinunciarvi. L’importante è tornare all’essenziale.
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Moriremo tutti a causa del clima?

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Sono preoccupata che moriremo tutti a causa del riscaldamento globale. Mia madre cerca di non usare più plastica, anche se questo le fa perdere molto più tempo, ma non credo che basti. Lucia 12 anni


Carissima Lucia, meno male che tu, pur così giovane, sei preoccupata. Infatti la preoccupazione che voi adolescenti, con Greta in prima fila, state dimostrando di avere, è fondata e richiederebbe una risposta più concreta e immediata da parte dei governanti di tutto il mondo. Quello che stupisce è che le reazioni degli adulti siano così deboli. Lo ha denunciato molto bene papa Francesco già quattro anni fa, in quello storico documento a favore della nostra Casa Comune che è la Laudato Sì. E continua a farlo ancora oggi. Il papa evidenzia che, anche se in alcuni Paesi ci sono esempi di risultati positivi nel migliorare l’ambiente (a conferma che l’essere umano è ancora capace di gesti di generosità, solidarietà e cura), nello stesso tempo, però, «cresce un’ecologia superficiale o apparente che consolida un certo intorpidimento e una spensierata irresponsabilità. Come spesso accade in epoche di profonde crisi, che richiedono decisioni coraggiose, siamo tentati di pensare che quanto sta succedendo non è certo». (LS 59) Non ti sembra un’analisi perfetta dell’atteggiamento di tanti adulti e giovani adulti? Una spensierata irresponsabilità e la scusa di pensare che quanto sta succedendo non è certo, in barba all’evidenza. E questo perché «questo comportamento evasivo ci serve per mantenere i nostri stili di vita, di produzione e di consumo. È il modo in cui l’essere umano si arrangia per alimentare tutti i vizi autodistruttivi: cercando di non vederli, lottando per non riconoscerli, facendo come se nulla fosse. […] Basta però guardare la realtà con sincerità per vedere che c’è un grande deterioramento della nostra casa comune. La speranza ci invita a riconoscere che c’è sempre una via d’uscita, che possiamo sempre cambiare rotta, che possiamo sempre fare qualcosa per risolvere i problemi. Tuttavia sembra di riscontrare i sintomi di un punto di rottura» (LS 59-61) Ora io credo che la via di uscita non la troverà di certo chi è intontito dai consumi e anestetizzato dalle comodità, ma la troveranno proprio quelli che come te si preoccupano sinceramente della situazione e si impegnano a fare qualcosa (anche piccola) nel proprio ambiente. Forse sarà una goccia, ma come diceva Madre Teresa riferendosi alla cura dei poveri moribondi: «Sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano. Ma se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe. Importante non è ciò che facciamo, ma quanto amore mettiamo in ciò che facciamo; bisogna fare piccole cose con grande amore».  
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Ma la carta da forno dove la getto?

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Sono in difficoltà, a volte, a decidere dove buttare certi rifiuti. La carta da forno è carta?  


Una domanda semplice che apre un discorso articolato. La carta da forno non è solo “carta = cellulosa”, ma è carta trattata in vario modo. Quindi non si può riciclare come carta. In genere è siliconata, cioè vi sono uno o due strati di silicone oppure, se è carta pergamena, è trattata con agenti chimici come l’acido solforico. Dalle istruzioni presenti sulle confezioni di carta da forno (che pochi leggono) si nota che vanno osservati alcuni accorgimenti: evitare che trasbordi e che venga a contatto con le pareti del forno, non utilizzare con il grill acceso, non superare la temperatura di 220°. In pratica evitare che si bruci o comunque raggiunga temperature in cui si possano contaminare gli alimenti. Viene dato anche un ulteriore consiglio e cioè quello di bagnarla e strizzarla, per farla aderire bene. Aggiungerei che, essendo inumidita, in realtà questo è l’unico modo per rallentarne la combustione. Ma se volessimo, per spirito ecologico, diminuire la quantità di rifiuti non riciclabili (che quindi vanno bruciati con tutte le conseguenze del caso) cosa possiamo fare? A mio parere dovremmo fare delle scelte più sostenibili, scegliendo le carte da forno naturali in fogli, oppure le carte da forno riutilizzabili. Senza escludere il ritorno ai metodi di una volta. Indirizzare quindi, con le nostre scelte, i produttori a creare articoli che, dopo l’uso, siano riciclabili. Infatti diminuire i rifiuti indifferenziati è un imperativo perché, come si legge nel rapporto di Legambiente Rifiuti zero, impianti mille (vedi qui) il rapporto tra le discariche e gli impianti di riciclo è assolutamente inadeguato. Come dice Papa Francesco nella Laudato Sì: «La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia […] Questi problemi sono intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura. […] Stentiamo a riconoscere che il funzionamento degli ecosistemi naturali è esemplare: le piante sintetizzano sostanze nutritive che alimentano gli erbivori; questi a loro volta alimentano i carnivori, che forniscono importanti quantità di rifiuti organici, i quali danno luogo a una nuova generazione di vegetali. Al contrario, il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie. Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare. Affrontare tale questione sarebbe un modo di contrastare la cultura dello scarto che finisce per danneggiare il pianeta intero» (LS 21,22).  
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Lo slime è inquinante?

