Elezioni, scioperi ed epidemie
Mercoledì 4 giugno: minatori sudafricani
Il governo del Sudafrica cerca di metter fine al disastroso sciopero, che dura da gennaio, di decine di migliaia di minatori. La questione è semplice: le multinazionali propongono aumenti salariali del 5 per cento, i lavoratori ne vogliono del 100 per cento. Per volere del presidente Zuma il compromesso proposto s’attesta al 7,5 per cento. Evidentemente non c’è ancora una base di accordo. Ma è importante il cambiamento nell’atteggiamento del governo che si è aperto al dialogo.
Giovedì 5 giugno: fabbriche a rischio in Bangladesh
Tutti ricordiamo lo spaventoso incendio nel complesso Rana Plaza di Dacca (nella foto), che poco più di un anno fa portò alla morte di 1138 persone, per lo più donne. Una task force di ispettori indipendenti, voluti dal governo, ha fatto una mappatura delle fabbriche tessili esistenti, dichiarandone inagibili e pericolose per le deboli strutture di calcestruzzo 14 nei mesi scorsi, che sono state chiuse portando alla perdita di 10 mila posti di lavoro. Ora sono altre 6 le fabbriche incriminate, ma il governo non vuol più chiuderle, per paura delle proteste popolari di chi ha perso il lavoro.
Venerdì 6 giugno: Ingorgo a San Paolo
209 chilometri di immobilizzazione del traffico nella più grande metropoli sudamericana per uno sciopero della metropolitana. Questo lo scenario che ha mandato in tilt la città di San Paolo del Brasile, a pochi giorni dal Mondiale di calcio. Uno scenario non nuovo, visto che due anni fa un’analoga situazione aveva portato a 256 chilometri di coda. Lo sciopero è stato proclamato per chiedere alle municipalità un aumento del salario del 16,5 per cento per i lavoratori ferrotranvieri.
Sabato 7 giugno: Libia nel caos
Continuano gli incidenti a Bengasi e in altre parti del Paese, come nella stessa Tripoli, dove un’auto bomba mirava ad un funzionario del ministero dell’Interno, incaricato di reinserire nell’esercito gli ex ribelli seguaci di Gheddafi. Fortunatamente Hashim Beshr se l’è cavata, mentre non altrettanto è successo ad alcuni militanti dell’ala dura qaedista, Ansar al-Sharia, che sono stati bombardati a Bengasi dalle truppe fedeli al golpista Haftar. Mentre si è dimesso il capo dei servizi segreti…
Domenica 8 giugno: elezioni in Kosovo
Le elezioni politiche anticipate hanno visto il successo del Partito democratico Pdk del premier Hashim Thaçi che ha ottenuto più del 31 per cento dei consensi, mentre gli avversari della Lega democratica del Kosovo (Ldk) di Isa Mustafa si sono fermati al 26. I nazionalisti di Albin Kurti si sono fermati al 13. Affluenza bassa, al 46 per cento. Nota positiva: i serbi hanno partecipato in massa al voto e avranno, come da Costituzione, 10 seggi. Ora il premier deve impegnarsi nel cercare una coalizione adeguata, impresa non facile.
Lunedì 9 giugno: epidemie in Nigeria
Non c’è solo Boko Haram a flagellare la fragile società nigeriana. Ora è scoppiato l’allarme epidemie nello Stato di Borno dovuto alla presenza in numerosi distretti di centinaia di corpi non sepolti dopo i massacri dei fondamentalisti islamici di Boko Haram. Le sepolture non avvengono perché le autorità sono tenute lontane con la forza dalle milizie dei ribelli. Un’intera parte del Paese, ormai, non è più sotto il controllo del governo centrale.
Martedì 10 giugno: Libano senza presidente
Nulla da fare, come nei cinque tentativi precedenti, il Parlamento non è riuscito ad eleggere il presidente che, come si sa, deve essere per la Costituzione un cristiano. Mancava anche stavolta il numero legale. 64 parlamentari su 128 erano presenti, mentre ne servivano 22 di più. L’opposizione tra il partito di Hariri e gli Hezbollah ha reso quasi impraticabile la ricerca di un mediatore. Il Libano, comunque, non è nuovo a situazioni del genere e da un momento all’altro potrebbe apparire una qualche inattesa soluzione. Almeno lo si spera.