Erasmus a rischio, ma non solo

Il celebre programma universitario è solo una minima parte dei capitoli di spesa colpiti dai tagli al budget europeo: dalla ricerca all'imprenditoria, a soffrire è un settore ben più vasto
l'appartamento spagnolo

La notizia è rimbalzata su tutti i giornali, mobilitando il già agitato mondo universitario: sono finiti i soldi per il programma Erasmus, a rischio le prossime partenze e il rimborso degli assegni già erogati. Facile immaginare il trambusto nelle migliaia di appartamenti spagnoli e non – dal titolo del celebre film, L'appartamento spagnolo (nella foto), che ha portato sul grande schermo il programma di scambi universitari più diffuso in Europa – e le reazioni del mondo politico: dal capogruppo di Fli alla Camera, Benedetto Della Vedova, che ha annunciato che proporrà «un'interpellanza urgente al governo perché si attivi in sede Ue», all'Idv Giulia Rodano, che vede in questi tagli la conferma che «l'Ue è sempre più ostaggio di politiche liberiste lontane dalla quotidianità di cittadini».
 
Ma come è potuto accadere? Facciamo un passo indietro, ossia all'annuncio dell'europarlamentare francese Alain Lamassoure, presidente della Commissione Bilanci di Strasburgo. Nella comunicazione ufficiale, rilasciata dopo che la Commissione ai Bilanci ha votato contro i tagli richiesti dal Consiglio dell'Ue al budget comunitario 2013, si legge che «nel 2012 non avevamo previsto abbastanza controlli dell'impegno delle spese. I fondi di coesione sono in pericolo, come anche il Fondo sociale europeo, l'Erasmus, il programma di educazione e di apprendimento permanente, o ancora i programmi di ricerca e sviluppo». In sostanza, si sta riproponendo la situazione che già l'anno scorso aveva messo l'Ue davanti allo spettro del cosiddetto “bilancio di previsione”, ossia andare avanti ogni mese con un dodicesimo dei soldi stanziati per l'anno precedente (non potendo quindi mai effettuare grosse spese): l'assenza di un accordo sul bilancio. Procedura particolarmente complessa in cui entrano in gioco Parlamento, Consiglio e Commissione, oltre agli Stati membri, e che dal 9 luglio – data di inizio dei colloqui – non ha ancora portato allo scioglimento di diversi nodi; tra cui, appunto, quello del finanziamento non solo dell'Erasmus, ma di tutti gli altri capitoli elencati da Lamassoure.
 
Se a fare notizia è stato soltanto il famoso programma universitario (per il quale è stato peraltro già approvato un emendamento che ne garantisce la copertura per il 2013, anche se rimangono a secco gli ultimi tre mesi del 2012), questo è solo una parte della storia: ci sono infatti in ballo quasi 2 miliardi di euro di tagli ai fondi per la ricerca, l'innovazione, l'imprenditoria e l'impiego, e più di uno e mezzo per le politiche regionali. E non stiamo parlando di questioni che non ci toccano: molti corsi di formazione ed avviamento al lavoro a livello locale, ma anche eventi culturali e per i giovani, vengono finanziati attraverso questi canali. Peraltro, ha ricordato l'europarlamentare italiano Giovanni La Via, «un euro speso a livello europeo rende di più che lo stesso euro speso a livello nazionale: nel campo della ricerca, ad esempio, per ogni euro investito si ha un ritorno di quattordici».
 
Si sa però che, quando è ora di mettere i soldi sul piatto, non è mai facile accordarsi su chi mette quanto; e data la crisi in cui molti Stati membri versano, difficile che il prossimo 23 ottobre, quando si andrà al voto in plenaria e il commissario al Bilancio Janusz Lewandowski avanzerà una proposta per il finanziamento, molti di questi resistano alla tentazione di sperare che siano altri a fare il primo passo. Uno scaricabarile che però rischia di ritorcersi contro gli stessi governi nazionali: come ha ricordato il portavoce di Lamassoure, infatti, si tratta spesso di somme già anticipate dai singoli Stati ai propri cittadini, e il non voler rimpinguare queste linee di finanziamento significa comunque dover sborsare quei soldi di tasca propria.
 
Che cosa aspettarsi dunque? Le date da tenere d'occhio, oltre al 23 ottobre, sono i giorni dal 19 al 22 novembre, quando la plenaria successiva dovrebbe – il condizionale è d'obbligo – approvare il bilancio definitivo. Giusto per sapere com'è finita la storia, l'anno scorso il bilancio è stato approvato dopo estenuanti trattative notturne il 5 dicembre – ironia della sorte, in concomitanza con la festa di San Nicola, che porta i doni ai bambini in tutto il nord Europa; vedremo quest'anno che succederà.

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