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Ciao, sono Viola, una bambina di quasi 10 anni. Io amo molto fare gli slime, ma la mia mamma mi ha detto che non fanno bene all'ambiente perché sono fatti con detersivi inquinanti. È vero? Io adoro fare gli slime, ma ci tengo anche molto a non inquinare. Mi sai aiutare? Grazie


La tua domanda Viola fa capire come ormai i bambini italiani (ma anche europei) siano preoccupati per l'ambiente. Tempo fa nessun bambino si sarebbe posto questo problema! Piuttosto le mamme avrebbero gridato allo spreco di soldi! Oggi invece la più grande azione di sensibilizzazione al problema ambientale è partita proprio da una bambina svedese, Greta, di cui sicuramente avrai sentito parlare e che sta scuotendo le coscienze di molti! Ma ora torniamo allo slime, una sostanza appiccicosa fatta in casa, derivata da un giocattolo di tanti anni fa. Per capire se lo slime è inquinante bisogna vedere con cosa lo si fa. Ho visto che ci sono tanti tutorial su questo (è diventata quasi una mania!). Esiste uno slime con la colla e uno senza, con borace o senza borace, con detersivo o senza, con coloranti per alimenti o senza. Comunque qualcuno di questi ingredienti c'è sempre. Quando si fa un gel, simile allo slime, in un laboratorio di Chimica, si usano guanti e occhiali come per tutte le reazioni chimiche. Mi sembra che nei tutorial questo non avvenga, eppure si manipolano sostanze come i detersivi, coloranti, colla, borace ed altre cose che potrebbero essere dannosi per la pelle o per aspirazione. Pensiamo solo al borace. È tossico per l’ambiente ma soprattutto per l’uomo. Non andrebbe toccato con le mani, né aspirato, tantomeno portato alla bocca o entrare a contatto con gli occhi. Allora penso che prima di vedere se inquinano o meno l'ambiente, dobbiamo sapere se inquinano il nostro corpo. Eh sì Viola, anche noi possediamo una natura da rispettare e curare ed è il nostro corpo. «Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana» (LS 155). Cosa vuol dire in questo caso? Se vengo a sapere che qualcosa mi può fare male devo stare attento e non mettermi in pericolo. E manipolare lo slime non è quasi mai consigliabile per i bambini. Leggi con la tua mamma questo articolo, che alla fine dà anche una ricetta sicura per farlo in casa. Ma ora vediamo il problema dall'altro punto di vista: l'inquinamento ambientale. Il borace non va disperso nell’ambiente perché contamina acqua, suolo e vegetazione. La colla con cui si fa lo slime, il vinavil, se viene bruciata (insieme al resto dell'indifferenziato) libera sostanze molto tossiche. Ci sono degli slime fatti in casa con il detersivo. Un anno fa mentre ero in vacanza a Torvaianica si è verificato all'improvviso un fenomeno: l'acqua del mare è diventata marrone. Faceva davvero impressione immergersi. Quel fenomeno, che si era già verificato a Pescara qualche anno prima, è dovuto alla presenza di una micro alga marrone che cresce bene in un'acqua calda (come quella del nostro mare che va aumentando sempre di più la sua temperatura grazie al riscaldamento globale) e in presenza di un eccesso di fertilizzanti e di polifosfati (presente nei detersivi). E allora da quella volta io cerco sempre di usare la minima quantità di detersivo, proprio solo il necessario. Pensa come ci sono rimasta male quando ho visto usare il detersivo per un gioco che poi si butta nella spazzatura e chissà dove va a finire. E, sia che sia bruciato, sia che finisca in mare o nella terra è comunque dannoso. Insieme ad altri insegnanti porto avanti nelle scuole un progetto ambientale e mi è arrivato qualche giorno fa, un Powerpoint di una bambina poco più grande di te, Sara, della provincia di Ferrara, dal titolo “Cosa ho fatto per pulire il mondo”. Sara, quest’estate, si è proposta di fare bene la differenziata e ha coinvolto tutti i familiari, facendo diminuire in poco tempo (fino quasi a zero) l’indifferenziato! Nel suo piccolo ha realizzato il grande progetto che molti cercano di realizzare: “Rifiuti zero”. E, per concludere, per non toglierti il piacere di manipolare la materia vediamo se ci sono delle alternative allo slime. Secondo Federica, una giovane studente di Pedagogia, è necessario prima di tutto, riflettere su alcune cose. Mi spiegava: «Un conto è manipolare una cosa solo per il gusto di manipolarla e un conto è manipolare un materiale per creare qualcosa. Per esempio con il pongo o la pasta di sale puoi creare e ricreare sculture e forme diverse. Le puoi dipingere o colorare o utilizzare per giocare. Si può anche impastare la farina per fare la pizza insieme agli amici e poi mangiarla con loro, provando la soddisfazione di aver fatto qualcosa che dopo non va buttato e inquina, ma anzi fa felici tutti. Saper dare un senso alle nostre azioni, non fermarsi solo al piacere di manipolare la materia può anche aiutare a crescere perché insegna ad utilizzare il proprio tempo, le proprie capacità, le proprie passioni per una finalità che abbia senso, che si possa condividere con altri, che abbia un'utilità per la comunità».    
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Ambiente e stili di vita

