Eletto il tredicesimo presidente dell’India

È il bengalese Pranab Mukherjee che arriva alla presidenza dopo aver occupato il ministero delle Finanze equello degli Esteri
Mukherjee

L’India ha il suo nuovo presidente, Pranab Mukherjee, eletto nei giorni scorsi, con un risultato, per altro, largamente scontato. Non si tratta di una prima assoluta, come era stato nelle tre elezioni presidenziali precedenti, che avevano portato a diventare capo di Stato della più grande democrazia del mondo un fuori casta, K.R. Narayan, uno scienziato, Abdul Kalam, e una donna, Pratibha Patil.

Mukherjee è stato un politico nel corso di tutta la sua vita, ministro da tre decenni, durante i governi del partito del Congresso o delle coalizioni guidate da Indira Gandhi, di cui era un fedele delfino, e Narasimha Rao ed attualmente da Manmohan Singh. Dopo un periodo critico durante il governo di Rajiv Gandhi, è ritornato in primo piano e ha occupato, fra l’altro, ministeri importanti, come quello delle Finanze, dal quale si è dimesso tre settimane fa, quando è stato proclamato candidato alla presidenza, e degli Esteri.

Il nuovo capo di Stato ha sconfitto P.A. Sangma, un politico proveniente dalle regioni del Nord-Est dell’India, cristiano cattolico e molto popolare fra le popolazioni tribali proprio per la sua provenienza. Sangma era il candidato del Bharatya Janata Party e dell’opposizione che, con la sua scelta, aveva operato una scelta a sorpresa, con la speranza di guadagnare le simpatie di minoranze religiose e delle popolazioni adivasi (tribali originali del subcontinente indiano).

Mukherjee è bengalese, come il nome tradisce inequivocabilmente, e ha sconfitto il candidato dell’opposizione ottenendo 713,763 voti contro i 397,776 di Sangma, che nei primi anni duemila aveva ricoperto con gran successo il posto di Speaker of the Lok Sabha (presidente della Camera dei deputati). Il presidente è eletto in India dai membri dei due rami del Parlamento (Lok Sabha e Raj Sabha) e da quelli delle Assemblee legislative dei vari Stati che compongono l’Unione indiana.

Nella sua prima dichiarazione ufficiale ha assicurato che il compito sarà quello di «proteggere, difendere e preservare la Costituzione». Il nuovo capo di Stato è noto per quella che viene chiamata «inclusive growth», che mira ad assicurare anche ai poveri, ancora decine di milioni in India, una partecipazione nella crescente ricchezza del Paese, che si sta affermando come una delle potenze economiche mondiali. D’altra parte, molti negli ultimi tempi hanno manifestato delle critiche anche pesanti alla politica finanziaria di Mukherjee, che resta un buon politico, ma, senza dubbio, non un economista.

Mukherjee in varie occasioni era stato anche sul punto di diventare Primo ministro in India. Particolarmente, in occasione dell’assassinio di Rajiv Gandhi all’inizio degli anni Novanta, sembrava scontato che sarebbe stato Mukherjee il candidato preferito all’interno del Congresso per le imminenti elezioni. Invece, fu Narasimha Rao a prevalere e a guidare l’India negli anni successivi. Mukherjee, negli ultimi tempi, non aveva fatto mistero della sua intenzione di mirare alla poltrona di capo di Stato. Tuttavia, la scelta del Partito del Congresso non era facile, anche perché il candidato presescelto avrebbe dovuto essere gradito agli altri partiti della coalizione di maggioranza, in particolare al Trinamool Congress Party, fondato e presieduto da un’altra bengalese, Mamata Banerjee, nota come la Leonessa del Bengala. Inoltre, è parere di molti, la stessa Sonia Gandhi, presidente del Partito del Congresso, avrebbe preferito un altro candidato o, almeno, offerto la possibilità di inserire nella lista anche il nome dell’attuale vicepresidente, Ansari. È qui che, probabilmente, è emersa l’esperienza politica di Mukherjee, capace di lanciare una campagna discreta per la propria candidatura con un lavoro di lobbying presso i colleghi di partito.

La vittoria del consumato politico del Bengala è, senza dubbio, un successo per il partito di maggioranza e per la coalizione che guida, ma è anche un segnale che, come molti sostengono anche all’interno del partito, la presidenza della Gandhi, come leader, potrebbe essere arrivata alla fine. Tempo, quindi, di cambiamenti sulla scena politica della grande potenza asiatica.
 

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