Elogio della trasparenza

Guardare dal buco della serratura sembra essere diventato lo sport privilegiato da tanti italiani. Ma sarà vero? O vogliono farci credere che siamo tutti guardoni?
serratura

Il “fuori onda” di Fini è solo l’ultimo. Posso citare nella più recente lista, la Mussolini e Fiore, Marrazzo, Berlusconi, Boffo… La nostra vita di comuni cittadini è turbata dal proliferare di notizie o pseudonotizie recuperate scavando nel privato, se non nel torbido, della vita della gente, soprattutto degli uomini e delle donne del mondo politico e di quello dello spettacolo. Sembra ormai che non si possa vivere senza una dose massiccia di gossip, pettegolezzo elevato a notizia, a “verità”.

 

Sembra cioè che la “verità” possa essere ottenuta solo infrangendo il segreto, solo scavando nelle inconfessabili segrete non solo della gente che conta, ma anche di quella più normale. Grandi fratelli e Fattorie e Talpe e cose del genere sono fatte apposta per sviluppare queste basse esigenze di curiosità morbosa nel popolo, non solo nelle élite.

 

Che nella vita dell’uomo vi siano zone d’ombra, è logica conseguenza della condizione umana. Sono anche queste zone oscure – una volta venivano dette “peccato” – che impediscono alla persona di prendersi per Dio, anche se la stessa persona dovrebbe sempre tendere ad essere Dio («Non è forse scritto nella vostra legge: “Io ho detto: voi siete dèi”?», dice il Gesù del Vangelo di Giovanni). Il confessore, per il cristianesimo, è colui che raccoglie la confessione di queste zone d’ombra, del peccato, ma deve mantenerne l’assoluto segreto. Segreto che dovrebbe essere mantenuto anche da coloro che in qualche modo affiancano o sostituiscono il confessore nel raccogliere queste “confessioni inconfessabili”: dallo psicologo al medico, dal giudice al funzionario delle tasse…

 

Ma chi rispetta più il segreto? Gli stessi giornalisti dovrebbero mantenere, secondo i loro innumerevoli codici deontologici, il segreto per quelle dichiarazioni per le quali non è stata concessa autorizzazione alla diffusione. Ma chi lo fa? La frana appare inarrestabile, anche per la moda di apparire, per l’equivoco infernale di pensare che si esiste solo se si ha visibilità (con conseguente “svalutazione” dell’altro): Tutti divi. Vivere in vetrina, titola un recente e istruttivo libretto di Vanni Codeluppi.

 

Nessuna soluzione, allora? Sì, la più semplice: vivere, cercare di vivere nella trasparenza, cercando di non dire menzogne – soprattutto nella vita pubblica, ma anche in quella privata –, cercando di guardare agli altri non come potenziali “peccatori” (e chi sono io per giudicarli?) ma come risorse uniche, come un dono . Così non si rischia di essere spiati, così non si deve stare attenti ai microfoni lasciati aperti, così non bisogna evitare i giornalisti come categoria di vampiri della notizia piccante.

 

Evviva la trasparenza, allora!

 

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