Ercolano, perla del Vesuvio

Dista a pochi chilometri da Pompei. Gode di diversa fama presso il pubblico ma anche presso gli esperti. Ecco il perché
Ercolano

In origine fu Ercolano e poi Pompei a riemergere con straordinarie memorie da 25 metri di fango, dopo l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. La straordinarietà di quella scoperta aveva convinto il re Carlo III di Borbone a procedere con entusiasmo anche nell’area pompeiana.
 
Oggi è ancora Ercolano a dettare i tempi imponendosi come modello di gestione del patrimonio archeologico dell’area vesuviana. Sì, perché mentre Pompei, la popolare, è perennemente a rischio crolli ed oggetto di attenzioni, la città dedicata ad Ercole, meno nota alle cronache della famosa sorella, è silente e laboriosa. Tanto da meritarsi dai giapponesi il titolo di “modello  di gestione innovativa e partecipatoria nel 2011”.
 
Un riconoscimento non a caso. Da dieci anni, ad Ercolano, l’Herculaneum Conservation Project è una fruttuosa collaborazione pubblico-privata da 15 milioni di euro – e che si appresta ad essere rinnovata –,  portata avanti dalla Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Napoli e Pompei, il Packard Humanities Institute e la British school of Rome. Il prossimo 19 aprile, per celebrare la chiusura della prima fase dei lavori, verrà riaperto al pubblico il Decumano massimo (la via principale di una città antica). Tutti, anche i visitatori con ridotte capacità motorie o mamme con passeggini potranno percorrerla.
 
Ma l’accessibilità alle vie dell’antica città era solo uno dei gravi problemi alla fine degli anni Ottanta, seppure uno dei più macroscopici. La condizione di degrado e incuria generale in cui versava Ercolano, meno grande e importante di Pompei, la stavano di fatto condannando all’abbandono e ad una fine di certo meno nobile dei suoi famosi natali. Fino a quando David W. Packard, figlio di uno dei due fondatori dell’informatica Hp, nel 2001 non decide di devolvere 15 mila euro «a sostegno dello Stato italiano», come recita il programma.
 
E questo fa bene alla gestione del patrimonio, perché un privato, senza eccessivi clamori, si è ritrovato ad essere  un mecenate che non si mette a servizio di un’opera ex novo, ma di un’opera di tutela. Nasce così un progetto che in questi anni ha restituito ad Ercolano un sistema di drenaggio delle acque piovane e messo in sicurezza l’80 per cento degli edifici, dotato di un criterio sistematico di manutenzione programmata dopo cinquant’anni e dato lavoro a figure professionali italiane che spesso rimangono inespresse. Sono i 15 milioni che hanno permesso ad Ercolano di sopravvivere e sperare in un futuro, di progettare un turismo sostenibile a lungo termine che coinvolgesse le comunità locali. Tutto questo mentre Pompei attende alla sbarra i 105 milioni di euro dell’Unione europea, che non potranno essere di certo i soli che occorreranno per tornare ad essere esempio di bene e non di mali culturali.

I più letti della settimana

Il sorriso di Chiara

Abbiamo a cuore la democrazia

Quell’articolo che ci ha cambiato la vita

La filosofia dello sguardo

Carlo Casini, apostolo della vita

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons