Emanuele Conte canta “Proiettile bambolina” per la pace

Emanuele Conte, con la sua musica pop, ci parla di vita, arriva al cuore. In questa intervista racconta la sua esperienza, tra ricordi passati, esperienze presenti e future speranze.
Emanuele conte al Play music Stop violence, Roma.

Intervista a Emanuele Conte, cantautore di 26 anni. Tra i suoi recenti successi la canzone Amico mio con oltre 25 mila visualizzazioni su YouTube e i più recenti Proiettile bambolina e Pirandello, che sta ricevendo ottimi consensi dalla critica e dal pubblico. Si è classificato 1° al Play Music Stop Violence, che lo ha visto sul palco il 13 maggio 2023 in piazza del Popolo a Roma ad esibirsi al concerto Play Music Stop War Concerto per la Pace.

Com’è nata questa tua passione? Immagino abbia un certo valore per te dato che hai scelto di renderla professione.

La passione, nella mia esperienza, non penso che nasca in un determinato momento della vita, ma che sia qualcosa che accompagna durante tutto il suo proseguimento. Una nota sempre presente a cui al massimo si può decidere di non dare troppo peso, dedicandosi ad altro. Già nei miei primi ricordi cantavo sempre. Tra i primissimi, ripenso a quando ero all’asilo: prendevo una seggiolina e mi mettevo davanti agli altri bambini, ogni giorno, a cantare la stessa canzone. Alla fine, era diventata una tradizione.

Alle medie, in occasione di una recita di fine anno, la mia professoressa di musica mi chiese se avessi voluto fare il solista. Ne rimasi sorpreso, mi portò a pensare. Queste tappe, che sono molto definite per me, si sono poi iniziate a concretizzare, sempre per fortuna o per destino, durante gli anni del liceo, quando una persona che andava nei locali a fare musica come lavoro mi chiese se avessi voluto fare questa cosa con lei. Ecco che la passione è iniziata a diventare una professione, non solo un’attitudine.

Emanuele Conte al Meeting Rimini 2023.

Nella vita, oltre alla musica, porti avanti degli studi?

Sono laureato in filosofia a Venezia. Al momento studio Ontologia trinitaria all’Università Sophia, a Loppiano, in Toscana. Può sembrare qualcosa di distante dalla canzone ma io non credo lo sia: è legata alla stesura dei miei testi, la storia della filosofia è molto intrecciata con la musica. Insomma, non sono il classico cantante che è nato e cresciuto in ambiente musicale, che ha sempre studiato solo musica. Non ti diro mai che è tutta la mia vita. Non lo ricerco ossessivamente, anche se riconosco che è qualcosa di essenziale e importante per me. Ad esempio, da piccolo sognavo di fare il calciatore… Non era proprio per me, devo ammetterlo.

Hai comunque scelto di investire buona parte del tuo tempo nella musica a livello professionale, non è solo un semplice hobby. Perché?

Bellissima domanda, a cui è difficile rispondere però, perché i “perché” nella vita cambiano. Il mio primo perché l’ho spiegato, la ragione per cui ho iniziato a cantare. Come mai la mia priorità ora è cercare di farne un lavoro? Un po’ di anni fa ti avrei detto perché è bello stare sul palco, emergere, essere apprezzato. Sono tutti elementi che penso ogni artista abbia a cuore, e che tutt’ora sono veri per me, però sento anche qualcosa di più.

Dopo l’anno scorso mi sono veramente posto questa domanda: perché faccio musica? Avevo terminato un viaggio di volontariato in Venezuela dove la musica non c’entrava nulla, anzi avevo bisogno di donarmi un momento per non pensarci, per staccare. È stata un’esperienza molto bella. Al mio ritorno mi sono chiesto cosa volessi fare con questa passione, ma alla domanda ha seguito una risposta abbastanza inequivocabile: sì, volevo fare musica, era ed è la mia arte, il mio modo di comunicare ciò che mi accade. Raccontare e raccontarmi.

Cosa comunichi nelle tue canzoni?

Io penso di non avere una direzione unica. Tendo a lanciare un messaggio che vuole essere molte cose, tutte belle e positive. Voglio comunicare tanto, in particolare ciò che è legato al mio presente. Ho parlato di Covid, di guerra, di disturbi del comportamento alimentare, di amore, ricordi e amicizia. Difficilmente ho una musa ispiratrice, una tematica che cerco di scandagliare in tutti i modi attraverso una serie di canzoni. Mi piace l’idea di essere qualcuno che racconta la realtà per come la vede con i suoi occhi. Sotto però c’è tutta la ricerca che faccio singolarmente e con tante altre persone. Mi piace trasmettere la bellezza di una vita che si dà in tante maniere e che si può anche recepire in tanti modi diversi.

Quali sono le difficoltà di percorso con cui si scontra un ragazzo che sceglie di fare il cantautore?

Più che altro il lato economico è critico. Non si ha una stabilità, difficile vivere solo di quello. Bisogna reinventarsi su tante cose. È il motivo per cui non faccio solamente concerti, ma mi dedico anche a tante altre cose che comunque mi permettono di coltivare questo mio talento. L’idea del successo può dare una spinta a partire, ma quando subentra questa prima difficoltà, molto concreta, può succedere il desistere dal perseguire il proprio sogno. Alla fine, va accettata l’onda, una seconda grande difficoltà di questa professione. Mi spiego: gli artisti passano dal vivere momenti di notorietà, ma è normale che poi questi siano intervallati da altri meno rilevanti. C’erano momenti in cui investivo tanto su un pezzo e ricevevo invece commenti negativi, altri in cui mi indoravano ma tenevo bene a mente che questo non significava che ero già arrivato a un punto di successo stabile.

Prossimi progetti?

A breve, il 5 novembre 2023, ho una finale molto bella e importante di un concorso dedicato a Pierangelo Bertoli, grande cantautore italiano scomparso a 59 anni per un tumore ai polmoni. Veniva da Sassuolo, nelle vicinanze di Modena. Siamo otto finalisti in tutta Italia e faremo questa doppia serata in suo ricordo, poi ci saranno quattro artisti maggiori che riceveranno dei premi. Sono emozionato doppiamente perché porterò un pezzo, “Proiettile bambolina”, che quest’anno mi ha accompagnato in diverse tappe. Poterlo riproporre alla luce di una guerra incredibilmente truce, scoppiata di recente in medio oriente, in posti così simbolici e importanti, tra l’altro, è il mio modo per dare un mio contributo.

In questo periodo è molto difficile per me pensare alle mie preoccupazioni, perché ragiono su come non valgano nulla se da qualche altra parte ci sono persone che muoiono in maniera così ingiusta… Credo in questo pezzo, e spero che potrò continuare a cantarlo a tante altre persone nei prossimi mesi. Lavorerò a delle nuove canzoni, entro alla fine dell’anno dovrà uscire un EP -“Extended Play”, un’uscita discografica più lunga di un singolo, ma contenente meno brani di un album o di un LP- con alcuni inediti e alcuni brano già noti. La mia grande speranza per il prossimo anno è quella di provare a salire su un grande palco, si vedrà cosa ha da offrirmi il futuro.

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