Entro il 2025, due miliardi e mezzo di abitanti senz’acqua?
Non il terrorismo, né la guerra, ma una vera e propria autodistruzione dovuta al surriscaldamento insostenibile del clima: questa una delle cause più tangibili per una prossima “fine del mondo”. «Se la tendenza non verrà modificata, ci sarà un aumento della temperatura entro fine secolo di oltre 5 gradi. E se dovessimo bruciare tutti i combustibili fossili disponibili nei giacimenti mondiali, il riscaldamento globale potrebbe raggiungere anche gli 8-10 gradi C arrivando in Medio Oriente ad una temperatura percepita di 60 gradi C. Alcune regioni sarebbero poi particolarmente colpite: ad esempio, il fenomeno renderà impossibili i pellegrinaggi dei fedeli in Terra Santa. E questo accomunerebbe sia i cristiani diretti a Gerusalemme sia i musulmani diretti alla Mecca».
Lo ha spiegato Hans Joachim Schellnhuber, membro della Pontificia Accademia della Scienza e climatologo del CBE Potsdam Institute for Climate Impact Research, intervenuto al XII Forum internazionale Greenaccord dell'Informazione ambientale svoltosi dal 18 al 21 Novembre scorso. Lo scienziato ha sottolineato come, al di là delle implicazioni per i fedeli, più in generale questi aumenti potrebbero portare “alla fine della nostra civiltà”. Che l’impatto del riscaldamento del pianeta stia comportando la progressiva scomparsa dei ghiacciai dalla Terra non è una notizia purtroppo. Ma i dati, e le potenziali terribili conseguenze, esposti da Svante Bodin, professore dell’International Cryosphere Climate Initiative, non possono non entrare nelle principali agende politiche, soprattutto in relazione alla Conferenza di Parigi su ecologia e cambiamenti climatici.
Secondo la ricostruzione di Bodin «lo scioglimento delle calotte di ghiaccio polare e l’acidificazione degli oceani del Nord Atlantico possono essere reversibili a condizione di riuscire a contenere l’aumento della temperatura tornando ai livelli preindustriali, riducendola quindi di 1-1,5 gradi C». Ma tutti i dati climatici sembrano essere concordi sul fatto che l’aumento della temperatura globale «potrebbe verificarsi molto prima di quanto proiettato”. In base agli scenari possibili, ha aggiunto l’esperto climatologo, “possiamo dire che, se non alzeremo il livello delle nostre ambizioni, l’aumento medio delle temperature sarà tra i 2,7 a 3,5 gradi entro il 2030, con la certezza di veder scomparire centinaia di grandi ghiacciai, contribuendo così all’aumento del livello dei mari ma anche a mettere in crisi le risorse idriche regionali».
Al tema del riscaldamento climatico fanno da cornice le conseguenze dovute alla progressiva desertificazione di molte aree del pianeta, con le crisi idriche che colpiscono spesso le regioni meno sviluppate del mondo. Secondo Zbigniew W. Kundzewicz, esperto di desertificazione della Polish Academy of Sciences, attualmente sulla Terra un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile, buona parte concentrate in Africa, un continente in cui un terzo della popolazione vive in siccità e ogni anno muoiono 1,5 milioni di bambini. “Questi numeri, senza adeguate contromisure sostenibili, sono destinati a salire ed entro 2025 saranno almeno 2,5mld le persone costrette a vivere senz’acqua”, ha aggiunto, denunciando il rischio di un aumento di profughi per crisi ambientali.
«La diminuzione delle risorse idriche sono confermate da tutti i nostri dati e le simulazioni del futuro mostrano che questa realtà è drammaticamente in aumento», ha concluso Kundzewicz. Ma proprio dalla sua “cattolicissima Polonia”, ha sottolineato il geofisico, arrivano molte voci scettiche a proposito della scelta “ormai irreversibile” di abbandonare l’uso del carbone. Uno scetticismo forse condizionato dalle lobby del carbone, che rappresenta l’85% delle fonti energetiche del Paese. Eppure, per il geofisico, la Polonia sarebbe chiamata ad adottare fedelmente l’enciclica di papa Francesco, «affascinante perché parla con coraggio di sviluppo sostenibile, di giustizia e equità fra le generazioni”, declinando un nuovo modello di qualità della vita che parte dalla premessa che “l’ambiente non ci appartiene, lo abbiamo ereditato e abbiamo il dovere di custodirlo».
Proprio su questo tema, non andrebbe dimenticato il richiamo arrivato da Giuliano Amato, membro della Corte Costituzionale, più volte presidente del Consiglio ed ex ministro, che nello stesso forum di Rieti ha collegato il tema dell’ecologia alle nuove forme di terrorismo che si alimentano con i ricavi delle vendite dei combustibili fossili. «Se abbandoniamo l’uso dei combustibili fossili – ha affermato – oltre a contribuire a conservare la Casa comune, essiccheremo anche il finanziamento del terrorismo». L’emergenza climatica, ha aggiunto Amato, «è una vendetta rispetto all’estremismo razionalista post-illuminista. È la scienza che ci dice che il mondo così come lo stiamo conducendo ci porta alla rovina. Se a Parigi – ha affermato – si stabilisse ad esempio che entro 5 anni i paesi sottoscrittori debbano vedere circolare solo auto alimentate da circuiti ecosostenibili avremmo un grande impatto positivo in controtendenza per conservare l’ambiente».