Elezioni universitarie, vittoria di chi?
Il centrodestra reclama la maggioranza dei seggi. Il centrosinistra quella dei voti. Ma a pesare davvero è l'astensionismo.
Ebbene sì, ci risiamo: sul banco degli imputati è di nuovo il sistema elettorale. No, non stiamo parlando del Regno Unito, dove i partiti maggiori tanto si accapigliano sulla questione dei collegi uninominali, né degli Stati Uniti, dove ad ogni elezione presidenziale l’esercizio più in voga è capire quale candidato abbia conquistato il voto popolare. Stiamo parlando delle elezioni del Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu) in Italia: 30 tra studenti, specializzandi e dottorandi, votati lo scorso 12 e 13 maggio. Sono da poco usciti i risultati ufficiali: e se le liste di centrodestra festeggiano la conquista della maggioranza con 18 seggi, affermando che «gli studenti stanno con il governo e con la Gelmini», quelle di centrosinistra fanno notare come in realtà a prendere più voti siano state loro – circa 53 mila, contro i 40 mila del centrodestra – e che quindi, «come dimostrano le proteste di questi giorni», il mondo universitario non si riconosce nell’operato dell’attuale esecutivo.
Tutta colpa, si diceva, del sistema elettorale che grida riforma: il territorio nazionale è stato infatti diviso in quattro distretti – Nordovest, Nordest, Centro e Sud – con l’assegnazione di sette eletti per ciascuno, più due tra dottorandi e specializzandi. Appare dunque evidente l’incongruenza, in quanto il numero di atenei e di studenti non è identico nelle quattro aree. Anche la distribuzione dei voti ha influito: le liste legate al Centrodestra hanno potuto contare su un’affermazione più decisa al Sud – 2 seggi a Studenti per la libertà (Pdl), uno ad Azione Universitaria e uno a Clds, lista che fa capo a Cl – e soprattutto sull’appoggio dei ciellini al nord. Gli studenti del movimento di don Giussani hanno infatti spopolato negli atenei milanesi, forti del profondo radicamento sul territorio, e nel Nordovest in generale, dove hanno sfiorato il 50 per cento dei voti.
Le liste di Centrosinistra capeggiate dall’Udu hanno invece sbancato alle elezioni interne della Bicocca, con oltre il 60 per cento, portato a casa in totale 10 mila voti e 2 seggi in più rispetto alla scorsa tornata: ma il risultato finale assegna sia al Nordest che al Nordovest 3 seggi a Clds, 1 Studenti per la libertà-Azione Universitaria, 3 all’Udu e liste di sinistra. Tanto più pesa la débacle al sud, dove l’Udu porta in consiglio un solo candidato: meno delle liste indipendenti, che se ne sono aggiudicati due. Più equilibrato il risultato al Centro – perdonate il gioco di parole – con 3 seggi al Pdl, 3 all’Udu e uno a Clds. Da segnalare poi i 1400 voti per la formazione neofascista Blocco Studentesco a Roma, unica città dove la lista abbia ottenuto un numero significativo di preferenze. Anche qui ha pesato il radicamento sul territorio: alcuni liceali raccontano che anche al di fuori delle loro scuole capita di trovare alcuni studenti del Blocco, che fanno, se non campagna elettorale, quantomeno opera di costruzione del consenso sui futuri colleghi.
Il bilancio finale dunque assegna 10 seggi all’Udu, 8 al Pdl, 8 a Cl, più 2 dottorandi e specializzandi che gravitano nell’area di centrodestra, per un totale di 18 rappresentanti di quest’ultima compagine.
Rappresentanti, ma di chi? Usare l’aggettivo “bassa” per definire l’affluenza alle urne è un eufemismo. La media nazionale si attesta sul 10 per cento, con punte di diserzione soprattutto al nord: a Milano Statale ha votato il 7 per cento degli studenti, il 3,2 a Bergamo, e addirittura il 2,8 a Padova, ateneo che pur vanta, oltre ad una lunga storia, una lunga tradizione di impegno politico. Anche la capitale, pur con il 17,8 per cento di Roma Tre, vede La Sapienza fermarsi al 6 per cento. Ha stravinto quindi il partito dell’astensione, forte anche del fatto che alcune liste hanno boicottato le elezioni perché non si riconoscono nel Cnsu e invitato i loro aderenti a non votare.
Difficile dire se l’astensione sia stata motivata oppure semplice disinteresse: le proteste di questi giorni contro il ddl Gelmini e la riforma universitaria sono sintomo non solo di un diffuso malcontento negli atenei italiani, ma anche della disaffezione verso una politica che, da entrambi gli schieramenti, non ha ancora saputo trovare misure realmente efficaci per migliorare la qualità della didattica e della ricerca nonostante si dibatta da anni sul tema. Fatto sta che né il centrodestra né il centrosinistra sono nella condizione di affermare che gli studenti sono pro o contro di loro sulla scorta di questi numeri, basati su un campione così esiguo di votanti. Né ha titolo per pronunciarsi sulla composizione e futuro operato del nuovo Cnsu quel 90 per cento di astenuti.