Elogio della Costituzione e dei cristiani

Il delicato momento politico chiede di tornare alla carta fondante del nostro Paese e richiama i cristiani ad una presenza culturalmente feconda, capace di parlare ai piccoli e ai feriti della vita con intelligenza, saggezza, magnanimità, mitezza secondo una fraternità non di sangue ma di valori. La riflessione di Massimo Toschi
Un gruppo di persone

La formula paolina di cristiano adulto è stata usata correttamente per indicare un cristiano con habitus (abitudini) profondo, capace di vivere la magnanimità, la mitezza, la saggezza, la prudenza, l’intelligenza dei tempi e di operare nella storia secondo la fortezza evangelica. Parafrasando Bonhoeffer, cristiani «capaci per grazia di Dio di pregare e di agire per la giustizia, dove la preghiera diventa la fonte di una giustizia rinnovata e all’altezza delle sofferenze dei poveri».

Ci sono state stagioni in cui è avvenuta l’epifania di questi cristiani. Basti pensare alla grande stagione della Costituente e della Costituzione,dove i cattolici hanno costruito l’unico progetto culturale veramente fecondo nel nostro Paese. E la Costituzione oggi appare come il vangelo civile di questo paese, senza la quale si sarebbe già smarrito da un pezzo. La Costituzione appare come la stella polare per ricostruire economicamente culturalmente e spiritualmente il nostro paese.

La Costituzione non sono solamente regole, ma una visione di valori, questi sì, non negoziabili, se non vogliamo disperdere la nostra democrazia: il valore della persona, della famiglia e delle famiglie, della pace di una solidarietà effettiva ma non ideologica, dei diritti della persona, a partire dal lavoro. La Costituzione prefigura una comunità, a partire dai più deboli, dai più feriti e dai più abbandonati. Tutti sono inclusi e nessuno è escluso. C’e’ un personalismo solidaristico, che ne manifesta tutta la forza e originalità. E avremmo desiderato che i cattolici fossero stati più sensibili di fronte alle lotte dei malati di sla e dei disabili. Troppi silenzi nelle parole e nei fatti.

La Costituzione, fondata su un principio di fraternità non secondo il sangue, ma secondo la legge, nasce dal crogiuolo della seconda guerra mondiale e dalla capacità di alcuni grandi personaggi cristiani come Dossetti, La Pira, Moro di interpretare e narrare una visione universale, che va oltre il contingente politico e che nasce dalla sofferenza delle vittime di una indicibile tragedia. La Costituzione ha alimentato la scelta europeista del nostro paese. Ciò che De Gasperi , Schumann e Adenauer avevano sognato e prefigurato, per noi è stato portato a compimento da Romano Prodi e Ciampi, alla metà degli anni ‘90, in una situazione difficilissima dal punto di vista economico e quando il berlusconismo iniziava la sua parabola distruttiva dei valori, che stavano alla base del tessuto civile del paese.

Il Concilio, di cui celebriamo i cinquant’ anni dall’apertura, ha permesso di vivere la Costituzione e l’Europa, come i grandi punti di riferimento per una rinnovata presenza pubblica dei credenti nel nostro Paese, valorizzando la libertà e la maturità cristiana, anzi alimentando la coscienza credente in una nuova ricerca del vangelo e in una nuova attenzione ai piccoli e ai sofferenti.

È finita una lunga stagione dell’impegno politico per i credenti. Non dobbiamo avere nostalgie e voltarci indietro come la moglie di Lot. Non dobbiamo cercare formule astute come “terza repubblica”, che hanno l’unico scopo di relativizzare la costituzione. Non ci possiamo contentare di qualche posto in una lista o di qualche manovra politica, che servono a moltiplicare la nostra vanità. Dobbiamo essere più esigenti e avere ambizioni più grandi, avere di più il senso della penitenza e della purificazione rispetto ad anni nei quali siamo stati remissivi e compromessi con il berlusconismo dominante, apparentemente per difendere principi non negoziabili, che abbiamo usato come formule nella polemica politica e culturale, ma contentandoci semplicemente di qualche onorificenza o contributo.

La Chiesa italiana nel 2015 celebrerà la sua assemblea sul tema “La questione della fede”. Il vero problema è quello della fede per tutti, vescovi, preti, cristiani comuni,battezzati. Tornare alla fede, ripartire dalla fede, dal vangelo e nient’altro è la condizione perchè la presenza dei cristiani in questo Paese torni ad essere culturalmente feconda, capace di parlare ai piccoli e ai feriti della vita. Troppe volte in nome del realismo politico preferiamo la contrapposizione ideologica alla narrazione mite del mistero di Gesù di Nazaret, mentre solo il vangelo disarma il nostro cuore e il cuore di chi ci sta dinanzi. E il vangelo sana tutte le nostre ferite, perché il servo di Dio si è caricato di tutte (tutte,tutte!) le nostre infermità. E dalla fede nascono ogni giorno cristiani adulti, che non per strategia e astuzia politica, ma per sovrabbondanza di grazia, cambiano la storia.

Massimo Toschiconsigliere per la cooperazione internazionale del governatore della Regione Toscana.

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