Elezioni in Sardegna
Domenica si vota in Sardegna per eleggere il nuovo Presidente della Giunta, i consiglieri regionali che poi dovranno scegliere i nuovi assessori, dopo cinque anni di governo del centro sinistra. I sardi saranno chiamati a scegliere tra sette candidati alla presidenza, con 24 liste ad appoggiarli e 1376 candidati consiglierei. Quasi un sardo su 1000 è candidato alle Regionali. Un record.
Come detto sono sette i candidati per una poltrona.
La partita verso Villa Devoto, la sede istituzionale della Regione, vede in campo, per la prima volta, il «Movimento 5 Stelle», che propone Francesco Desogus, funzionario alla biblioteca metropolitana di Villa Clara a Cagliari, incoronato dagli iscritti alla formazione politica nel corso del secondo turno delle cosiddette «regionarie», dopo il passo indietro dell’ex sindaco di Assemini Mario Puddu, inizialmente scelto dalla base del Movimento.
In campo c’è anche il sindaco di Cagliari e primo cittadino della Città metropolitana, Massimo Zedda.
A suo sostegno è stata creata la coalizione «Progressisti di Sardegna» composta da otto liste che gravitano intorno al centrosinistra, con l’intento di mantenere il centrosinistra al governo della Regione Sardegna, pur con netti distinguo, soprattutto in merito alle politiche sanitarie, rispetto agli scorsi cinque anni.
Rifondazione Comunista, Pci e Sinistra Sarda ha deciso di non aderire all’ampio schieramento di centrosinistra e di presentarsi alle regionali con Vindice Lecis, giornalista e scrittore.
Il centrodestra, dopo cinque anni, vorrebbe nuovamente amministrare la Regione candidando Christian Solinas, segretario del Partito Sardo d’Azione e senatore, tra gli artefici del matrimonio tra il suo movimento e la Lega di Matteo Salvini. Le liste che lo appoggiano sono ben undici.
Smarcatosi da tempo dal centrodestra, nonostante i suoi trascorsi da deputato eletto tra le fila di Forza Italia, l’ex presidente Mauro Pili, è l’unico in campo tra quanti hanno già guidato, negli anni precedenti, l’amministrazione regionale. Il leader di «Unidos» si presenta con la lista «Sardi liberi», movimento a vocazione autonomista.
Se Pili è stato tra le fila del centrodestra il candidato autonomista Paolo Maninchedda, docente universitario, è stato anche assessore della Giunta Pigliaru e si candida con il «Partito dei Sardi», formazione indipendentista.
Sempre in campo indipendentista il funzionario Andrea Murgia guida la formazione «Autodeterminatzione», nel quale sono confluiti alcune storiche sigle dell’autonomismo isolano.
Si vota domenica dalle 7 alle 23 e anche in questa tornata elettorale in Sardegna è presente il voto disgiunto.
Tutti i candidati hanno espresso l’impegno a far uscire dalle secche la Sardegna. Per farlo però occorrono risorse che, nonostante i proclami delle Giunta uscente e di quella precedente, non sono ancora giunte dallo Stato: anzi si è determinata una sorta di diatriba tra Regione e Governo sugli accantonamenti. In particolare poche settimane fa la Giunta sarda ha ribadito che non verserà i 285 milioni di accantonamenti richiesti perché la stessa Corte Costituzionale dice che non sono più dovuti a partire dal prossimo anno.
A questo si aggiunge la notizia di mercoledì quando al question time il ministro dell’Economia Tria ha detto che la Sardegna non potrà essere zona franca. Il tema della zona franca è uno di quelli più presenti nei programmi dei candidati alla presidenza, insieme ai trasporti, alle infrastrutture, senza trascurare il sostegno alle fasce più deboli e la conclusione della vertenza dei pastori.
Lunedì sera sarà già possibile avere il nome del nuovo presidente della Giunta: a lui e alla sua maggioranza l’arduo compito di tentare di far risollevare la testa ad una regione che sconta ritardi in molti versanti, ma che possiede energie e competenze: se messe a frutto e mandate a sistema potranno essere la chiave di volta per un riscatto più che mai urgente per l’Isola e per i suoi fieri abitanti.