Emergenza, diritti e credibilità dello Stato

Il territorio siciliano investito dall’ondata migratoria si trova a fronteggiare problematiche ampie. Non dimentichiamoci però che parliamo sempre di persone
Lampedusa 2

Le notizie che rimbalzano in Sicilia, e poi in tutta Italia oggi, sono tre: la prima arriva da Mineo, la seconda da Lampedusa, la terza dalla Procura di Catania.

 

Nel comune di Mineo, siamo nella provincia di Catania, c’è il residence degli Aranci, un bel complesso residenziale lontano dal centro abitato e ben delimitato, che sino a poco tempo fa accoglieva il personale della base militare di Sigonella. Nei giorni scorsi, velocemente ribattezzato Villaggio della Solidarietà, è stato riaperto per accogliere gli immigrati che stanno chiedendo asilo politico all’Italia. Il sindaco di Mineo tuttavia si è reso conto che le persone arrivate non sono richiedenti asilo, ma “immigrati semplici”. La reazione è immediata: «Ci avete presi in giro. Il patto con Maroni è carta straccia»; «Un bluff da parte del governo nazionale». I sindaci dell’intera area sono solidali: lo Stato ha mentito e quindi scendiamo in piazza per protestare. Questi immigrati non sono quelli che ci erano stati promessi. Ma, alla fine, ci chiediamo, che differenza c’è? Non si tratta sempre di persone?

 

Da Lampedusa la notizia è di ben altra portata: l’acqua potabile sull’isola è finita, sta scattando l’allarme sanitario anche per le indescrivibili condizioni igieniche in cui versa il territorio. I meccanismi attivati per alleggerire l’isola dal gran numero di immigrati non sono all’altezza dell’emergenza. Il fatto è che a Lampedusa i cittadini non sanno più cosa dare a queste persone: hanno dato davvero tutto, anche l’acqua potabile, di certo uno dei beni che in queste circostanze ha maggiore valore, anche perché sull’isola viene portata, in gran parte, dalle navi cisterna. La richiesta di fornitura straordinaria di ventimila metri cubi d’acqua, fatta già da un mese, non ha  ancora avuto copertura economica da parte del Ministero della Difesa. «La popolazione di Lampedusa quindi, composta di 5.500 isolani, 5.000 profughi e 400 appartenenti alle forze dell’ordine – si legge in una nota del Comune – ha il problema dell’approvvigionamento idrico. Non c’è l’autonomia sufficiente per assicurare la fornitura agli oltre 11.000 presenti». Si stanno attivando alcune catene del volontariato per approntare punti di raccolta in altre città della Sicilia e portare velocemente vestiti, coperte, giubbotti per sopperire alle prime necessità. Ma questo di certo non sarà sufficiente. Ieri

 

A Catania la Procura sta evidenziando che anche dall’Italia ci sono gli scafisti che contribuiscono al traghettamento degli immigrati fino alle coste siciliane e non per spirito umanitario e a ‘costo zero’. La criminalità organizzata certo non si lascia scappare un’opportunità così interessante.

Tre volti diversissimi di una stessa situazione che non hanno bisogno di molte spiegazioni. Dovremmo solo ricordarci che la posta in gioco è alta: la vita delle persone, la capacità di convivenza – anche temporanea – di popolazioni molto diverse, la credibilità dello Stato italiano di fronteggiare con serietà e determinazione una vicenda in cui ci sono molti interessi da difendere ma anche molti diritti da riconoscere, su tutti i versanti.

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