Emigranti italiani oggi

Presentato a Roma il Rappporto italiani nel mondo 2018, a cura della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana. La migrazione è un fenomeno complesso in continua e costante trasformazione. Dall'Italia vanno via anche gli over 50
Katerina Sulova AP Images
Quanti sono gli italiani che lasciano oggi l’Italia oggi, quanti cittadini italiani risiedono all’estero e dove, chi sono? Queste, alcune delle domande alle quali il Rapporto Italiani nel Mondo 2018 dà risposta.
500 pagine, 64 autori, 50 saggi articolati in 5 sezioni: flussi e presenze, prospettiva storica, indagini ed esperienze contemporanee, mobilità giovanile italiana, statistiche e indicazioni per approfondimenti.
Un testo sorprendentemente ricco e pieno di sorprese, uno strumento culturale di altissimo valore che pone al centro le persone che vivono tutte nella stessa casa-terra e che hanno, tutte, il diritto di partire o di restare, il diritto di poter tornare, il diritto di esistere.
Cresce costantemente il numero degli italiani che decidono di emigrare.
Nel 2017, 128.193 italiani hanno lasciato il Belpaese, ottenendo la residenza all’estero. Tra questi gli over 50, “migranti maturi rimasti senza lavoro, in cerca di nuova occupazione”, e poi i pensionati che cercano di trascorrere la terza età in Paesi fiscalmente vantaggiosi e i nonni che si ricongiungono ai figli all’estero.
E non è una mobilità prevalentemente maschile (sebbene il 55% siano uomini), in quanto un peso importante delle partenze è dovuto ai nuclei familiari, come sottolineato dai 24.570 minori (19,2% del totale).
Il Rapporto, a cura della Fondazione Migrantes della CEI, presentato a Roma e magiscoordinato dalla sociologa Delfina Licata, è un testo che comincia dai numeri dei flussi e delle presenze (genere, destinazioni, luoghi di partenza, classi di età, titolo di studio ecc.) e dei vari profili (giovani, minori, anziani, studenti, specializzandi, ricercatori, “nuovi italiani”, frontalieri).
Per poi sviluppare diverse tematiche: dal lavoro alle relazioni generazionali, dal rapporto con le famiglie all’associazionismo, dalle necessità pastorali a quelle legate alle pratiche burocratiche come l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero).
E non vengono tralasciati alcuni gravi elementi negativi come l’estrema povertà che porta a vivere in strada o in clandestinità e che porta alla detenzione e alla espulsione. È l’infrangersi di un sogno di chi si è trovato solo nel Paese di approdo, o privo degli attrezzi culturali o semplicemente delle informazioni necessarie per affrontare adeguatamente la migrazione dall’Italia
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Parla chiaro mons. Guerino Di Tora, vescovo ausiliare di Roma e presidente della Fondazione Migrantes, riprendendo alcune parole scritte nel Rapporto.
«Viviamo, il tempo della mal-informazione, la quale genera la semplificazione della realtà e la cattiva abitudine di una lettura emotiva, per cui ci si abbandona nel credere senza riserve costruendo una realtà altra, spesso molto distante da ciò che è vero, e il disagio percepito si trasforma in rabbia sociale e voglia di irrazionale rivalsa».
E aggiunge: «La mobilità è stata, e tuttora è, il tema più preso di mira dalle distorsioni del dibattito pubblico probabilmente perché diventata capro espiatorio del disagio sociale avvertito da tempo in Italia e che stenta a essere risolto.
Povertà diffusa, deficit demografico, invecchiamento inesorabile, disoccupazione spietata e trasversale nelle classi di età: sono solo alcuni degli elementi che hanno portato gli italiani, oggi, agli atteggiamenti di stanchezza e rancore sempre più noti e ricorrenti nelle pagine di cronaca. La migrazione tutta, e italiana anche, è un fenomeno complesso in continua e costante trasformazione. Non servono solo le statistiche e gli studi. Occorre che lo studio arrivi sulle scrivanie dei decisori politici e soprattutto occorre che lo studioso affianchi le istituzioni, le indirizzi per giusti e nuovi percorsi di lavoro per e con i migranti».
 Le conclusioni sono state affidate al presidente della CEI, il cardinale Gualtiero Bassetti.
«Quando lo spaesamento metropolitano e la sofferenza urbana non vengono riconosciuti e ‘accolti’ si passa a patologie ben più gravi come lo stato di povertà, la perdita dell’autonomia e dell’equilibrio nella propria vita fino alla vita in strada.
E anche di questo si parla nel testo con mio grande favore, perché la migrazione, per tutti, è gioia e dolore, è vittoria ed è fallimento. Ben vengano allora gli approfondimenti sugli italiani illegali in Australia, quelli che vivono in strada a Londra, o l’attenzione alle vicende di Paesi che si trovano in situazioni gravi a livello politico ed economico come il Venezuela, con la presenza di numerosi immigrati italiani che vivono quel dramma».
Bassetti ha ricordato la Campagna “Liberi di partire, liberi di restare”, promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana, che ha destinato un fondo a sostegno di specifiche Azioni e progetti, e ha aggiunto, come sia necessario oggi un recupero di umanesimo a dimensione mondo, e come occorra sempre un preciso contesto comunitario per costruire la propria umanità.
Il Rapporto vuole anche dar peso e vero senso semantico alle parole della migrazione. «Mobilità – si legge nella Introduzione – come complesso intreccio di percorsi e motivazioni che spingono oggi a muoversi nel mondo convinti che, comunque, la partenza porterà ad incontrare e, mai come nel caso del migrare, il coinvolgimento è di persone.
Dalle persone si parte e alle persone si arriva quando si riflette sulla mobilità. Mobilità e migrare sono, quindi, parole che “vanno abitate” e dalle quali “bisogna farsi abitare” perché parlare o scrivere di migrazioni non significa solo comunicare concetti, ma trasmettere gioie e dolori, certezze e paure, guardare l’altro negli occhi e allo specchio se stessi, condividere e dialogare»
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