Elezioni: governo Conte al sicuro, fibrillazioni nei partiti
Mentre si attendono i risultati ufficiali delle elezioni amministrative, nelle sedi delle formazioni politiche si discute dei nuovi rapporti di forza all’interno delle coalizioni. Se la schiacciante vittoria del Sì alla riduzione dei parlamentari, votata da oltre 17 milioni di elettori (69,64%), viene rivendicata innanzi tutto dal Movimento 5 stelle e dal premier Conte, il risultato delle elezioni regionali dovrebbe far riflettere tutte le forze politiche.
Dopo lo spoglio, lunedì, è emerso un pareggio tra le coalizioni: tre le Regioni conquistate dal centrodestra (Zaia in Veneto, Toti in Liguria e Acquaroli nelle Marche) e tre dal centrosinistra (De Luca in Campania, Emiliano in Puglia e Giani in Toscana). Mancava il risultato della Valle d’Aosta: qui lo spoglio è iniziato martedì mattina ed è andato per le lunghe. Alla fine, la Lega Salvini si è attestata come primo partito, ma la guida della Regione è ancora in bilico: bisognerà trovare un accordo con gli autonomisti e il Pd si dice già pronto a governare.
E mentre tutti esultano agitando la palma della vittoria, è emerso con chiarezza che la vera sconfitta di questa tornata elettorale è stata, ancora una volta, la scuola, con migliaia di plessi chiusi e poche centinaia di comuni virtuosi che hanno posto i seggi in luoghi alternativi. Emblematico l’esempio di Bergamo, dove si è votato nei centri anziani e nei musei per consentire agli studenti di non perdere altre ore di lezione, che altrove non sono state sostituite nemmeno dalla didattica a distanza, pur lungamente sperimentata nei mesi scorsi.
Tornando alle elezioni, il presidente del Consiglio Conte – che aveva annunciato di votare Sì alla riduzione dei seggi parlamentari e aveva assicurato che l’esito delle regionali non avrebbe influito sulla tenuta del governo – può tirare un sospiro di sollievo: la maggioranza che lo sostiene ha tenuto, ma nessuna forza di governo ha stravinto. Dovendo lavorare alla nuova legge elettorale e alla revisione dei regolamenti parlamentari, il premier potrebbe finire senza troppi scossoni la legislatura, con i milioni del Recovery fund da spendere e la rinnovata fiducia dei mercati, che hanno portato ad un calo dello spread, tornato ai livelli di febbraio.
Per quanto riguarda le regionali, è da registrare il successo personale di molti presidenti uscenti, grazie anche alla gestione dell’emergenza Covid della scorsa primavera. Nel centrodestra spicca il brillante risultato in Veneto di Luca Zaia, che ha raggiunto percentuali bulgare (76,79%), mentre lo sfidante del centrosinistra Lorenzoni si è fermato al 15,72%. Solo il 3,25% a Cappelletti del M5S. Al grido di “autonomia”, la lista Zaia presidente ha raggiunto il 44, 57%, mentre la Lega Salvini si è attestata al 16,93% e anche se il governatore rassicura il segretario del partito di non avere mire nazionali, è certo che andranno rivisti i rapporti di forza nel partito.
Ottimo risultato anche per Toti in Liguria, che ha vinto con il 56, 13%, superando di poco – con la lista Cambiamo con Toti presidente (22,60) – la Lega Salvini Liguria (17,14%). Non ha invece funzionato l’alleanza Pd e M5S, con Ferruccio Sansa che non è andato oltre il 38,90%.
Successo del centrodestra anche nelle Marche, dove Francesco Acquaroli, parlamentare di Fratelli d’Italia, ha conquistato lo storico fortino del centrosinistra col 49,13%, lasciando il candidato del centrosinistra Maurizio Mangialardi al 37,29% e Gian-Mario Mercorelli (M5S) all’8,62%.
Il centrosinistra si è invece affermato in Campania e Puglia grazie al carisma dei governatori uscenti, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, entrambi del Pd, anche se poco allineati con la segreteria nazionale.
Diventato famoso anche a livello internazionale per i suoi video nel corso del lockdown e la minaccia di usare il lanciafiamme contro chi non rispettava la restrizioni per il Covid, De Luca ha vinto con il 69,50% (la sua lista De Luca presidente ha ottenuto il 13,31%, mentre il Pd ha raggiunto il 16,91%), schiacciando l’ex governatore Caldoro del centrodestra (18,5%) e Ciarambino del M5S (9,93%).
Vittoria anche per Emiliano, che in Puglia col 46,78% (Pd 17,25%) ha superato di 8 punti percentuali Fitto (38,93%), su cui aveva puntato il centrodestra e in particolare Giorgia Meloni, leader di FdI.
Nonostante i timori della vigilia, infine, il centrosinistra ha vinto anche in Toscana, con Giani che ha raggiunto il 48,62% (Pd 34,71%, Italia Viva e +Europa 4,48%) superando Susanna Ceccardi (40,46%), della Lega, partito che ha raggiunto il 21,78%.
Sul risultato del centrodestra hanno certamente pesato l’assenza dalla campagna elettorale di Silvio Berlusconi, in convalescenza dopo il Covid, gli strani movimenti bancari che hanno visto protagoniste persone vicine alla Lega e le divisioni interne ai partiti, per la ridefinizione delle varie leadership.
Un problema che accomuna anche M5S (Di Maio ha lamentato il basso risultato ottenuto rispetto alla passata tornata elettorale, pur riconfermando la fiducia a Crimi), e il centrosinistra, con Italia Viva di Matteo Renzi incapace di emergere autonomamente e il Partito democratico guidato da Nicola Zingaretti che torna alla carica degli alleati di governo per rivendicare il ricorso al Mes e la cancellazione dei decreti Salvini, ma poco ricettivo nei confronti della richiesta dei pentastellati di tornare alle preferenze.
Per le amministrative lo spoglio è ancora in corso, ma sono da notare le vittorie al primo turno del centrodestra a Venezia, col sindaco uscente Brugnaro che supera Baretta, e del centrosinistra a Trento, con Ianeselli su Merler.