Eluana, un anno dopo
Il 9 febbraio del 2009 moriva a Udine Eluana Englaro. Restano aperti ancora molti dubbi medici e giuridici.
«Sarebbe presuntuoso contare unicamente sulla tecnica. E in questa ottica, un esasperato accanimento terapeutico si rivelerebbe, oltre che inutile, non pienamente rispettoso del malato giunto ormai ad uno stato terminale». Così scriveva Giovanni Paolo II il 23 marzo del 2002 e lui stesso, resosi conto dell’inutilità di tutte le cure, avrebbe pronunciato quel finale: «Lasciatemi andare». E Chiara Lubich, per gli stessi motivi del papa, ha chiesto di finire i suoi giorni, non in ospedale ma nella sua casa di Grottaferrata.
Citiamo questi due esempi per sottolineare la chiarezza del pensiero cristiano rispetto ai malati terminali. Ben altro caso è stato quello di Eluana Englaro che il 9 febbraio del 2009 alle 19 e 35 esalava l’ultimo respiro. Dura 133 pagine la Relazione di consulenza tecnica-legale, l’autopsia di Eluana, letta la quale il gip di Udine ha definitivamente stabilito che tutto si è svolto regolarmente e il procedimento penale a carico del papà, Beppino Englaro, e di altri 13 sanitari indagati per la morte di Eluana, è stato archiviato.
La morte di Eluana, pur provocata dalla volontaria interruzione del sostentamento, sarebbe avvenuta conformemente alle indicazioni della Corte d’Appello di Milano. «Trattasi di cadavere femminile – recita l’autopsia –, della lunghezza di circa 171 centimetri, del peso di 53,5 chilogrammi, cute liscia ed elastica, capelli neri, corpo normale, nessun decubito». È un colpo al cuore leggere l’autopsia di un corpo sano, di una persona senza nessuna malattia, di una disabile che aveva come unica necessità di essere alimentata con un sondino, come ce ne sono migliaia in Italia e in condizioni molto peggiori di Eluana.
Restano dubbi su una vicenda molto triste e tormentata.
Dubbi sull’autopsia: non si capisce come mai non siano stati effettuati banali esami del sangue di fronte ad un protocollo molto dettagliato. Dubbi medici: non c’è nessuna certezza sull’irreversibilità dello stato vegetativo, come dimostra il caso di Massimiliano Tresoldi, un ragazzo di Carugate, in provincia di Milano, risvegliatosi dopo dieci anni di coma. Ed anzi, più progredirà la ricerca scientifica, più ci sono possibilità di conoscere la vita cerebrale nascosta nelle persone in questo stato.
Dubbi giuridici: la sentenza del gip di Udine si basa su una precedente decisione del Tar della Lombardia che è, però, stata impugnata ed è tuttora pendente al Consiglio di Stato.
Dubbi mediatici: sui giornali e tv si continua a parlare, in modo improprio, di stato vegetativo permanente, quando tale espressione è stata abbandonata nel 1996 dalla comunità scientifica. Si parla ancora di Eluana come di una vita artificiale, quando nessun macchinario è stato mai usato dalle suore che l’assistevano, senza aver bisogno di nessuna specializzazione medica, usando solo un sondino nasogastrico per l’alimentazione.
Ci sono 2700 persone in Italia che vivono come Eluana, assistiti da famiglie in modo eroico e, a volte, senza risorse. Oltre all’aiuto della comunità civile, a loro, andrebbe assegnato un premio come eroi civili e la cittadinanza onoraria di tutte le città d’Italia.
Eluana: i fatti
Per chi volesse approfondire e documentarsi, segnaliamo il bel libro Eluana i fatti di Lucia Bellaspiga e Pino Ciociola, inviati di Avvenire. Il libro ripercorre i fatti nudi e crudi della vicenda consentendo al lettore di farsi una propria opinione.