Erdogan va dal papa. Cosa si diranno?
Di personalità ne ha da vendere, Recep Tayyp Erdogan, presidente e padrone della Turchia, che domenica 4 febbraio incontrerà a Roma il papa, oltre alle autorità italiane. Una personalità che ha certamente portato la Turchia ad assurgere al ruolo di potenza regionale, più di quanto non lo fosse all’epoca dei suoi predecessori. Erdogan interviene ovunque, ha una forte propensione al protagonismo, tollera sempre meno le critiche, mette il bavaglio alla stampa, dei diritti umani ha un’idea tutta sua. Firma un accordo miliardario con l’Unione europea per trattenere in Turchia qualche milione di siriani ma continua a minacciare di rilasciare i cordoni avviando una nuova ondata migratoria verso l’Europa. Usa della potente minoranza turca in Germania per lanciare messaggi talvolta inquietanti alla Merkel e all’Europa. Si propone come “nuovo califfo” per tutti i sommovimenti che scoppiano attorno al Mediterraneo. E poi riesce a litigare coi vicini greci in una visita ad Atene molto discussa; fa quasi la guerra con Putin e poi diventa il suo principale alleato nella regione; innalza a più riprese lo spauracchio dei “terroristi curdi” e prende a pretesto la loro minaccia per invadere il Kurdistan siriano dalle parti di Afrin, facendo 800 morti in poche ore e creando ulteriori masse di profughi; litiga persino con Macron…
È di ieri, in effetti, la violenta polemica col presidente francese, reo di aver avvertito il suo omologo turco contro ogni tentativo di «invasione» da parte della Siria nordoccidentale e ha invitato Ankara a coordinarsi con l’Europa e i suoi alleati. «Consideriamo degli insulti i richiami della Francia su un’operazione che stiamo conducendo in conformità con il diritto internazionale – ha replicato il ministro degli Esteri turco Cavusoglu –. Usiamo il nostro diritto all’autodifesa, in conformità con le decisioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu, e non è un’invasione». Alzando poi i toni: «Non devi essere ipocrita! La Francia, e nessun altro Paese, può dare lezioni alla Turchia. Non siamo la Francia, che ha invaso l’Algeria». Una polemica dai toni estremamente elevati, che rischia di complicare di molto il percorso tra Unione europea e Turchia, già compromesso da anni di rinvii sulle trattative per l’entrata di Ankara nell’Unione. E intanto Erdogan continua la sua offensiva ad Afrin, mentre Assad attacca la vicina Idlib, probabilmente «dopo un accordo di scambio tra Siria e Turchia», come sostengono certi giornali mediorientali.
Ora Erdogan va dal papa. E farà ancora parlare di sé. Francesco, lo sappiamo, non ha paura di nessuno, ma sa essere affabile, sa distinguere il rapporto personale dalla denuncia del male. Al punto da riuscire a cambiare il corso a situazioni all’apparenza insolubili. Vedi il caso dei roinghya in Myanmar: senza nemmeno nominarli nella sua visita nel Paese asiatico è riuscito a far mutare l’atteggiamento dei generali birmani sulla questione. Anche stavolta il problema curdo sarà sul tappeto, c’è da giurarlo, anche se Francesco saprà usare le parole giuste per manifestare il suo pensiero e cercare di convincere l’interlocutore a più miti consigli. Non a caso ieri sera l’Osservatore romano, con il “coraggio distaccato” di cui sa dar prova nelle sue eccellenti pagine internazionali, denuncia una incursione addirittura nel Kurdistan iracheno delle forze di Ankara, che sono penetrate per 7 chilometri in territorio iracheno per inseguire dei “terroristi curdi”. Nessun altro giornale europeo, o quasi, ne ha parlato. Mentre nello stesso numero il quotidiano della Santa Sede apre con un titolo inequivocabile: “Nella religione non c’è spazio per odio e vendetta”.
Poco si saprà del tono e del contenuto del colloquio. La diplomazia vaticana sa essere in questo una vera diplomazia. È nei giorni seguenti che si capirà se Francesco avrà saputo in qualche modo “addomesticare” l’energia da protagonista di Erdogan.