Di fronte alla morte prematura del mio secondo figlio (aveva solo tre giorni), l’altro figlio Carlo di 5 anni mi ha chiesto: «Quando si muore?». Franca
La morte del fratellino
I bambini necessitano di una spiegazione chiara e determinata di fronte alla morte, in modo che con le nostre parole possiamo dare loro il senso della vita. Ai bambini bisogna rispondere che «si muore quando si ha finito di vivere». Questo può sembrare drammatico ai loro occhi, ma non è così.
Questa verità profonda rassicura tutti quei bambini che stanno attraversando il momento dell’ansia della morte. E al piccolo Carlo si può dire che il fratellino se n’è andato in fretta, prima di vivere e di invecchiare. Noi che lo aspettavamo abbiamo sofferto… ma lui che ha finito di vivere così in fretta ora aiuterà la nostra famiglia.
Le parole dette a un bambino hanno un valore simbolico importante, sia perché i genitori per i piccoli rappresentano dio in terra, l’assoluto, sia perché le parole per loro hanno lo stesso significato della vita e fungono da simbolo per la realtà
In questo modo il fratellino che se n’è andato farà sempre parte della famiglia, non nella tristezza, ma nella vita simbolica. Nella testa del piccolo Carlo, con le nostre parole, noi permettiamo al fratellino di vivere per sempre, perché è stato amato nei mesi della gestazione e sino alla nascita.
La cosa importante non è la vita fisica, ma che un essere umano, il quale aveva preso corpo da due persone che si amano e sono legate dal desiderio, ha potuto nascere ed è andato via presto. Ha finito di vivere prima che gli altri se ne accorgessero.
La rappresentazione simbolica è ciò che accompagna la vita e va al di là del tempo. A volte raccontiamo ai bambini storie strane sulla morte, oppure neghiamo loro la verità temendo chissà quali conseguenze.
Tutta la nostra vita, sia che siamo credenti sia che non lo siamo, dimostra che c’è una Realtà più grande del nostro corpo, una Realtà che magari non possiamo conoscere fino in fondo, ma che in qualche modo possiamo avvicinare. Intuiamo che questa Realtà è fuori dal tempo e dallo spazio.
Ci avviciniamo ad essa con l’arte, con la musica, con la pittura, con la bellezza oppure, come nel caso del nostro piccolo Carlo, con la morte del fratellino. Naturalmente, se siamo credenti, possiamo dare un nome a questa Realtà e dire che il fratellino ora è con Gesù, per cui lo possiamo pregare e gli possiamo sempre chiedere di darci una mano. Ma la morte è una realtà che sta li a dimostrare a tutti che il corpo è solo il simbolo di qualcosa di più grande.
Sta a noi far partecipi i nostri figli, aprendo loro l’incontro con questa Realtà che è il mistero della vita. Vale la pena viverla bene, per avvicinarci nel modo migliore alla nostra morte.