Elezioni in tempo di cambiamento, è l’ora di dare di più

In un periodo di grandi cambiamenti sociali, i quattro nodi da scogliere in vista dell'appuntamento alle urne del 25 settembre.
Foto: La Presse

Siamo in una fase di grande trasformazione dove le crisi ricorrenti sono l’indice di un cambiamento in atto che stenta a trovare soluzioni. Il ruolo indispensabile della partecipazione politica nel segnare strade nuove a partire dall’affrontare ogni questione da una prospettiva sovranazionale.

Le frasi scritte e dette per descrivere il desolante panorama politico in atto in Italia che hanno portato a queste elezioni sono ormai tutte esaurite. Una su tutte: «È tutto solo un circo, perché parteciparvi con il mio voto?». Eppure, mi sento di dire che oggi la prospettiva giusta sia, invece, quella di dare di più, non di meno! A cominciare proprio dal voto.

Quello che vediamo e che giustamente ci dà la nausea è l’ennesima prova che cercare di capire da dove è partita la valanga risulterebbe poco più che una perdita di tempo. Qui occorre mettere mano al sistema, poiché le crisi subentranti sono indice di un cambiamento in atto che stenta a trovare soluzioni. Chi è sovrano, il popolo, ovvero tutti noi, dobbiamo metterci alla stanga.

Quali i punti chiave su cui occorre aumentare l’impegno per capire e agire di conseguenza?
Quattro i punti chiave a mio parere, per orientare il nostro “incontro” con il voto del 25 settembre ed il lavoro successivo. Nella nostra democrazia abbiamo perso la fluidità comunicativa tra rappresentanza popolare e istituzioni: i magmatici cambiamenti della società si scontrano con una immobilità delle regole di rappresentanza.

Non basta nemmeno ricorrere alla nuda chiamata al voto elettronico: qui ci vogliono una raffica di proposte coraggiose. Erri De Luca, che ho ascoltato l’altra sera, suggeriva, per esempio: «Perché non far pesare il voto dei giovani il quadruplo di quello di noi anziani visto che il futuro è loro e non di noi anziani?». Perché non riservare dei posti dentro le istituzioni a personaggi eletti dalle associazioni del terzo settore?

Nel frattempo, potrebbero muoversi i partiti, in attesa di una costituente popolare. Si potrebbe, per esempio, ripetere l’interessante esperimento, purtroppo alla fine scippato dal palazzo, portato avanti in Islanda: una costituente a chiamata locale dei cittadini e poi, a cerchi sempre più larghi, una scrittura delle nuove regole con molte interessanti proposte.

Da ripensare integralmente c’è anche il rapporto tra spazio democratico di mediazione e di discussione e necessità di decisioni di governo. Non serve a molto né lanciare la provocazione del presidenzialismo, né spararci contro.

Il problema esiste: il rapporto tra funzione legislativa e funzione esecutiva è in grave crisi, se non interrotto! Un Parlamento, luogo principe del legislatore, sempre più afasico, incapace di programmazione, trova solo qualche risicato spazio in leggi che coprono microscopici ambiti di società, ed è ormai il luogo deputato alla espressione della soggettività di qualche leader.

Il governo, da parte sua, scollegato dal Paese, perché impoverito dalla scarsa rappresentatività dei partiti, è sommerso dalle emergenze, rimanendo spesso ostaggio della girandola degli scienziati di turno.

In più, questo un terzo nodo da sciogliere, c’è da recuperare una prospettiva assolutamente mancante. Una spinta decisa la dovremo dare noi cittadini insistendo con le nostre domande puntuali. Dovremo chiedere di trovare dei modi strutturali sia sul piano parlamentare, che sul piano del governo, per assumere l’abitudine alla prospettiva sovranazionale, qualsiasi questione si debba affrontare. Un Paese democratico oggi non può farsi, dopo 20 anni di emergenza, “sorprendere” dai flussi migratori; non possiamo svegliarci un giorno con una guerra di conquista troppe volte annunciata; non possiamo non arrivare in tempo per evitare un altro fronte caldo tra Serbia e Bosnia.

Il quarto nodo è quello di una intelligente, rispettosa e fidata comunicazione politica.  Francesco Giorgino scriveva, da attento giornalista qual è, qualche settimana fa, che rischiamo, nelle nostre democrazie, il primato della rappresentazione sulla rappresentanza.

Qui un passo importante, a mio parere lo abbiamo fatto: ci vorrà tempo, ma piccoli e giovani cittadini più adeguati si stanno preparando se sfruttiamo a fondo la possibilità data dalla obbligatorietà dell’educazione civica nella scuola di ogni ordine e grado. Saggia decisione parlamentare! Non basta pretendere una comunicazione meno provinciale e più meditata, occorre agire anche sulla domanda, su chi usufruisce del prodotto.

Rimanendo su questo fronte un passo ulteriore da curare come cittadini è quello dell’informazione attenta e precisa. Perché non riserviamo alle questioni del nostro territorio e delle scelte elettorali un’attenzione pari a quella che mettiamo nel capire come usare il nostro nuovo pc o la nostra nuova macchina? In fondo l’incidenza di questi ultimi sono molto minori sulla nostra vita.

Mi occupo di processi partecipativi dei cittadini e sempre, posso davvero dire sempre, la grande scoperta che fanno i cittadini quando accettano di dialogare assieme per trovare soluzioni a problemi del proprio territorio è: «Non immaginavo di avere idee su come “governare” la mia terra» E si scoprono agenti capaci di capitale sociale!

Allora come scriveva Antonio Machado: «Camminante, non c’è ancora il cammino, ma il cammino si fa con l’andare!».  Insieme.

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