Ellenico plurale
La Grecia viaggia economicamente alla deriva? Sarà. Ma certo non per l’arte. Una rassegna romana, al Vittoriano, appena chiusa, intitolata “Ellenico plurale”, ha presentato dipinti dalla collezione Sotiris Felios. Un numero di maestri contemporanei, giovani e anziani, che dicono l’anima ellenica nel suo fulgore tuttora vivissimo. Protagonista, la figura umana. E non può esser diversamente, considerando come l’antropologia sia il cuore dell’arte classica, della sua filosofia e religione. È la grande eredità lasciata al mondo. Mai spenta però fra gli artisti greci.
Si va dal bozzettismo realistico di scene di vita cittadina o isolana (Donna al balcone, 2003, o Funerale, del 2008, di Kostas Papanikolau, limpide e ventose nel colore e nelle forme), ad un simbolismo orientaleggiante – con echi indiani, pakistani e arabi – dei Nudi di Emmanouil Bitszakis fra il 2002 e il 2005, dove il corpo è ridotto a simbolo senza però scivolare nell’astrazione.
Ma l’anima greca è anche Mediterraneo carnoso, vegetale di vita arroventata e densa. Ed ecco allora il plenilunio stupendo di Agosto di Anna Maria Tsakàli (2006), vera esplosione notturna di foglie e di fiori in un azzurro eterno che richiama l’immortalità. I cieli azzurri dei lirici greci antichi, di Teocrito, di Saffo e di Omero, brillano in quest’opera, come una vita che non può morire. Anche se il fatalismo cupo del mondo mediterraneo, la desolazione che intristisce l’anima diventa corpo solitario e chiuso in Alexandra blu (2006) di Giorgios Rorris. Stanze tristissime con corpi abbandonati al nulla.
Ma questo è l’estremo del mondo greco. Nell’altro estremo assistiamo alla glorificazione del corpo umano. Il polittico “cristologico” Modelli in atelier (2012) di Alecos Levidis presenta un uomo di fronte, dalle evidenti sembianze di un Cristo mediterraneo, ma laico e deciso, che apre la gloria della pittura che si manifesta a ciascuno, con le braccia aperte come una visione immediata per noi. È forse il quadro più sincero dell’anima greca attuale, del suo amore per l’uomo. Che giunge in un lavoro straordinario di Christos Bokòros, il trittico L’ombra scura dell’uomo illuminata a evidenziare l’uomo nel buio del male, l’uomo che si apre al bene e poi l’uomo trasumanato.
È l’antica e sempre nuova visione greca dell’uomo. Realistica e poi spiritualizzata, ovvero dall’arte arcaica al mondo bizantino. Solo che oggi è resa con il solo busto del corpo, senza testa né piedi: il centro del corpo, il cuore. Luce e trasfigurazione. Siamo ad un livello davvero alto.
(catalogo Fondazione L’altra Arcadia)