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Può illustrarci in modo semplice il cambiamento di stile di vita che ognuno di noi potrebbe attuare da subito?  


Questa domanda mi è stata posta qualche giorno fa ad Anagni, durante una Incontro Ecumenico in cui erano presenti cristiani di diverse confessioni. Ho già indicato in una precedente rubrica (vedi qui) come acquisire stili di vita sostenibili, ma in quell'occasione ho voluto aggiungere alle 4 R (Riciclo, Riduco, Riuso e Riparo), una quinta: Relazionarsi. Lo scienziato Piero Pasolini (1917-1981), che ha fatto sua la visione dell’universo che scaturisce dal pensiero di Chiara Lubich, è convinto che la scoperta più importante dell’epoca moderna sia la cibernetica, cioè l’aver capito che tutto, ogni cosa, ogni essere, viene all'esistenza e si realizza come conseguenza dell’unità di altri esseri. «Le cose si originano per il rapporto organico e vitale con altre cose che, unendosi, danno origine a una terza cosa che le trascende e non è nessuna di loro. Due atomi di idrogeno e uno di ossigeno uniti insieme diventano acqua; pur rimanendo ciascuno se stesso non restano ossigeno più idrogeno, ma diventano qualcosa di nuovo. Questa scoperta è il meccanismo dell’evoluzione. […] Il Vangelo ci ha rivelato che anche l’uomo progredisce nel rapporto. Se io esisto per gli altri, cioè se sono legato con l’amore ad altri, sono nel piano di Dio e se sono così, rapportato con l’altro, continuamente cresco e mi trasformo, e dò vita a una realtà che mi trascende». (Alfredo Zirondoli, Oltre la scienza, Città Nuova, Roma 1990). Sono convinta che relazionarsi, cercare di tessere rapporti di pace tra noi esseri umani ci dà la luce per risolvere i problemi, anche la crisi ambientale che abbiamo causato. Lo scorso luglio è stato pubblicato un Documento programmatico interconfessionale sulla Laudato si: quasi un manifesto da assumere fuori da appartenenze e schieramenti. In esso si legge: «Non perdere l'opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e amicizia. Un'ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell'egoismo. Viceversa, il mondo del consumo esasperato è al tempo stesso il mondo del maltrattamento della vita in ogni sua forma». (LS 230). E ancora: «Non tutti sono chiamati a lavorare in maniera diretta nella politica, ma in seno alla società fiorisce una innumerevole varietà di associazioni che intervengono a favore del bene comune, difendendo l’ambiente naturale e urbano. Per esempio, si preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una fontana, un monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza), per proteggere, risanare, migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o si recuperano legami e sorge un nuovo tessuto sociale locale. Così una comunità si libera dall’indifferenza consumistica». (LS 232) È l’esperienza della signora Carla, che alla fine dell’incontro ecumenico mi ha raccontato che durante quest'estate a San Felice Circeo, ha raccolto bottiglie di plastica, scatole e buste lasciate sulla spiaggia. Ma dove aveva tolto una bottiglia, ne ritrovava tre il giorno dopo. Dopo due mesi, i primi giorni di settembre si è scoraggiata e ha pensato che fosse una battaglia persa. Ha pregato, chiedendo a Gesù di far capire a chi si comportava così quanto fosse pericoloso il suo menefreghismo. Il giorno dopo, era domenica, si sono presentati sulla spiaggia gruppi di ragazzi volontari che non appartenevano a nessuna associazione, ma che con buste, guanti rastrelli e palette hanno pulito in un attimo alla perfezione la spiaggia e la strada. Si è unita a questi ragazzi felice, ringraziandoli. Per una settimana non ha raccolto più bottiglie, nessuno infatti le ha più buttate. Ormai sono migliaia le iniziative a carattere ecologico, come “#TrashtagChallenge" che, a marzo scorso, ha invitato tutti a recarsi nelle aree coperte da immondizia, raccogliere la spazzatura, e postare sui propri profili social il luogo pulito, prima e dopo l’intervento. In poco tempo sono stati pubblicati su Instagram più di 26.000 post che, utilizzando l’hashtag, hanno documentato la pulizia di parchi, strade, riserve naturali e spiagge. Chissà quante altre idee ci sono e ci verranno se entriamo nella dinamica del dono di sé, del legarci con amore agli altri.
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