Le elezioni scuotono l’Europa, avanza la destra

Una panoramica su alcuni dei principali Paesi dell'Eu all'indomani del voto per l'Europarlamento. Una testata per ciascun Paese tra Francia, Spagna, Germania, Austria e Belgio, e uno sguardo al Regno Unito
Il Parlamento europeo a Strasburgo (Foto Ansa, EPA/OLIVIER HOSLET)

«Dopo l’annuncio di Macron, la politica sotto choc»: è un titolo a caratteri cubitali quello del francese Le Monde, in un Paese che la sera delle elezioni europee è andato a letto con l’annuncio di una solida maggioranza della destra lepenista e del crollo alle urne dell’attuale presidente, che ha annunciato elezioni parlamentari anticipate nel giro di meno di un mese. Una mossa definita «un lascia o raddoppia che potrebbe lasciare le chiavi del Matignon (sede del primo ministro) al Rassemblement National», e che riporta comunque l’attenzione alle questioni di politica interna più che a quelle europee. Il resoconto è a tinte forti: parla di «scommessa ad alto rischio per rilanciare il suo quinquennato», “salto nel vuoto”, “scacco agli europeisti”, “colpo di tuono”. La sensazione in Francia pare quindi essere quella di una resa dei conti finale rimandata al 30 giugno o al 7 luglio, che oscura il tema di chi andrà a Bruxelles e Strasburgo. Piccola curiosità, l’unica leader non francese a guadagnarsi un posto negli articoli di testa è Giorgia Meloni, che «consolida la sua posizione in Italia e in Europa».

In Spagna, dove i popolari hanno superato di poco i socialisti attualmente al governo, El Paìs parla di un Paese spaccato in due, anche nel senso della partecipazione al voto che ha mancato di poco il 50%. Un risultato che prefigura “pochi cambiamenti”, per quanto il dato politico forse più rilevante a livello interno sia la crescita dei socialisti in Catalogna dopo la tanto controversa concessione della grazia agli indipendentisti. Anche qui si parla di Meloni, che «aspira ad essere la voce dell’estrema destra in Europa».

In Germania, Paese scosso dalla grande rimonta dell’estrema destra di AfD che ha superato i socialisti diventando il secondo partito, Die Zeit apre con una foto di Ursula Von der Leyen definita “La vincitrice del voto” – dato che la sua maggioranza ha tenuto – che però «rischia di passare un periodo difficile», in quanto se riconfermata a capo della Commissione «potrebbe dipendere dall’appoggio del partiti di destra. Fino a dove si spingerà per il potere?», si chiede il giornale. Altri articoli analizzano il perché della sconfitta dei socialisti e «da dove sono venuti i voti per AfD», pur nella considerazione che «i tedeschi tutto sommato rimangono ancora con l’attuale cancelliere» (il socialista Olaf Scholz, che ha infatti escluso l’ipotesi di dimissioni).

Paese che ha visto i sovranisti di destra diventare primo partito è stata invece l’Austria: Die Presse apre infatti titolando «per la prima volta i primi», parlando di un successo “a torto o a ragione” in un voto di protesta motivato in primo luogo – secondo l’editorialista – dalla questione migratoria e dalla disillusione verso una classe politica che ha governato “con illusioni”. Un risultato che porta a dire che «senza un centro affidabile l’Europa è perduta», e che «dare campo ai nazionalisti significherebbe che l’Ue non sarà più in grado di affrontare le crisi, dalla minaccia della Russia al cambiamento climatico. È l’ultima possibilità».

In Belgio, dove si sono tenute anche le elezioni federali e regionali, l’attenzione – pur essendo Bruxelles sede delle istituzioni comunitarie – è incentrata soprattutto su queste ultime; sul fatto che l’attuale premier De Croo ha annunciato le sue dimissioni in seguito alla sconfitta del suo partito; e sulla questione fiamminga, dove si è evitata di poco “l’onda bruna” degli indipendentisti più radicali. La principale testata Le Soir si focalizza infatti su questo, lasciando relativamente poco spazio all’Europarlamento dove – si sottolinea – pur nella crescita dei partiti di destra non si prefigurano grandi cambiamenti all’attuale maggioranza.

Chiudiamo dando un breve sguardo a chi l’Ue questa volta la guarda da fuori, ossia il Regno Unito. Il Guardian apre con la questione francese, a cui dedica ampio spazio; ma è significativo che uno degli articoli di testa è dedicato al calo nelle urne dei Verdi in Germania e Francia, che «solleva preoccupazioni sul green deal». Viene tuttavia rigettata l’ipotesi che queste elezioni siano state un referendum sulle politiche verdi dell’Ue, legando il calo in questi due Paesi soprattutto a dinamiche interne, mentre in altri Stati il loro consenso è cresciuto. Sia come sia, è evidente che il tema non interessa solo gli Stati membri dell’Ue, a conferma della sua rilevanza.

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