Elogio della palma
Lo spunto me lo dà la vista di uno sterminato palmeto da datteri nel Grand Erg Occidentale, porzione del Sahara algerino che da sempre affascina il visitatore con le sue dune giallo-ocra che si accendono di incredibili sfumature rosse al sole del tramonto. Spettacolare! Vedi palme a perdita d’occhio, i cui fusti coronati da superbi pennacchi di foglie svettano sull’ondulata superficie di sabbia. Si calcola che ve ne siano oltre 500 mila.
Le palme… Chi non le conosce? Anche senza uscire dai confini nazionali, nelle nostre città sono una presenza consueta: orti botanici, giardini pubblici e privati, piazze e viali ne sono adorni. Di esse abbiamo sentito parlare diffusamente da quando il cosiddetto “punteruolo rosso” ha cominciato a far strage, nell’intera penisola, di una delle palme più ornamentali: la Phoenix canariensis. E quante volte noi stessi continuiamo a costatare i funesti effetti di questo terribile parassita.
Le palme… Ma ne conosciamo davvero il valore? Ecco un’occasione per esaminarle più da vicino. Le gigantesche sequoie incutono rispetto, gli stravaganti baobab meravigliano… ma esse affascinano per la loro bellezza ed eleganza. Se a questo si aggiunge che non esiste famiglia vegetale ricca di così tante piante utili, non ci meravigliamo se il grande botanico e naturalista svedese Linneo le ha definite “sovrane” del mondo vegetale e se alcuni Paesi le hanno incluse nel loro stemma.
Risalgono, le palme più antiche, già al Cretaceo inferiore. E quando – secondo la teorie di Wegener – i continenti si divisero, ciascuno di essi ebbe in sorte questo dono prezioso di natura, che andò universalmente diffondendosi dall’umida foresta pluviale alle savane, alle steppe, alle oasi. Oggi le palme costituiscono una famiglia ricca di 2800 specie, molte delle quali acclimatate anche in Italia, di cui tuttavia una sola vive spontanea nel nostro Paese: la palma nana (Chamaerops humilis), che troviamo anche in Spagna.
Per gli antichi popoli del Vicino Oriente la palma da datteri era condizione stessa di vita ed anche sinonimo di bellezza, a sentire le espressioni dei loro poeti. Greci e romani a loro volta la consideravano simbolo di vittoria. Nella Bibbia è detto che «il giusto fiorisce come palma». E palme stanno a indicare la gloria celeste in tanta arte paleocristiana, soprattutto musiva.
Organismi singolari, che si differenziano nettamente da qualsiasi altro vegetale, tra le loro particolarità annoverano anche l’assenza di rami: le enormi foglie, infatti, si attaccano direttamente al tronco. Inoltre, già negli esemplari giovani, il fusto ha la circonferenza definitiva e non si ingrossa crescendo. In molte specie poi esso è avvolto da una guaina di fibre, residuo delle foglie cadute, che costituisce una particolare protezione dal fuoco.
Le palme possono vivere centinaia di anni, tranne una specie che fiorisce una sola volta e poi muore: così ad esempio la Corypha umbraculifera, la cui infiorescenza lunga fino a 14 metri può produrre circa 100 mila fuori.
Sono giganti che svettano per decine di metri di altezza oppure nane, possono adattarsi all’alta montagna fino a 388 metri, ai deserti o prosperare negli acquitrini. Ce n’è di solo ornamentali e di quelle che vengono utilizzate dall’uomo in ogni parte, tranne le radici.
Agli abitanti delle zone tropicali forniscono infatti verdura, frutta, amido, zucchero, sciroppo con cui fare vino e liquori, grassi alimentari. È incredibile poi l’uso che si può fare del legname, foglie, fibre, nonché di certi frutti e semi. Per questo, in caso di disboscamento, le palme in genere vengono risparmiate.
Le più utili ed importanti sotto l’aspetto economico sono la palma da cocco (Cocos nucifera), quella da datteri (Phoenix dactylifera), da olio (Elaeis guineensis) e la produttrice di amido (Metroxilon sagu). Ma degne di nota sono pure le palme da cui si estrae la cera, come la Copernicia cerifera brasiliana.
È difficile che nella nostra vita di ogni giorno non abbiamo a che fare con le palme e con i loro prodotti. Se non adornano il nostro giardino o qualche ambiente di casa, sono presenti con i frutti (noce di cocco, dattero), l’olio (nella margarina), oppure con oggetti ricavati dalle fibre o dal legno (stuoia, zerbino, mobile, ecc.).
Insomma, se c’è una pianta il cui destino è strettamente intrecciato con quello dell’umanità, è proprio questa. Conoscerla ci aiuta a capire meglio anche le culture dei popoli delle zone calde d’America, dell’arcipelago indo-malese e del continente africano che da sempre vivono in simbiosi con essa.