Ephraim – Lunedì santo
Nella casetta di pietre antiche così simile a quella che probabilmente aveva visto la nascita di Gesù a Betlemme
Lunedì. Percorro a ritroso la strada verso Gerico, e poi verso la frontiera di Bet She’an, verso Tiberiade. Mi fermo ad Ephraim, dall’amico padre Iussef. Nella corte della sua dimora (chiesa parrocchiale, scuola, ostello e canonica), conserva un’antica abitazione locale simile a quella che Gesù abitava a Nazareth. E, soprattutto, a quella in cui era nato.
La casetta è costruita di pietre antiche, alcune delle quali tagliate nel IV secolo. È separata in due piani, aperti su un piccolo ingresso comune. Al piano superiore, si distinguono due locali: da un lato il luogo di vita della famiglia, dove si mangia e si dorme, con caminetto e madìe, scansie e rudimentali ripostigli; dall’altro l’ampio granaio. Nel piano inferiore, sotto la zona di convivenza famigliare, c’è una stalla per gli animali di piccola taglia (galline, conigli e capre) e, sotto il granaio, la stalla per quelli grandi (bue, mucche e asini).
Con poche parole, padre Iussef da un senso al «non c’era posto per loro», ma anche alla mangiatoia, alla presenza dei pastori, e persino alla tradizione del bue e dell’asinello. Questo luogo attira sempre più turisti e giornalisti, anche quelli di Paris Match e del New York Times. Ma la messa celebrata nell’attigua chiesa – padre Iussef e il sottoscritto – è la memoria più vera del Dio sceso in terra.
Passato il posto di frontiera di Bet She’an il tassì per Amman prende una strada verso la capitale giordana che sembra quella del Passo Pordoi: un tornante dopo l’altro. Quindi cambio auto e mi dirigo verso Damasco. La notte e le canzonette arabe hanno la meglio sulla mia resistenza.